Roma, 29 mag – Di buono, nell’esordio della Nuova Italia, c’è soltanto il risultato: 2 a 1 contro l’Arabia Saudita, il cui valore visto a San Gallo è su per giù quello di una squadra di Lega Pro. Quindi non è il caso di generare troppo ottimismo dopo aver fatto da sparring partner in amichevole ad una nazionale che è oltre il sessantesimo posto nel ranking Uefa ma, che a differenza dell’Italia, ai Mondiali di Russia ci va e farà la partita inaugurale contro i padroni di casa. Di buono per davvero, meglio quindi di un risultato stretto dopo il vantaggio per 2 a 0, un gol per tempo con Balotelli prima e Belotti poi, c’è che si è vista finalmente una Giovane Italia, quella che ha chiuso la porta e il ciclo di Buffon e probabilmente anche del romanista De Rossi.
L’età media degli azzurri in campo è stata piuttosto bassa, eccezion fatta per gli over 30 Bonucci e Criscito. Ma una squadra che doveva cominciare a riconciliarsi con la gente dopo la delusione mondiale, ha giocato troppo sotto ritmo, senza la necessaria determinazione, commettendo nel finale troppi errori difensivi. Insomma, è sembrata una nazionale belloccia a tratti, anche se l’avversario era troppo inferiore, ma poco concreta: un po’ l’idea del calcio praticato dal suo allenatore Mancini quando era giocatore. Inutile nascondersi dietro a un dito: il più grosso segnale di discontinuità con il passato, il cittì lo ha dato riportando in azzurro Mario Balotelli che mancava da quattro anni, esattamente da Italia-Uruguay 0-1 al Mondiale del 2014. Scelta avvallata dalla Federcalcio commissariata che aveva bisogno di qualcosa di nuovo.
Allora, affidarsi all’attaccante del Nizza è sembrata la novità più grande, dopo lo sbarramento che gli aveva fatto la vecchia guardia e la mancata chiamata di Ventura per lo spareggio mondiale con la Svezia. Balotelli, per il suo passato dentro e fuori dal campo però, fin qui, è stato più il simbolo del male che del bene. A nostro avviso, Mancini ha esagerato nel rimarcare la sua scelta spiegando che l’attaccante è anche destinato a ricoprire il ruolo di vice capitano (con l’Arabia Saudita il capitano era Bonucci) perché gli spetta per numero di presenze in azzurro. Criterio quando meno discutibile, specie con la figura controversa di Balotelli. Ma, come spesso capita dentro ad un calcio come quello italiano senza progetti e con pochi valori, sorretto da una Federcalcio ancora priva di un presidente e di una governance, ci si attacca ad una figura, alla novità del momento per lanciare segnali di rinnovamento.
Cosi, nelle ore che hanno preceduto il match in Svizzera, si è assistito ad un’opera di beatificazione di Balotelli di cui sinceramente non c’era bisogno. Anche per non caricare il ragazzo di troppe responsabilità. Per Bonucci, “Balotelli è maturato e cambiato molto in questi anni…”. Per il sub commissario Costacurta che lo ha visto solo due volte a Coverciano, “Mario è un ragazzo responsabile e che fa gruppo…”. Meglio far parlare i fatti. Con gli arabi Balotelli è rimasto in campo all’incirca un’ora e si è mosso decentemente, gol a parte, con la complicità di un portiere non all’altezza, salvo poi spegnersi nella ripresa causa anche un fastidio muscolare. Per il resto, tutto da rivedere e con avversari più probabili. Mancini ha riportato comunque l’Italia al successo dopo cinque gare, mentre i gol dei centravanti, alla Nazionale mancavano da ben sei partite. Un piccolo record.
Paolo Bargiggia
Italia: non basta la beatificazione di Balotelli per tornare grande
111
2 comments
…segnare contro i beduini è come aver vinto una partita contro la squadretta dell’oratorio..
il che è pure un miracolo, con Mancini CT.
Niente da fare, dovremo trangugiare parecchia merda prima di risalire.
Tanto per essere chiari: questi i risultati di chi distrusse il calcio italiano nel 2006 per far vincere un buono a nulla.