Roma, 26 feb – Questa mattina è stata con tutta probabilità scritta la parola fine alla estenuante vicenda sui conti del Comune di Roma. E non si tratta di un lieto epilogo per la Capitale. Infatti il ministro Boschi, preso atto dell’ostruzionismo operato in particolar modo dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega, ha comunicato che il governo ha deciso di ritirare il decreto c.d. “Salva Roma” che avrebbe consentito al Comune di “scaricare” sulla gestione commissariale 485 milioni di euro (380 milioni nel bilancio già approvato nel 2013 e altri 165 in quello da approvare nel 2014).
La mancata conversione del provvedimento che impedisce ora di dare ossigeno alle casse del Campidoglio, sta provocano gravi imbarazzi all’interno della giunta capitolina anche per la tempistica con cui è arrivata questa doccia fredda. L’annuncio infatti arriva a due giorni dal termine ultimo per la conversione, senza contare che un nuovo decreto non può essere ripresentato e che per un disegno di legge servirebbero tempi molto più lunghi per usare un eufemismo.
Dal canto suo il sindaco Marino per evitare questo danno (anche di immagine) irreparabile, ha cominciato a bussare alle porte dei suoi colleghi di partito a Montecitorio a partire dal sottosegretario Delrio da cui avrebbe avuto della labili rassicurazioni, passando anche per la presidentessa Boldrini alla quale, memore di quanto fatto per regalare 7,5 miliardi di euro alle banche, sembra abbia chiesto di usare la famigerata “tagliola” per approvare il decreto.
Le conseguenze per la Capitale sarebbero devastanti. Il deficit che sfiorerebbe la somma di 1 miliardo di euro sarebbe irrecuperabile e comporterebbe la paralisi dei pagamenti, delle obbligazioni e della tenuta economica delle aziende municipalizzate .
Se anche l’attuale situazione economica è stata ereditata dalle amministrazioni precedenti, la giunta Marino non è esente da colpe avendo interamente rimesso le sorti della città al Parlamento lavandosene di fatto le mani.
E mentre il teatrino delle beghe di palazzo prosegue, Roma rischia il default come Detroit.
Alberto Maglio