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“Aiutare i popoli a progredire”. Il piano italiano per l’Africa è valido, ma bisogna passare ai fatti

by Stelio Fergola
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Piano Africa governo

Roma, 24 mar – Piano di sviluppo per l’Africa, nell’interesse di tutti. Che per risolvere seriamente il dramma dell’immigrazione clandestina non basti bloccare gli sbarchi non è certamente una scoperta. Questo ribadendo che da questo punto di vista il governo non abbia per ora smosso nulla neanche alla voce dello scoraggiamento delle partenze. Sono interessanti comunque in tal senso le dichiarazioni del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida il quale, come riportato da Agenzia Nova, ha se non altro rilanciato idee valide e da supportare.

Un Piano per l’Africa: ecco cosa ha detto Lollobrigida

Si parla di cibo, ovviamente, ma non solo. Viveri fondamentali per lo sviluppo del Mediterraneo ma anche per lo stesso ruolo dell’Italia. Lollobrigida intervistato dalla Stampa afferma: “Precisiamo che la nostra ricetta base è sempre: meno partenze, uguale meno morti. Siamo stati condizionati a Bruxelles da interessi non sempre omogenei, ma ora l’Italia può tornare a essere determinante come voce di un Paese chiave nel Mediterraneo”. Il tutto rimarcando per l’ennesima volta quanto l’Italia sia stata “lasciata sola”. E poi aggiungendo: “Stiamo passando dal Mediterraneo interesse di alcuni al Mediterraneo problema di tutti, così le nostre richieste di solidarietà vengono ascoltate. Il nodo è mettere gli africani in condizione di non essere costretti a emigrare. Il primo freno va messo all’immigrazione clandestina”.

Il punto interessante, però, viene quando il ministro sostiene che “l’Europa deve lavorare a ricostituire in Africa un tessuto di produzione degli alimenti e dei beni primari che scarseggiano. In Egitto, come nel Sahel, ci sono spazi infiniti da utilizzare. Bisogna sostenere e formare questi popoli che hanno vissuto soprattutto di pastorizia. Dobbiamo mandare i nostri tecnici, i nostri agricoltori ad implementare queste produzioni con le loro capacità per creare lavoro e ricchezza. Queste coltivazioni disciplinate possono diventare un valore aggiunto per tutti e creare lavoro e benessere in Africa e in Europa”. Il punto debole è quando Lollobrigida risponde alla domanda “cosa fare se poi vogliono andare via lo stesso”, rilanciando per l’ennesima volta la brutta storia di “garantire immigrazione legale”. Ma l’immigrazione legale, in realtà, non ha senso di esistere, nel momento in cui ci siano contesti, nei paesi originari, non necessariamente di ricchezza strabordante, ma di banale civiltà e sviluppo dignitosi.

Servono fatti, non parole

La premessa è abbastanza banale: un piano simile concepito per l’Africa si realizza in tempi molto lunghi, e richiede impegno, non solo chiacchiere. Ciò non costituisce una buona ragione per non considerare valido il ragionamento e per non supportare qualsiasi cosa avvii processi costruttivi in tal senso. La vecchia scusa globalista “a quanto benessere sei disposto a rinunciare per aiutare i paesi poveri?”, si può anche accantonare. Nessuno immagina paradisi terrestri irrealizzabili. Si spera, semplicemente, di avviare dinamiche socioeconomiche dignitose in Paesi dove mancano le strade e le più elementari norme igieniche (oltre che, ovviamente, il cibo). Di consolidare un minimo di sostenibilità collettiva. Nell’interesse di tutti: il nostro e il loro. L’immigrazione va abbattuta con un processo a 360 gradi che includa una pacificazione maggiore anche sul fronte economico. Non è vuota retorica dirittoumanista, ma una necessità pragmatica da inseguire, per quanto lontana possa essere osservando la disastrata realtà attuale. Il governo finora è stato un flop nel contrastare gli sbarchi illegali fomentati dall’attivismo delle Ong. Ma se si avviasse sul serio un processo costruttivo nei rapporti con l’Africa avremmo solo da guadagnarci tutti. Sperando che le classi dirigenti locali contribuiscano (fattore, purtroppo, per nulla scontato).

Stelio Fergola

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