Roma, 4 mar – Nell’ultimo mese la mafia nigeriana è stata protagonista della cronaca giudiziaria. L’omicidio di Pamela Mastropietro, la diciottenne romana i cui resti sono finiti in due trolley abbandonati e ritrovati nella periferia di Macerata, ha fatto conoscere agli italiani l’efferatezza di quest’organizzazione criminale.
Da un punto di vista giudiziario è sicuramente troppo presto per trarre delle conclusioni, ma molti elementi provano la responsabilità di alcuni malavitosi nigeriani nella tragica fine di Pamela. Intanto, gli assassini non si sono limitati a uccidere la giovane malcapitata. Hanno fatto di più: il cadavere è stato sezionato e “ripulito” con la varechina per cancellare ogni traccia. “A detta dell’anatomopatologo ci sarebbero volute dieci ore di lavoro per fare un lavoro del genere; con tutti gli strumenti propri di un tavolo settorio professionale”, spiega lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi in un’intervista a Italia Oggi. Meluzzi, inoltre, rincara la dose: “Fare a pezzi le vittime è una prassi della Black Axe (Ascia Nera) una delle associazioni della mafia nigeriana”.
Per capire quest’ultima affermazione è necessario fare un passo indietro per scoprire la genesi di quest’organizzazione. La Black Axe nasce alla fine degli anni settanta come confraternita religiosa all’interno dell’università di Benin, capitale dello Stato di Edo nel sud della Nigeria. Il simbolo è un’ascia nera (da cui prendono il nome) che spezza le catene che stringono i polsi di uno schiavo. Ci troviamo, dunque, di fronte ad una consorteria che in nome dell’odio verso l’uomo bianco è capace di espandersi in tutto il globo. Qual è il segreto del successo di questo grande holding criminale? Semplice, nella mafia nigeriana non ci si arruola. L’ingresso avviene per cooptazione. Insomma, chi comanda sceglie i propri soldati e non viceversa. Quest’ultimo punto è fondamentale per capire come l’organizzazione struttura il suo business. Infatti, questo schema viene applicato nelle loro attività più redditizie che vanno dallo spaccio di stupefacenti allo sfruttamento della prostituzione. Si parla per questo del sistema delle tre D costituito da donne, droga e denaro.
Andiamo con ordine. Secondo la relazione della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, i nigeriani dalla Colombia gestiscono l’acquisto e la spedizione di cocaina. In Italia numerose piazze di spaccio sono gestite direttamente dalla mafia nigeriana. Si va dal Piemonte alla Sicilia passando per la Capitale. Pensiamo al caso di Palermo, dove secondo la Dia alcuni africani siedono addirittura nei mandamenti (nel gergo di Cosa Nostra indica la zona d’influenza di una o più famiglie affiliate all’organizzazione).
Come dicevamo, però, gli introiti della Piovra allogena sono anche frutto dello sfruttamento della prostituzione gestita con la complicità delle maman che tengono sotto scacco le ragazze con la minaccia del juju ovvero di maledizioni vudù. Le maman, però, altro non sono che ex vittime di tratta entrate a far parte del medesimo circuito criminale da cui sono state assoggettate. Anche in questo caso la cooptazione della mafia nigeriana trasforma le vittime in carnefici, un po’ come avviene per i bambini soldato noti per la loro spietatezza.
Come insegna Salvatore Buzzi, il settore più redditizio è l’immigrazione. Parliamo di tutti quegli africani che chiedono l’elemosina in ogni angolo delle nostre città. Si tratta di soggetti che sono in debito nei confronti dell’organizzazione criminale, che in genere è legata ai gruppi operanti in Nigeria che gestiscono il traffico illecito di esseri umani attraverso la Libia e il Mediterraneo.
Finora, però, l’approccio degli inquirenti è stato basato sull’assioma che i criminali nigeriani fossero dei pesci piccoli al soldo delle mafie autoctone. Per di non esser tacciati di razzismo si veicolava il messaggio che l’immigrato delinque solo perché viene discriminato. Eppure un’informativa dell’ambasciata nigeriana a Roma nel 2011 ci aveva avvisato: “Vorrei attirare la vostra attenzione sulla nuova attività criminale di un gruppo di nigeriani appartenente a sette segrete, proibite dal governo a causa di violenti atti di teppismo: purtroppo gli ex membri di queste sette che sono riusciti ad entrare in Italia hanno fondato nuovamente l’organizzazione qui, principalmente con scopi criminali”. Lo stato italiano ha agito seguendo i dettami della retorica buonista: costruiamo ponti e non muri. I risultati sono sotto i nostri occhi. La povera Pamela non è morta per caso: il medico pietoso fa la ferita infetta.
Salvatore Recupero
Mafia nigeriana: la preoccupante ascesa di un’efferata holding criminale
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DA NON DIMENTICARE:
Erano passati appena dieci giorni dal funerale di Emmanuel Chidi Nnamdi, il nigeriano morto a Fermo dopo la lite con un ultrà locale, quando il vicequestore Marcello Gasparini riceve da una fonte “confidenziale, ritenuta attendibile” la soffiata secondo cui al funerale di Emmanuel (insieme alla Boschi e alla Boldrini) ha partecipato pure la mafia nigeriana.
L’informativa è datata 20 luglio 2016 ma arriva alla procura di Fermo solo il 17 agosto. All’interno, come riporta oggi il Fatto Quotidiano, il vicequestore di polizia della Commissione territoriale per lo status di rifugiato scrive di aver saputo “da fonte confidenziale ritenuta attendibile che al funerale di Emmanuel sono intervenuti membri della setta Black Axe riconoscibili perché tutti indossanti abiti del colore rosso e nero al fine, verosimile, di rendergli manifestatamente onore e che la loro presenza rivelerebbe che il deceduto faceva parte della stessa confraternita”.
Solo ieri, come riporta il Fatto, è stato aperto un fascicolo per associazione a delinquere per capire chi fossero quelle persone sedute poche panche dietro il ministro Maria Elena Boschi e il presidente Laura Boldrini.
Comunque, al funerale erano presenti anche Cécile Kyenge e David Sassoli e pochi giorni prima nella Prefettura di Fermo si era svolta una riunione del Comitato per la sicurezza pubblica, con la presenza del ministro Angelino Alfano.
Ciliegina finale: la commissione territoriale che decide sulla concessione del diritto di asilo ai migranti ha immediatamente concesso a Chiniary Nnamdi lo status di rifugiata.
Il tutto, auto blu e scorte (Alfano è arrivato in elicottero) gentilmente pagato da noi contribuenti. Per Pamela invece, trucidata e fatta a pezzi senza pietà a Macerata, non se ne è mosso nessuno di questi maledetti figli di fetide baldracche! Perdonate il turpiloquio, ma non se può proprio più!
Sono dei servi. Ma penso non siano nemmeno servi consapevoli; dei servi sciocchi, di quelli che sanno soltanto prendere ordini senza avere alcuno spirito di iniziativa.
Dei minorati COLPEVOLI, con il dovuto rispetto ai minorati incolpevoli…
La grande livella…….la morte certa……..ineluttabile…….. Questi scarti di DNA africano che infestano il nostro paese sono indegni di vivere ma chi li ha fatti arrivare e protetti merita di peggio…….. L’omicidio di Pamela è un crimine di stato, un crimine di guerra, un crimine comunista e buonista……non voglio pensare alle umiliazioni subite da quei poveri poliziotti che con le loro informative cercano di proteggere i cittadini dalle mille mafie che ci minacciano…………..parole inascoltate poiché dalla boldrina alla chienga , sino alla peggior brodaglia cattocomunista, le razziste anti italiane e i cortigiani sorosiani ci vogliono morti e sostituiti con gli ignoranti analfabeti africani ………..servi,sudditi e schiavi, questo è ciò che ci attende………auguri Italia.
“Indegni di vivere” è indecoroso, evita.
‘ ignoranti analfabeti africani’ per giudicare almeno bisogna sapere la grammatica italiana, e saper usare le virgole… Ovviamente bello giudicare no.. prendendo immagini da un film…hahaha quanto mi fate ridere. L’unica cosa che sapete fare è lamentarvi alzati dal tuo divano e comincia a lavorare… ( però non portare la scusa che gli immigrati ti freghino il lavoro… non sapendo l’italiano non vai lontano..)
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