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8 marzo: quando il femminismo è sinonimo di prevaricazione

by La Redazione
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mascolinità
Roma, 8 mar – E’ l’8 marzo, tocca a noi. Tocca a noi difendere i nostri padri, i nostri fratelli, i nostri figli dalle compagne di genere (grazie Elvia Ficarra) che in occasione della Festa della donna – ribattuta del 25 novembre – incroceranno le braccia (poi vi conteremo in quante avete aderito allo sciopero) per protestare contro l’oppressione del maschio bianco etero, origine e causa di violenza e beneficiante di una condizione di privilegio e di dominio in quanto maschio, quello stesso maschio che crepa – muore – con una percentuale del 95% sui luoghi di lavoro, rappresenta il 90% dei senza casa, dei ricoverati alla Caritas, la maggioranza degli infortunati, che abbandona la scuola prima del tempo. Una condizione veramente stupefacente, per chi si troverebbe in una condizione di privilegio e di dominio.

La menzogna del “salario inferiore”

Tocca a noi dire a queste sorelle ingannate che non è vero che la disparità salariale vedrebbe le quote rosa percepire un salario inferiore a quello dei colleghi, a parità di qualifica e mansione. Fateci vedere, per favore, un solo lavoratore o una sola lavoratrice, del comparto pubblico o privato, un contratto, una busta paga, un lavoro a chiamata, dove a parità di qualifica e mansione una donna percepirebbe un salario inferiore a quello degli uomini. Informatevi. Per chi volesse uscire dal sonno mi pare illuminante l’analisi di Fabrizio Marchi: “se fosse possibile retribuire una donna in misura minore di un uomo a parità di qualifica e mansione, dal momento che viviamo in una società ultra capitalistica dove la sola stella polare è il profitto, avremmo una occupazione femminile enormemente superiore a quella maschile, anche e soprattutto nell’economia sommersa, cosiddetta in nero, e sappiamo perfettamente che così non è. Del resto, ed è ovvio, qual è l’imprenditore, anche e soprattutto il più scalcinato  che, potendo assumere una donna con un salario inferiore a quello di un uomo, a parità di qualifica e mansione, assumerebbe un uomo? Nessuno, ovviamente. Onde per cui o è possibile retribuire una donna con un salario inferiore a quello di un uomo (e allora l’occupazione femminile sarebbe più che sensibilmente superiore a quella maschile), oppure l’occupazione femminile è inferiore (come è, in effetti, ma non per discriminazione sessuale…) a quella maschile perché le donne optano molto di più, rispetto agli uomini, per il lavoro part time, e svolgono molte meno ore di lavoro straordinario. Questo perché ancora molte preferiscono (comprensibilmente) dedicarsi alla famiglia e alla cura e alla crescita dei figli, e lasciano che sia il proprio marito o compagno a lavorare a tempo pieno. Nonostante i tempi siano radicalmente cambiati ci sono ancora molte donne (più numerose di quanto si crede…) che optano addirittura per non lavorare – potendolo fare – e lasciare questa “incombenza” ai mariti. Per ragioni oggettive ma anche sociali e culturali, gli uomini, in misura molto maggiore rispetto alle donne – anche in questo caso sia per ragioni oggettive (ad esempio fisiche), che socio-culturali (l’obbligo morale di lavorare e di essere socialmente accettati, anche e soprattutto dalle donne…) accettano qualsiasi tipo di orario, turnazione, mole e condizione di lavoro, ecc. E’ ovvio quindi che un lavoro gravoso, rischioso, svolto magari di notte e che contempla un maggior numero di ore di straordinari, sarà complessivamente più retribuito rispetto a quello di una segretaria, di un insegnante o di un impiegata”.

Il femminismo è noioso

A fronte di tanta ipocrisia, a volte di vere e proprie menzogne spacciate per verità, fra donne si sta sviluppando una avversione a tutto quel che viene proposto dalla cultura cosiddetta femminista. Un movimento mondiale tenuto insieme da girls nauseate, disgustate, annoiate dalle rivendicazioni femministe. Eccoci: ci opponiamo al vostro odio, alla vostra guerra di genere verso il maschio e vi invitiamo ad approfondire il tema del matriarcato. “C’è un nocciolo duro di misandria e cultura vittimista nel femminismo moderno che è profondamente inquietante”, dice Margaret Wente. Sono sempre di più le donne che vedono il femminismo come irrilevante, se non addirittura dannoso per gli interessi delle donne (e delle famiglie). Diciamo: “Io non ho bisogno di questo femminismo perché credo nell’uguaglianza, non nella supremazia della donna” oppure: “La mia autostima non è direttamente legata alla dimensione del mio complesso di vittima!” ed infine “Il femminismo è diventato uno pseudonimo di bullismo“.

Famiglia sotto attacco

Il dramma della violenza sulla donna è spesso usato per attaccare la famiglia, luogo indicato come epicentro del fenomeno. Un’indagine dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) su 42 mila donne di età compresa tra i 18 e 74 anni, 1550 per ognuno dei 28 stati membri dell’Europa, ha rilevato dati interessanti. Il tasso di violenza si impenna nel Nord Europa, dove la famiglia è ormai un lontano ricordo: Danimarca (52% di abusi subiti), Finlandia (47%) e Svezia (46%). L’Olanda è al quarto posto con il 45%, seguita da Francia e Gran Bretagna, entrambe al 44%. L’Italia invece, dove permane nonostante tutto una solidità delle famiglie, è al 27% cioè nel settore medio-basso della classifica delle violenze. La maggior parte degli abusi, inoltre, avviene nei luoghi di lavoro (55%) mentre minore è il tasso di abuso da parte del partner (22%), non si specifica se coniugato o convivente.

Tornare Regine

C’è una spiegazione a tutto questo. Esiste una consolidata letteratura scientifica che certifica come le donne sposate corrano minori rischi di subire violenze rispetto alle donne non sposate (o conviventi). Il matrimonio non soltanto riduce i casi di violenza sulla donna, ma porta a numerosi benefici per entrambi i partner e, sopratutto, ai figli. Anziché rivendicare la libertà di fare e disfare a proprio piacimento fino a dimenticare quelli che sono coinvolti in inquiete esistenze, ad esempio i minori, anziché difendere il diritto all’aborto, invece di impegnarvi in questa guerra verso mio figlio o mio fratello, mio padre, sforzatevi di accettare l’idea di quanto sia bello rispettare l’uomo senza temerlo, quanto sia indispensabile per la vita di ogni donna. Siete diventate schiave di un’idea partorita da uomini che godono nel vedervi impegnate in questa guerra contro il maschio. Il risultato (di questo odio) è un esercito di donne sole, di donne infelici. Ma la ricetta c’è: occorre tornare Regine.
Antonietta Gianola

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5 comments

Bracco 8 Marzo 2019 - 11:21

Il femminismo è una invenzione di questo sistema che non tutela i diritti delle donne,ma vorrebbe distruggerle dall’interno.L’intento principale è quello sempre più di allontanare i due sessi in modo da ostacolare la creazione di nuove famiglie.
Lo scopo principale di chi ha creato il femminismo è proprio di alienare gli uni dagli altri e rendere sempre più vago il concetto di famiglia.

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Giorgio 8 Marzo 2019 - 11:25

Per chi vuole leggerlo un articolo molto bello di Marcello Veneziani sull’ 8 marzo:
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/femministe-prendete-esempio/

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rino 8 Marzo 2019 - 11:58

Applausi!

Reply
Festa dell'8 marzo: quando il femminismo è sinonimo di prevaricazione - Skytg24news.it 8 Marzo 2019 - 2:47

[…] Fonte clicca qui […]

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Luca 8 Marzo 2019 - 9:53

Bell’articolo! Complimenti! Peccato che le femministe preferiscano meticciarsi con gli immigrati che stare con noi.
Poi si vedono i risultati.

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