Renzi ha fatto spallucce: quel che contano sono i voti, non le tessere. Ecco dunque delinearsi il peggior modello di partecipazione politica: un ibrido yankee-italiota. Da un lato il voto senza peso, senza militanza, senza volontà e immagine sociale: il voto americano, dove la democrazia si riduce a sottopercenutale iconica di una massa informe, pronta ad accettare qualsiasi riforma, qualsiasi decisione, conscia della propria irrilevanza quotidiana.
Dall’altro, il vecchio vizio italiota della clientela, del familismo e della furbizia spacciata per sensibilità morale, spalmata fra onlus per migranti, centri integranti ed intriganti, boy scout: tutti in coda nel 2013, con tessera pagata dal capobastone di turno, per il congressone “democratico”.
Certo, questo su Repubblica e Corriere non lo si può scrivere, ma non ci vuole una grande inchiesta giornalistica per capire quanto abbia influito la stagione congressuale sul crollo dei rinnovi. Sta di fatto che, come in Francia, la rappresentanza popolare e del lavoro non ha più un referente politico preciso: la frattura fra società reale e società rappresentata è ormai del tutto compiuta.
Come sostenuto da Marine Le Pen nell’ultimo anno e mezzo, la faglia di scontro fra la volontà e le esigenze popolari e le politiche dei tecnocrati si va identificando nel sofismo e nelle menzogne delle Elites ostili che ci governano. Di tanto in tanto il loro velo cade, essendo così delicato l’equilibrio su cui poggia, lasciando intravedere praterie di impegno e vera rappresentanza sociale, nuovamente al di là di destra e di sinistra.
Giacomo Petrella