Roma, 28 lug — Una notizia che manderà in sollucchero il ministro della salute Roberto speranza e il suo fedele braccio destro Walter Ricciardi: a Wuhan è ritornato il lockdown. Le autorità cinesi hanno disposto il confinamento — della durata di 3 giorni — della popolazione di Jiangxia, sobborgo della città, dove risiede circa un milione di persone. La decisione è stata presa a seguito dell’emersione di 4 casi asintomatici di coronavirus, incappati nelle fittissime maglie della rete di controllo e tracciamento del contagio in vigore nel Paese del Dragone. Si tratta della prima volta dal 2020 che la metropoli cinese, che conta in tutto 12 milioni di abitanti, ordina nuovamente un lockdown.
A Wuhan torna il lockdown
La Cina sembra quindi ben intenzionata a mantenere la propria politica «zero Covid», tenendo in campo lockdown, restrizioni di movimento e test su larga scala, nonostante le varianti più contagiose e asintomatiche della malattia sembrino essere in grado di sfuggire a molte delle misure di controllo. Una politica, quella dello «zero Covid», sempre più al centro di polemiche per gli altissimi costi sociali ed economici, ma ritenuta irrinunciabile dalle autorità.
L’incredibile caso di Shenzhen
Come a Shenzhen, il polo tecnologico meridionale della Cina, dove sebbene le istituzioni sanitarie dichiarano di aver circoscritto l’ultimo focolaio di Covid-19 della città, hanno deciso di non allentare restrizioni e misure estreme di prevenzione. Le autorità hanno declassato tre zone da «aree ad alto rischio» a «rischio medio» e cinque zone «a rischio medio» ad aree «a basso rischio», indicando un altro edificio come «ad alto rischio». In questa specifica zona la legge non consente ai cittadini di lasciare le proprie abitazioni mentre quelle nelle aree a medio rischio non possono lasciare le loro comunità residenziali. Misure che appaiono incredibilmente dure a fronte dei dati cinesi relativi al contagio: mercoledì in tutto il Paese sono state segnalate 79 infezioni trasmesse localmente (di cui solo uno a Shenzhen) e 41 casi importati.
Cristina Gauri