Roma, 18 mar – In un breve ma densissimo scritto di Gianfranco Miglio si legge una frase lapidaria, dalla chiara intonazione schmittiana: “dovunque esiste politica, esiste anche conflittualità”[1]. Perché la politica è per sua natura esclusiva, ed è qui, in questa sua insopprimibile esclusività (è la lezione del grande realismo politico), che si radica la ‘regolarità’ del nemico (esterno, o, nei casi di guerra civile, interno). Un nemico, schmittianamente, insieme esistenziale e relativo. Esistenziale perché mette in discussione finanche la nostra esistenza, relativo perché sempre storico-concreto, e dunque mai assoluto, mai ‘metafisico’.
Ed ecco perché Miglio ha buon gioco nel dimostrare come l’esaltazione ideologica della pace abbia come suo fine (ovviamente irrealistico) la negazione della politica, ovvero “il sogno di non avere nemici”, cioè, ancora, la speranza borghese di ridurre l’obbligazione politica a un puro “contratto-scambio” in ciò aiutata da un’altra “tendenza utopica”, quella di “ridurre (annullandoli) i rapporti politici a rapporti di ‘puro diritto’: la ‘politica’ risolta nel diritto”[2]. Ora, a parte l’ulteriore, fondamentale, intuizione di Miglio che si dà obbligazione politica solo all’interno di una “struttura polarizzata”[3], intuizione che in anticipo di decenni già condannava all’inanità l’unipolarismo americano, c’è da chiedersi chi oggi sia il nemico. Nel panorama attuale, tale nemico pare essere l’islam nelle sue componenti più fondamentaliste. Ma ciò vale solo a uno sguardo superficiale che non tenga conto anche dell’impressionante ‘smottamento’ geopolitico causato dallo scriteriato interventismo occidentale nella dorsale che dal Marocco si spinge sino al Pakistan (e senza contare l’instabilità oramai cronica di buona parte dell’Africa subsahariana e il permanente conflitto israelo-palestinese).
A mio parere, nell’individuare un nemico, protagonista di una guerra ‘informe’ perché non dichiarata ma non per questo meno spietata, vengono in soccorso le parole di Cacciari, poste a prologo del testo di Miglio. “La vera guerra – scrive Cacciari – è iscritta in questi nudi dati: la popolazione europea è in continua diminuzione e quella africana… crescerà almeno sino al 2075-2080…I flussi migratori attuali possono rappresentare un semplice prologo ad atti ancora più drammatici…Che i differenziali demografici e di reddito…possano non tradursi in condizioni di strutturale instabilità e permanente conflittualità è pura utopia”[4]. Insomma, ci si trova di fronte a una vera minaccia esistenziale, a una vera guerra come appunto giustamente nota Cacciari, seppur priva dei caratteri ‘classici’ della sovranità e dello ius ad bellum, a conferma del suo valere come testimonianza inaggirabile delle nuove sfide dell’epoca attuale.
Giovanni Damiano
[1] G. Miglio, Guerra, pace, diritto, Brescia 2016, p. 26.
[2] Tutte le citazioni in ivi, p. 47.
[3] Ivi, p. 68.
[4] Ivi, pp. 17-18.