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Ustica e l'”Affare maltese”: ecco perché la pista libica non può prescindere dal missile

by La Redazione
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Ustica affare maltese missile pista libicaRoma, 14 lug – Il “contesto unificante” dell'”Affare Maltese” (descritto nel precedente articolo del 12 luglio, ndr) per le stragi di Ustica e Bologna, che da ora chiameremo “pista libica”, è stato finora avversato con due sostanziali motivazioni:
A) secondo la pista libica anche il DC9 di Ustica è rimasto vittima di un attentato dinamitardo, non da un missile.
B) la strage di Bologna non è più opera del “terrorismo nero” (Mambro e Fiorvanti) di cui è invece accertata la colpevolezza con sentenza passata in giudicato. Conosco poco della strage di Bologna: quello che tutti hanno potuto sapere dai media e quello contenuto nell’inchiesta su Ustica. Conosco invece benissimo la vicenda di Ustica, e posso dire che è proprio il missile di Ustica che avvalora la pista libica, non il contrario. E questo lo sappiamo fin dal 1987, ma occorre andare per ordine. Il primo elemento a che il DC9 Itavia era stato abbattuto da un missile è del giorno successivo al disastro, il 28 giugno 1980. Quella mattina il Gen. Saverio Rana, presidente del R.A.I. (Registro Aereonautico Italiano, è l’ente che presiede alla certificazione degli aereomobili in Italia, in sostanza quello che rilascia i certificati di “aereonavigabilità”) si reca dal suo superiore diretto, il ministro dei Trasporti On. Rino Formica (PSI) dichiarando che da sue precise informazioni nell’ambiente dell’Aereonautica militare il DC9 era stato abbattuto da un missile. Formica trasmette l’informazione al ministro della Difesa On. Lelio Lagorio (PSI) che però, a suo dire, considera la cosa come “fantasie” del suo collega di partito e di governo.

Intorno al disastro del DC9 parte una campagna mediatica “carrette del cielo” che addebita il disastro a un cedimento strutturale spontaneo: l’aereo era vecchio e malandato, comprato usato dalla Hawaiian Airlines dove era adibito al trasporto del pesce, e il sale avrebbe corroso le lamiere di alluminio. E’ falso. Prima di essere preso in carico dalla Itavia il DC9 I-TIGI aveva fatto alla Douglas la revisione delle “zero ore”. Si tratta di una revisione di natura tale (si smonta l’aereo completamente, si rimuove la vernice, viene tutto esaminato e collaudato pezzo per pezzo) che riporta l’aereo a “zero ore di volo”, come fosse un aereo nuovo.
A seguito della campagna stampa si svolge un dibattito parlamentare al termine del quale Formica ritira all’Itavia le licenze di volo. E questo mentre sta ancora lavorando la prima commissione di inchiesta tecnico-formale “Luzzatti” (nominata dal Ministero dei Trasporti). Il Gen. Rana è uomo di un certo carattere: prende una copia del nastro con le registrazioni radar di Ciampino e si presenta all’ambasciata italiana a Washington, chiedendo di essere accompagnato alla F.A.A. – Federal Aviation Administration chiedendo che il nastro venga esaminato. La F.A.A. affida il nastro allo N.T.S.B. – National Trasportation Safety Board (l’ente sulla sicurezza dei trasporti, e del volo) che affida l’analisi a John Macidull, tecnico capo (che anni dopo farà l’inchiesta sul disastro dello Schuttle Challenger). La risposta arriva a novembre 1980: esaminato il nastro radar risulta la presenza di un “velivolo estraneo” in manovra di attacco contro il DC9 civile. A questo punto l’avvocato Aldo Davanzali (amministratore delegato e azionista di maggioranza della Itavia) convoca una conferenza stampa dichiarando che il suo aereo è stato abbttuto da un missile, e viene incriminato per “propalazione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”.

Questo il prologo. Poi nel 1982 la commissione di inchiesta Luzzatti conclude i suoi lavori: A) il velivolo era in ordine e nulla può essere addebitato alla Itavia; B) il velivolo è precipitato per un evento esplosivo (viene repertato il Tnt, Tritolo) senza poter dire se interno (bomba) o esterno (missile) fino a che il relitto non sia recuperato ed esaminato. Quindi si procede per “strage” e viene nominata una nuova commissione di inchiesta, stavolta giudiziaria e detta “Blasi” composta da due ingegneri della Selenia (Blasi e Cerra) e tre docenti dell’Università Federico II di Napoli (Imbimbo, Lecce e Migliaccio). Questa commissione recupera gran parte del relitto, rileva la presenza anche di esplosivo T4 oltre al Tnt e conclude nel 1987 che “il velivolo è stato abbattuto da un missile a guida radar semiattiva SARH, senza poterne indicare il tipo e la provenienza”. Nel 1987. Ma a questo punto sappiamo di che missile si tratta, o almeno abbiamo il “grave indizio” per cui la pista libica dovrebbe entrare di forza nell’inchiesta giudiziaria. Nessuno se ne accorge (?) fino a che non entro io nella vicenda. Accade che il giornalista Franco Scottoni di Repubblica (cronista giudiziario che segue il caso Ustica), pubblica un articolo che riprende una analisi fatta da uno dei primi consulenti della neonata associazione dei familiari delle vittime e dove si concludeva che dalla dimensione del foro sulle lamiere (“come un pompelmo” diceva questa analisi) il missile era americano.

Gli telefono e il tono della conversazione è più o meno questo:
– Scusi, ma secondo lei i missili ce li hanno solo gli americani? – Perchè, lei è esperto di missili? – Guardi che lo Atoll sovietico è identico al Sidewinder americano. – Mi venga a trovare…
Faccio di più, accendo il computer e preparo un disegno dove in base alle posizioni e distanze riportate da Scottoni nel suo stesso articolo evidenzio che i missili sono almeno due, e quello sovietico in dotazione ai Mig23 nella versione esportazione (come quello trovato sulla Sila 18 giorni dopo) può essere il “colpevole” tanto quanto quello americano. Il giorno dopo, 17 ottobre 1989, su Repubblica appare questo disegno, inizia per Ustica la “pista libica” che negli anni successivi si cercherà in tutti modi di ignorare ( riuscendoci, bisogna dire, almeno fino a oggi. Poi si vedrà). Qualche giorno dopo Scottoni in Tribunale viene letteralmente “aggredito” da quello dei pompelmi: il missile deve essere solo “amerikano”. Si comincia quindi a vedere un uso politico della vicenda. Ma io inizio a frequentare Repubblica e a leggermi tutti i documenti tecnici disponibili (la perizia Luzzatti, il Rapporto Pisano, i verbali della Commissione Stragi) e infine la perizia Blasi, quella che conclude “missile SARH”. La perizia Blasi può escudere l’ipotesi bomba (non è esplosa nei bagagliai anteriore o posteriore, non è esplosa nei vani carrello, e non è esplosa in cabina passeggeri, questo ultimo dimostrato dall’intervento del consulente Prof. Ugolini, uno dei massimi esperti italiani di balistica forense). Missile, che “non ha colpito i motori” e quindi dobbiamo escludere un ordigno a guida IR (infrarosso). Il missile ha colpito davanti, fra l’attaccatura delle ali e la cabina di pilotaggio. Ma non ci sono immagini o disegni e non risulta che il relitto sia stato ricostruito. I rottami ripescati sono in un hangar a Napoli e non li ha visti nessuno. Ma è vero?

Comunque le considerazioni che si possono fare esaminando la perizia Blasi portano dritte alla pista libica. I tracciati radar di Ciampino mostrano che dopo l’evento il DC9 è rimasto in vista del radar per 186 secondi, la detenzione minima della quota in quel punto era di circa 6.000 metri mentre il DC9 vola a 7.500 metri. Sui tracciati si vede per oltre tre minuti (36 battute) un unico oggetto che “vola” perdendo solo 1.500 metri di quota (tranne 4 battute in cui gli oggetti sono due, il “velivolo estraneo).
E’ chiaro che il missile SARH indicato dai periti della Comm. Blasi non aveva l’energia sufficiente per stroncare la struttura del DC9, era quindi della classe da “Dogfigth” (combattimento aereo fra caccia, peso 70/100 kg, testata di circa 10kg di cui circa 5 di schegge e 5 di esplosivo). Ma i missili a guida SARH sono tutti del tipo da intercettazione: grossi missili da 2/300 kg, con testate da 30 kg e oltre. Tutti tranne uno. Lo AA2-2 Advanced Atoll SARH, che equipaggia i Mig21 dalla serie M in poi e i Mig23 MF destinati all’esportazione fuori del Patto di Varsavia, Mig23 MF (o MS) come quello trovato 18 giorni dopo sulla Sila, in Calabria. I Mig 23 del Patto di Varsavia sono equipaggiati coi più potenti radar di tiro High Lark e missile Apex SARH. In questa pagina trovate l’animazione delle battute radar di Ciampino dove si vedono i plot (echi radar) del DC9 mentre precipita e del “velivolo estraneo” che attraversa la stessa porzione ci cielo. Per anni questa animazione è stata passata ai media “falsata”. Tutti gli echi dopo l’evento che si svolgono il realtà in 186 secondi sono “accelerati” in un solo secondo in modo da farli sembrare “una nuvola di rottami” a mostrare che il DC9 si è disintegrato istaneamente. Si cambia la classe del missile, non è più quello libico. Successivamente alla perizia Blasi tutto si giocherà, come vedremo, sulla “dinamica del disastro”.

Ma, è poi vero che durante la perizia Blasi il relitto non era ricostruito, o almeno non si evidenziavano i danni causati dal missile indicato dal collegio peritale? Sembra proprio di no. Il 12 ottobre 1989 dalla Commissione Stragi viene interrogato il Gen. Franco Pisano (Capo di Stato Maggiore dell’Aereonautica) a rispondere di disastro di Ustica. E’ una seduta fiume di 12 ore (mi sembra su due giorni) alla quale assistono solo i commissari e alcuni giornalisti. Io vorrei il verbale, penso che né gli onorevoli né i giornalisti possano riportare le questioni tecniche interessanti, ma il verbale è “secretato”, Top Secret. Riesco ad averlo direttamente dall’archivio della Comm. Stragi solo il 6 maggio 2004, dopo 15 anni (eh, ci vuole pazienza). Riporto un brano di interesse.

Pag. 685 
On. Bosco: Quale dei due missili lascia un segno circolare? 
Gen. Pisano: Lo “Sparrow”. Il “Sidewinder” ha anch’esso delle spolette di prossimità nella sua testa a frammentazione come gli “schrapnell” di una volta, che produce molte schegge proiettate nella direzione del missile. 
Presidente: Dovrei dedurre che lo squarcio esistente nel relitto recuperato del DC9 è atipico rispetto alle tracce che dovrebbero lasciare questi due missili dato che si tratta di un’enorme apertura né lineare né circolare, o quello squarcio potrebbe essere stato causato da questi due missili? 
Lei ci ha spiegato che questi due missili lasciano delle tracce particolari, perchè entrambi colpiscono in modo diverso impiegando vari esplosivi; Il tipo di squarcio che vi è nel relitto recuperato potrebbe essere la firma di uno dei due missili in dotazione? 
Gen. Pisano: A giudicare da quello che lei mi dice e da quello che ho letto nella perizia Blasi, non mi sembra che ci sia una firma di questo genere sul relitto recuperato. 
Presidente: Siccome questa parte del relitto è disponibile, ne potremmo anche prendere visione.

Il facente funzioni di Presidente in quel momento è l’On. Casini, e vuole portare Pisano “a vedere” lo squarcio che “è disponibile”.
E l’On. Casini che magari non è un’aquila in fatto di missili capisce comunque che lo “squarcio” non viene dallo Sparrow o dal Sidewinder. E quindi? Ma a questo punto (luglio 1990) il Giudice Bucarelli rinuncia all’inchiesta a seguito delle polemiche con l’On. Giuliano Amato (PSI), e si decide di sostituirlo con il Giudice Rosario Priore. E visto che non si cava un ragno da un buco (due dei periti della Comm. Blasi ci avevano “ripensato” dichiarando che invece del missile poteva trattarsi di una bomba) Priore nomina un nuovo Collegio Peritale composto da 11 esperti italiani e stranieri. All’inizio questi nuovi esperti sembrano propendere per il missile, poi anche loro cominciano a ripensarci, vedremo meglio in un altro articolo.

Concludendo, alla fine del 1989 lo squarcio sul relitto era già disponibile e la pista libica, basata sui dati radar di Ciampino, sui danni rilevati sul relitto, sul Mig23 precipitato in Sila e sulle caratteristiche tecniche della sua dotazione missilistica, doveva entrare nelle fasi dell’inchiesta. In realtà l’opinione pubblica in quel periodo viene informata al contrario: Gheddafi è la “vittima” sfuggita al proditorio attacco degli “amerikani” basandosi sulla megapanzana del volo di Gheddafi che, avvertito da Servizi Segreti “amici” (quelli italiani!) “vira su Malta” sottraendosi all’attacco. C’è chi arriva a scrivere che poi il DC9 fu abbattuto “per vendetta” (sempre dagli amerikani) o per “provare i missili” in attesa di Gheddafi. Gheddafi andava in Polonia a “comprare il grano” per i bambini libici e trattare direttamente con Jaruzelsky (che però diventerà dittatore con un colpo di Stato solo l’anno dopo, nel 1981, a giugno del 1980 era un oscuro militare comunista e antisemita). Era tutto un risuonare di tromboni anti USA e anti Nato, allora c’erano ancora i Comunisti e il missile doveva essere solo amerikano. Ci si buttarono con passione e non mancarono episodi di spassosa comicità (ovviamente se non consideriamo il depistaggio dell’opinione pubblica che ne è ancora condizionata). Chiariamo una volta per tutte che il volo di Gheddafi non è mai esistito, la traccia radar che fu indicata all’epoca era di un pacifico volo di linea Aereoflot partito da Brazzaville (Congo) e diretto a Budapest (Ungheria) che volava per i fatti suoi a sud della Sicilia, e non ha mai virato su Malta. Lo accertò il Giudice in una trasferta in Russia. In un prossimo articolo vedremo della nuova commissione di inchiesta denominata “Misiti” (dal nome del Presidente) o “Taylor” (dal nome di uno dei tecnici stranieri). Anche qui si farà di tutto per tenere alla larga la pista libica.

Luigi Di Stefano

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