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Francia: La Manif pour tous scende ancora in piazza… ma per fare cosa?

by La Redazione
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manif1Parigi, 6 ott – Si poteva pensare che il movimento fosse con il fiatone e indebolito dai dissensi interni, ma ieri la Manif pour tous è nuovamente riuscita a far discendere in massa il “popolo di destra” nelle strade di Parigi e Bourdeaux per protestare contro gli esperimenti sociali del governo di François Hollande. Nella capitale tra le 70mila (secondo la prefettura) e le 500mila persone (secondo gli organizzatori) hanno sfilato per fustigare la legge Taubira sul matrimonio omosessuale e, più ancora, per denunciare la legalizzazione imminente della Gpa (“gestation pour autrui”, cioè l’utero in affitto) che apre la porta a un vero “mercato dei bambini”, questi essendo ridotti a oggetto di mercato.

Gli organizzatori della Manif pour tous sono dunque riusciti in una dimostrazione numerica impressionante, ma si tratta anche di una dimostrazione di forza? La domanda si pone legittimamente poiché gli interventi dalla tribuna hanno potuto ben scandire che si tratta di “una grande vittoria” e che non “molleranno nulla”, ma bisogna pur constatare che essi non hanno assolutamente ottenuto nulla e che l’agenda del governo detto “socialista” non è affatto stata modificata da questo flusso di centinaia di migliaia di persone ben educate, sorridenti, vestite di rosa e di blu. Allo stesso modo, ha ottenuto risultati più concreti l’attivismo della soraliana [cioè vicina al movimento Égalité et Réconciliation di Alain Soral] Farida Belghoul (estromessa dalla manifestazione perché giudicata troppo radicale) con i suoi inviti a ritirare i bambini dalle scuole – che hanno portato all’abbandono de “L’abc de l’égalité”, un programma di propaganda che mirava a diffondere la “teoria del genere” nelle scuole – che questi grandi eventi domenicali con una marea di passeggini e bandiere. Le ragioni di questa sterilità politica sono molteplici e si può abbastanza facilmente evidenziare le principali tra queste:

1. Mancanza di “leggibilità” della linea politica

Cosa vuole la Manif pour tous? L’abrogazione della legge sul matrimonio omosessuale e l’adozione per le coppie dello stesso sesso? Ma allora perché far parlare sul palco dei rappresentanti dell’Ump [la destra moderata di Sarkozy – ndr], partito diviso sulla questione e i cui esponenti principali non hanno preso alcun impegno in questo senso, e rifiutare invece il microfono ai quadri del Front national, che si è pronunciato chiaramente e ufficialmente per la soppressione della legge Taubira? I manifestanti vogliono piuttosto le dimissioni di Hollande? Ma in questo caso perché questi ripetitivi appelli a “superare gli spartiacque ideologici e partigiani” e a “unire al di là delle casacche politiche”? Auspicano di fermare l’estensione infinita del mercato e la liberalizzazione selvaggia che porta alla mercantilizzazione dei corpi delle donne e al commercio dei feti? Ma perché allora denunciare la “dittatura socialista” e vedere nell’ultraliberale Sarkozy una possibile risorsa contro di essa?

2. Un rifiuto della radicalità e del rapporto di forze

Già dalle prime manifestazioni, la principale paura degli organizzatori della Manif è stata la “radicalizzazione” del movimento e la presenza al manif2suo interno di “gruppuscoli attivisti” detti di “estrema destra”. Da Frigide Barjot che chiama all’arresto di Philippe Vardon e dei suoi camerati identitari, fino al servizio d’ordine della Manif che collabora con la polizia per espellere gli elementi “faziosi”, tutto è stato fatto per moderare e ripulire il corteo. Atteggiamento curioso, quando poi si pretende di opporre la strada al potere legislativo, il paese reale al paese legale, e far “piegare” un governo democraticamente eletto senza avere dalla propria la legittimazione delle urne. In paragone, il movimento dei “berretti rossi” come quello degli agricoltori bretoni hanno ottenuto, loro sì, delle correzioni della legge e dei passi indietro del governo dopo una serie di azioni muscolari e di attacco. La Manif pour tous, dal canto suo, continua a felicitarsi del suo estremo pacifismo e a sottolineare con orgoglio che non una sola macchina è stata graffiata nel corso delle sue marce.

3. Una “base sociale” troppo limitata

Pur occupandosi di questioni fondamentali per l’avvenire della nazione, la Manif pour tous non è mai riuscita a superare la sua base sociologica originaria, ovvero la piccola e media borghesia cattolica, e non ha saputo – o voluto – coinvolgere gli strati popolari, che pure sono suscettibili di essere ugualmente allarmati da queste nuove derive liberali (ma per questo bisognerebbe chiamare le cose con il loro nome: una legge liberale è una legge liberale…) e dalla nuova tappa della distruzione di un mondo “tradizionale” al quale il popolo è istintivamente attaccato.

Per queste ragioni, e anche per qualcun’altra, la Manif pour tous, reazione sana ed entusiasmante a un attacco senza precedenti contro i fondamenti antropologici della nostra civiltà, non si è mai trasformata nella forza rivoluzionaria che avrebbe potuto essere. E rischia, se durerà, di trasformarsi in una semplice replica di simpatiche passeggiate della domenica. Fino allo sfinimento.

Xavier Eman

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