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Il premierato, la riforma che ha davvero possibilità di farcela (ma che è la più debole in assoluto)

by Stelio Fergola
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premierato Meloni

Roma, 14 mar – Il premierato può farcela davvero. Il che suggerisce come Matteo Renzi avesse capito, nel 2016, che l’unica strada per farcela fosse una sola: andare al ribasso. Costante, inequivocabile, irreversibile. All’allora leader del Pd non andò bene, ostacolato da minoranze interne dello stesso partito, oggi le cose potrebbero andare diversamente. Anche perché il premierato è la riforma più piccina che si sia mai vista. Perchè le riforme consistenti questo Paese le ha bocciate tutte, intortato da conservatori vestiti in maniera diversa, ma pur sempre conservatori. E ha bocciato anche quelle a metà strada (ma che non implicano l’impossibilità di essere un punto di partenza per ulteriori cambiamenti, cosa che nessuno comprese sempre nel “caso Renzi”). L’unica soluzione sono quelle piccine. E va pure di lusso se ci si riesce. I grillini sono talmente privi di coscienza politica che hanno proposto una riforma piccina per le ragioni più stupide: ma è passata anche per la sua entità. La Meloni ci prova forse con qualche ragionamento in più, che però certifica la tendenza.

Premierato, i sondaggi dicono che può farcela

Secondo i sondaggi riportati dal Giornale, gli italiani promuovono il premierato. Occhio, è “solo” il 55%. Considerata l’impossibilità di revisionare una carta che sembra più onnipotente di nostro Signore quando comunicò i Dieci comandamenti a Mosè, anche una semplicissima legge elettorale con qualche bonus culturale sulla stabilità (perché di questo si tratta, in pratica, anche se ci abbiamo creduto pure noi) potrebbe renderlo un vantaggio pericoloso. Interessante che gli elettori del Pd siano per il 45% favorevoli alla riforma, ma conta poco in termini pratici. Si vedrà quando ci sarà da fare i conteggi seri…con un dato storico che, nel caso, si confermerebbe.

La riforma più piccina delle riforme piccine?

Forse la più piccola no, perché la palma in quel senso non si può non dare alla riduzione dei parlamentari ottenuta con il referendum del 2020. Quella era talmente di modesta entità che neanche i soliti conservatori in grado di imbonire tutti sono riusciti a lamentarsi di qualcosa. Non in modo consistente, quanto meno. In ogni caso, la riduzione era prevista in tutte le proposte di riforma dagli anni Ottanta ad oggi, quindi probabilmente è un “pezzettino” che si è risparmiato il proponente successivo, in questo caso la Meloni. Certo è che se si parla di presidenzialismo – ovvero, ciò che servirebbe davvero, con l’elezione diretta del capo dello Stato, la fine del bicameralismo perfetto, poteri di nomina e licenziamento dei ministri, mandati praticamente a data certa, così come i voti dell’assemblea, eccetera – apriti cielo. Proposta subito abolita direi, già negli anni Novanta. Ma pure se si parla di “semipresidenzialismo apriti cielo”: la bagarre la innescò Silvio Berlusconi, ma in ogni caso anche quel tentativo finì in un nulla di fatto. Ambiguo l’assalto del 2006. Forse possiamo considerarlo l’unico ad “alzare la posta”, in controtendenza degli ultimi trent’anni, perché è vero che di “presidenzialismo apriti cielo” non si parlava, però è anche vero che il governo in quella versione aveva poteri importanti, indiscutibilmente più rilevanti di quelli parlamentari, sebbene non vi fosse l’elezsione diretta né del premier né del presidente della Repubblica.

Matteo Renzi, nel 2016, prova ad abbassare ancora la maledettissima posta. E manco mette in mezzo il governo, no. Tenta disperatamente di “spostare” la questione sul parlamento e provare a prendersi un altro “pezzetto”, quello della fine del bicameralismo perfetto e della riduzione dei parlamentari insieme (seppur con il “gioco” del Senato dei “consiglieri regionali”). Ovviamente, pezzetto compreso nelle riforme precedenti tutte bocciate. Ma viene bocciato anche lui. Alla fine “vincono” i grillini, senza sapere neanche perché, facendo ridurre i parlamentari per problemi di risparmio pubblico completamente inutili, ma – di fatto – approvando un cambiamento – di nuovo – presente in tutte le bocciature precedenti. Ora il premierato potrebbe avere lo stesso successo: il concetto di “elezione diretta” fa presa. Peccato che sia solo quella, in pratica. Ma vale lo stesso ragionamento dello storico appena riassunto: ce lo prendiamo. In attesa del prossimo proponente e del prossimo “pezzettino”…

Stelio Fergola

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