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“Almerigo Grilz, gigante dimenticato del giornalismo”: intervista a Micalessin

by La Redazione
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Grilz ricordi di Micalessin

Roma, 17 dic – A maggio 2024 avrà luogo la prima edizione del premio giornalistico Almerigo Grilz per i reporter di guerra under 40. Un evento la cui giuria sarà composta dai giornalisti Toni Capuozzo, Mauro Mazza, Francesco Semprini, Gabriella Simoni, Giovanna Botteri, e dove ci saranno anche i direttori Maurizio Belpietro, Gian Marco Chiocci, Peter Gomez e il fotoreporter Gabriele Micalizzi.

Una giuria in cui ci saranno anche e soprattutto loro: Fausto Biloslavo e Gian Micalessin, due giornalisti inviati di guerra ma prima di tutto due grandi amici di Almerigo, coi quali quest’ ultimo non condivise la militanza nel Fronte della Gioventù, ma nel 1983 fondò anche l’agenzia giornalistica Albatross, che produsse servizi scritti, fotografati e filmati di eventi bellici riguardanti gran parte delle aree del mondo coinvolte di guerriglia. Almerigo fu altresì il primo reporter italiano morto sul fronte dopo la Seconda guerra mondiale.

I servizi dell’agenzia Albatross furono venduti a grandi emittenti televisive internazionali, mentre in Italia i reportage vennero pubblicati sia su pubblicazioni specializzate, come Rivista italiana difesa, sia su periodici di larga tiratura come Panorama, mandati anche in onda dal Tg1. Questo è solo un pezzo della carriera giornalistica di Grilz. Eppure, nonostante una carriera che ha lasciato il segno nella storia del giornalismo, Almerigo è stato messo nel dimenticatoio dallo stesso giornalismo italiano. Di questo paradosso, e non solo, parleremo col suo caro amico e collega Gian Micalessin, sempre gradito sulle nostre pagine.

Almerigo Grilz, il ricordo di Micalessin

Micalessin, a suo avviso, a cos’è dovuta questa reticenza nel ricordo di un giovane giornalista, assassinato a 34 anni in Mozambico, mentre stava vivendo la sua più grande passione, quella del fotoreporter?

Almerigo è stato in gran parte dimenticato e ignorato dalla categoria dei giornalisti. Dimenticato perché la grande colpa di Almerigo è stata quella di arrivare da un mondo di destra, dal fronte della gioventù, come peraltro anche io e Fausto Biloslavo, che abbiamo fondato l’agenzia Albatross insieme a lui. Il grande peccato di Almerigo è stato quello di morire prima che questo stigma potesse essere dimenticato e riscattato. Diciamo che tanti giornalisti, che a sinistra avevano fatto scelte opposte, sono giornalisti quotati, qualificati. Io e Fausto che siamo sopravvissuti ad Almerigo, abbiamo dovuto lottare anni per liberarci da quello stigma che ancora ci segue. Noi lo rivendichiamo con orgoglio. Almerigo purtroppo è morto, quindi è esposto ancora oggi a questa damnatio memoriae, come ha detto Toni Capuozzo, ricordando la sua carriera. Infatti, negli eventi fatti in memoria di Almerigo si è assistito all’ assenza delle autorità del giornalismo. Semplice reiterazione di un atteggiamento che si prolunga da 40 anni. Un atteggiamento anche abbastanza anacronistico, insomma, perché diciamo che chi ha militato con Almerigo nel fronte della Gioventù con gli anni è diventato ministro, parlamentare. Quindi la colpa di Almerigo è quella di non essersi potuto lavare nell’acqua di Fiuggi a suo tempo.

Cosa le è rimasto di quel viaggio?

Nel 2002, sono andato a cercare il posto in cui è stato sepolto Almerigo. Dal 1987 al 2002 sapevamo che era stato sepolto sotto un grande albero. Questo è quanto era emerso dai racconti, dalle lettere che ci erano state scritte dai capi ribelli, che erano con lui quando è stato ucciso. Ovvio non avevamo la certezza, non sapevamo dove fosse effettivamente avvenuta. Così, nel 2002, con l’amico Franco Nerozzi e con l’ex corrispondente del giornale del Sud Africa Gianfranco Coccia siamo andati in Mozambico per scoprire il luogo della sepoltura, per scoprire il luogo in cui era stato ucciso. Di quell’occasione, mi piace sempre ricordare, a differenza di quanto succede in Italia, che il primo a darci una mano è stato il direttore di una di quella cooperative rosse di Ravenna che opera in Africa da tanti anni e che ci disse ‘ Almerigo era un fascista ma voi prima di tutto siete italiani, e Almerigo prima di tutto per me era un italiano, quindi avete a disposizione la mia base, il mio campo, il mio automobile’ e ci mise a disposizione anche il suo braccio destro, un ex maggiore dell’esercito che ci accompagnò in questa ricerca. Quando trovammo finalmente l’albero, questo ex maggiore africano mi disse ‘guarda che io ero uno dei comandanti della base dove Almerigo è stato ucciso e per me è stato un onore e un piacere venire con voi e aiutarvi a scoprire la tomba del vostro amico, perché facendo così, finalmente, ho dato un significato non solo alla guerra che avevo combattuto ma anche alla pace che è arrivata dopo, perché fare la pace significa rispettare i nemici e quelli che stanno coi nemici”.

A tal proposito, cosa sente di consigliare ai giovani che si affacciano a questo modo?

Spero di regalare il sogno di giornalismo che ha portato Almerigo, me e Fausto a fare questa professione, di trasportare questo sogno nelle menti e nei cuori dei giovani che si affacciano oggi a fare questo lavoro nel quale sono necessari tre requisiti: dedizione, ambizione, e coraggio

Nemes Sicari

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