Dall’ultima recita di una carriera sempre in prima linea – trovando sul suo cammino mostri sacri come Francesco Toldo e sopratutto Gianluigi Buffon ha indossato solamente 4 volte la casacca dell’Italia – non è mancata una frecciatina ad un Milan, oramai, da troppi anni vittima di se stesso. Il giornalista della rosea chiede ad Abbiati quando ha pensato di appendere le scarpe al chiodo e la risposta arriva perentoria: “Dopo il mio sfogo col Chievo, a metà marzo. La decisione definitiva è arrivata dopo il Bologna: avevo fatto il pieno. Vi faccio un esempio emblematico: quando Bacca fu sostituito col Carpi e lasciò il campo senza aspettare la fine e senza salutare chi entrava, nello spogliatoio lo ribaltai. Ebbene, mi sono girato e non c’è stato nessuno che mi abbia supportato. Evidentemente certe cose o non si hanno dentro, o proprio non interessano. Ai miei tempi Gattuso avrebbe tirato fuori il coltello“.
Una stoccata, un affondo, di chi cresciuto in un calcio fatto dai Paolo Montero e le sue pigne, dai Juan Sebastian Veron e dai Pavel Nedved autentici uomini spogliatoio, capaci di seguire i propri allenatori in capo al mondo, pur di ottenere l’agognata vittoria o un’altra partita da giocare. Del resto ci troviamo davanti ad uno sport visto come alimentatore di diseguaglianze, chiedere ai professori della scuola di Greve di Chianti che hanno annullato la partita di fine anno perché “esalta i fighi e discrimina le ragazze”, che livella i suoi valori verso il basso facendo trionfare gli Schettino in rosa ed isolando chi ai colori ed al calore dei tifosi ancora ci tiene.
Abbiati ora passerà le sue giornate al Gate 32, concessionaria milanese di Harley Davidson da poche settimane inaugurata e di cui l’ex portiere è socio, mentre noi continueremo a sorbirci i processi sulle scommesse ad orologeria, i selfie sui social dell’attaccante di turno, le copertine a Porto Cervo in una mistura di centrocampisti e veline sognando ancora il fair play di Gennaro Gattuso contro Joe Jordan ai tempi del Tottenham.
Lorenzo Cafarchio