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Il Pil italiano รจ cresciuto (di nuovo) meno rispetto all’area euro

by Fabrizio Vincenti
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Roma, 30 mar – โ€œIl rallentamento della crescita italiana nel corso del 2018 si inserisce in un contesto di indebolimento del ciclo internazionale condiviso da tutte le principali economie europee. Nel nostro Paese la flessione รจ stata piรน accentuata, ampliando nuovamente il divario di crescita rispetto allโ€™area dellโ€™euro che si era ridotto nel biennio precedenteโ€. Lo afferma il Rapporto sulla competitivitร  dei settori produttivi 2019 dell’Istat, giunto alla sua settima edizione, che fotografa l’andamento del Pil italiano.

Aumenta di nuovo il divario Pil con l’area euro

Nel 2018 la crescita dellโ€™economia italiana ha segnato un +0,9 per cento rispetto al +1,6 per cento del 2017. Il divario nei confronti dellโ€™area euro – cresciuta in media dellโ€™1,8 per cento – รจ tornato ad ampliarsi dopo essersi ridotto nel biennio precedente. Un destino che ci accumuna alla Germania: la dinamica del Pil, anche da noi, รจ stata frenata dalla significativa decelerazione delle componenti interne di domanda. Il contributo alla crescita dei consumi finali si รจ dimezzato in Italia (da 0,9 a 0,4 punti percentuali tra il 2017 e il 2018) come in Germania (da 1,3 a 0,7 punti percentuali) ma non in Spagna (da 1,8 a 1,7 punti percentuali in entrambi gli anni).

Va meglio se si guarda alla dinamica degli investimenti fissi lordi in Italia, che registrano una crescita del 3,4 per cento, piรน ampia di quella tedesca (+2,6) e Francia (+2,9) ma inferiore alla Spagna (+5,2). E, secondo l’Istat, la debolezza della crescita dellโ€™Italia rispetto a quella delle altre grandi economie dellโ€™area euro non sembra originarsi dal lato del costo del lavoro. Nel terzo trimestre 2018, รจ aumentato del 2,4 per cento su base tendenziale, compensando parzialmente la dinamica molto moderata registrata dal lontano 2014.

Le cause del divario

E’ semmai la produttivitร  del lavoro a creare differenze: tra il 2000 e il 2016, รจ aumentata dello 0,4 per cento in Italia, di oltre il 15 per cento in Francia, Regno Unito e Spagna, del 18,3 per cento in Germania. Ma nel 2018 la dinamica della produttivitร  del lavoro risulta in linea con quella dellโ€™area euro (-0,1% sul 2017): รจ la prima volta che accade dal 2013. Chiaro che il divario accumulato negli ultimi quindici anni verso quasi tutte le principali economie avanzate, sottolinea Istat, รจ ancora lontano dal colmarsi. Nemmeno l’aumento dei prezzi alla produzione sarebbe da tirare in ballo: lโ€™aumento รจ stato meno ampio che in Germania e a ritmi simili a quelli spagnoli.

Export: in calo verso Paesi extra UE

Quanto allโ€™export italiano, il rallentamento del 2018 รจ stato piรน marcato per gli scambi con i paesi extra-Ue, su cui hanno influito fattori di domanda e un andamento del cambio sfavorevole (di circa il 2,5 per cento). E chi rimpiange la lira troverร  ulteriori motivi di conforto. I dati dicono che nel 2018 le esportazioni in valore e in volume hanno rallentato in tutti principali Paesi europei, fornendo un contributo negativo alla domanda estera netta. Unica eccezione la Francia. La decelerazione dellโ€™export italiano รจ piรน marcata per gli scambi con i paesi extra-Ue (+1,7 per cento, da +8,2 per cento del 2017) rispetto a quelli Ue (+4,1 per cento, da +7,2 per cento).

E c’รจ un altro dato su cui riflettere: la forte crescita delle attivitร  del terziario nel commercio internazionale ha procurato allโ€™Italia benefici molto minori rispetto alle altre economie dellโ€™area euro. โ€œNel 2018 il valore delle esportazioni di servizi รจ inferiore al 6 per cento del Pil โ€“ si legge nella Relazione โ€“ contro lโ€™8,3 per cento in Germania, il 9,3 per cento in Francia e il 10,5 per cento in Spagna. La composizione delle esportazioni di servizi del nostro Paese รจ inoltre molto diversa rispetto a quelle di Francia e Germania, con una prevalenza dei servizi di viaggio – come in Spagna – e una scarsa rilevanza delle attivitร  a maggior contenuto di conoscenzaโ€. Scarsi anche i cambiamenti nel modello di specializzazione settoriale italiano nellโ€™ultimo decennio, con una perdita relativa di peso di alcune industrie tradizionali del made in Italy.

Fabrizio Vincenti

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