Se una guerra inaspettata giungesse da un giorno all’altro in Italia, quanto sconvolgerebbe l’animo umano e la società attuale? È quello che si chiede Gianni Zanasi nel suo ultimo film War: la guerra desiderata. Da alcune battute del trailer e anche dal titolo sembrava si volesse sostenere che un conflitto, non a caso definito «desiderato», avrebbe potuto liberare un’umanità fiaccata da settant’anni di pace.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di dicembre 2022
Ma poteva davvero un film italiano essere così coraggioso da affermare una cosa simile? Ni. La visione del film lascia interdetti perché il tutto resta profondamente incompiuto. Rimane così il grande dubbio su molti dialoghi e monologhi di altissimo livello, che però appaiono isolati rispetto all’interezza della pellicola, a dire il vero piena di buchi di sceneggiatura e di singhiozzi narrativi che fanno sparire nel nulla molti personaggi di punto in bianco, senza che abbiano trovato una conclusione.
«War» tra guerra e pace
Uno dei personaggi chiave, quello di Battiston, che interpreta un barista che fonda un gruppo di paramilitari e trova nella guerra una via di fuga dalla pace borghese che ha devastato l’umanità, è costruito per risultare un personaggio negativo che, attraverso una retorica «tossica», dà libero sfogo alle peggiori pulsioni. Eppure, molte sue parole cariche di riflessioni, in primis il suo a dir poco clamoroso monologo finale in cui decostruisce totalmente tutto ciò in cui ha sempre creduto, spazzato via dalla guerra – una sequenza che anche da alcuni simboli inseriti nella scena ha tutta l’aria di una nigredo – sembrano voler porre seri interrogativi sul senso della «pace». E sembra che l’intenzione del regista sia proprio quella di lasciare il dubbio nello spettatore, anziché creare distanza. Tanto che anche i protagonisti «positivi», ovvero Edoardo Leo e Miriam Leone, si chiedono che senso abbia tornare indietro a un tempo pacifico in cui comunque nessuno era felice. In cui tutti erano già disumanizzati, per accorgersene solo con una guerra. In cui il mondo era diviso tra mafiosi a cui tutto è concesso e morti viventi che accettano passivamente tutto, tra cui anche i mafiosi e la burocrazia che li fa prosperare, senza mai alzare un dito. Lo stesso Leo, prigioniero suo malgrado in una vita da allevatore di vongole che lo opprime, sembra trovare senso alla sua esistenza – dalla realizzazione del…
1 commento
Una sola considerazione: meglio la guerra che il carcere a vita o quasi, almeno puoi giocartela.
Vogliano gli Dei o Dio affinché l’ Italia non giunga mai e poi mai a questa opzione.
Fare film o “scherzare” su queste cose… lascio il giudizio alla collettività-comunità.