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Il commento: l’omofobia, l’orgoglio gay e il circo dei frustrati

by Francesco Corrieri
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luxuria_arrestataRoma, 21 mag – Si è celebrata sabato scorso la giornata internazionale contro l’omofobia. Celebrata? Diciamo indetta e tanto basta,  con bolla sacra dell’Unione Europea e intercessione del politicamente corretto, amorfo spirito santo di chiunque in questo mondo abbia purtroppo voce in capitolo.

La ricorrenza è stata comunque l’occasione per assistere dal vivo ad un intervento di Vladimir Luxuria sul tema. Mi è servito tantissimo. Ho imparato ad esempio che esiste un termine che si chiama bifobia, che  posso quindi tranquillamente usare senza incorrere in penalità nelle mie future partite a scarabeo. Ho poi appreso che anche nella mia cittadina, 17 mila anime appena, si sono verificati incresciosi e frequenti episodi di omofobia, sebbene né io né tutta la stampa locale ne siamo mai venuti a conoscenza.

Sospettavo di non essere finito ad un convegno sulla seria omosessualità paideutica dell’antica Grecia, ma devo comunque dire che il livello dell’intervento (e del vestito) dell’ex parlamentare di rifondazione comunista mi ha sorpreso. Un codazzo di castronerie e luoghi comuni senza fine con tanto di ammonimento generale a non sottovalutare «i bulli che stanno sempre agli ultimi banchi di scuola». Stereotipo fra l’altro presto sconfessabile: io sono sempre stato al primo banco, ma se avesse ripetuto le baggianate di sabato gli/le/boh* avrei fatto rimpiangere i suoi compagni di classe.

La cosa che più mi infastidisce in questi happening di orgoglio gay è la rincorsa all’impossibile. Ovverosia il paradosso per il quale non ci si accontenta semplicemente di una corretta estensione dei diritti civili, ma bensì si ricerca una sempre più diversa e inaudita forma di legittimazione attraverso la continua richiesta di nuovi e più inattuabili diritti:  il diritto ad avere figli, il diritto a sposarsi in chiesa, il diritto ad essere accettati a prescindere dalle forme in cui ci si esprime, anche se spesso sono folkloristiche, grottesche, frustrate. Anche a me sarebbe tanto piaciuto da piccolo avere Heather Parisi in giardino al posto del cane, ben presto però mia madre mi ha spiegato che era impossibile e che prima dei diritti era meglio parlare dei doveri.

Alle spalle di questi ragionamenti del mondo gay vi è l’intento ambivalente di imporre nella società la propria diversità come normale, conservandone ed esasperandone al contempo i tratti marcatamente distintivi.

Chi si aspettava come me il racconto dell’arresto in Russia rimane deluso, il punto più alto Luxuria lo tocca raccontando di quando, da adolescente, il prete della sua parrocchia gli proibì di entrare in chiesa travestita da donna. Scatta l’applauso collettivo e ovviamente applaudo pure io anche se per il motivo opposto, che di preti così purtroppo non se ne trovano più. E di fatti poco dopo ne ho la riconferma. L’intervento successivo infatti è di tale Don Paolo, che ovviamente liscia il pelo dal verso giusto, parlando di migranti, caritas, poveri, transessuali poveri , accoglienza, , insomma tutto il bignami di Papa Bergoglio condensato  in un intervento di rara sciatteria, per il quale la crisi del sacerdozio può valere come giustificazione solo parziale al fine di evitare la scomunica vescovile che meriterebbe.

Il prete, Peppone più che Don Camillo, coglie comunque nel segno. Luxuria rimane colpito e sente di potersi lasciare andare ad una confidenza «è grazie a preti come Don Gallo e come Papa Francesco, che mi sono riavvicinata alla chiesa». Stop. Fine della conferenza. E anche di qualsiasi ulteriore giudizio sulla chiesa di Bergoglio. Ridateci Paolo VI.

Luca Cielocamminatore

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1 commento

Gabriele 9 Maggio 2015 - 10:39

Bell articolo

Purtroppo luxuria e tanti come Lui/lei hanno letto e tramandato solo la 1 parte del discrso del papa argentino, la frase completa é:” chi sono io per giudiare un gay, Che tornare ad essere un buon cristiano, tornare alla chiesa.
La chiesa non condanna l uomo omosessuale ma condanna l atto sessuale gay,
Come dire si dice il peccato ma non il peccatore

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