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I muri anti-immigrazione non servono? Chiedetelo agli ungheresi

by Francesco Meneguzzo
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Flusso di ingressi illegali in Ungheria nell’ottobre 2015: crollo in corrispondenza del completamento del muro

Budapest, 30 mar – Chi ha subito un furto nella propria abitazione probabilmente sa benissimo che opporre anche una minima barriera aggiuntiva all’ingresso dei ladri, come una serratura più resistente, può essere un deterrente efficace. Eppure, il buon senso pare svanire quando si tratta di questioni che cozzano con l’ideologia dominante di stampo mondialista e terzomondista.

È il caso dei muri opposti all’ingresso dei presunti profughi – in realtà in massima parte migranti economici – che ormai da anni e in misura crescente assaltano l’Europa: oltre al rifiuto ideologico in nome della sostituzione dei popoli, ne viene denunciata l’inutilità ai fini del contenimento dei flussi.

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Flusso di ingressi illegali in Ungheria in marzo 2016: quasi sempre meno di 200 al giorno

La realtà, però, è ben diversa e ne sanno qualcosa gli ungheresi. Quando – lo scorso ottobre – il flusso illegale in ingresso, sebbene in massima parte in transito verso l’Austria e quindi la Germania, aveva raggiunto una media di 7mila persone al giorno, con punte intorno ai 10mila in settembre, fu completato a tempo di record il muro (in realtà un reticolato sormontato da filo spinato) fortemente voluto dal presidente Viktor Orban, col risultato di abbattere gli ingressi da un giorno all’altro: dai dati verificabili sul sito ufficiale della polizia magiara si evince che i 6353 passaggi del 16 ottobre sono crollati agli 870 del giorno successivo, quindi ai soli 41 del 18 ottobre, permanendo poi sotto le 35 unità anche in novembre e dicembre e risalendo leggermente soltanto in gennaio e soprattutto in febbraio e marzo di quest’anno quando, in conseguenza dell’abbattimento di piccole porzioni della barriera in alcuni giorni sono stati superati i 200 ingressi. Niente comunque rispetto alle molte migliaia del periodo precedente.

Un altro caso di successo è quello della Macedonia che, col suo muro al confine con la Grecia, ha lasciato a quest’ultima il proverbiale cerino acceso dell’emergenza immigratoria: non solo alla Grecia, per la verità ma, in breve prospettiva e in conseguenza dei crescenti ostacoli frapposti al flusso illegale in tutti i Balcani, anche all’Italia stessa, che da questi è separata da uno stretto braccio di mare.

L’evidenza del successo delle barriere pare essere stata colta anche in Germania dal partito Alternative fur Deutschland (AfD), fresco del successo alle recenti elezioni regionali, che ha proposto in questo mese la costruzione di un muro a difesa dei confini tedeschi interessati dal flusso immigratorio. Il leader di AfD Joerg Meuthen ha recentemente menzionato vari esempi di muri che funzionano, per esempio in Spagna, dove questo costringe gli immigrati clandestini nord-africani a compiere un lungo giro per arrivare in Europa (cioè in Italia, dove sono accolti a braccia aperte): “Devono attraversare un lunghissimo tratto di Mediterraneo per trovare una strada libera. Si, i muri hanno un impatto molto positivo”, ha sostenuto a una manifestazione di AfD.

Lo stesso candidato alla nomination repubblicana alla Casa Bianca, Donald Trump, ha destato grande scalpore – e guadagnato enormi consensi – promettendo la realizzazione di un muro al confine col Messico, per altro finanziato da quest’ultimo.

Le frontiere marine non sono certamente altrettanto facili da murare rispetto a quelle terrestri, ma è parimenti ovvio che un impiego della nostra Marina Militare in funzione di respingimento invece che di salvataggio e accompagnamento fino alle nostre terre costituirebbe sicuramente un efficacissimo deterrente. In alternativa, possiamo continuare a perdere identità, sicurezza, sovranità, soldi a palate e anche la salute.

Francesco Meneguzzo

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1 commento

Paolo 31 Marzo 2016 - 8:50

E noi, invece, abbiamo usato la nostra Marina come vero e proprio “taxi”…

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