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Altro che l’inutile Ue, alla crisi in Medio Oriente manca l’Italia

by Stelio Fergola
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Medio Oriente Italia

Roma, 27 ott – L’ennesima crisi in Medio Oriente e la mancanza di una potenza come l’Italia nel bacino mediterraneo. Riflessioni spontanee, visto che si parla sempre di quanto siamo piccoli e mai di quanto possiamo essere influenti, in un coacervo francamente imbarazzante di sottovalutazione perenne, oltre che di chiara – ma non esplicitata – rinuncia perfino all’idea di risorgere, tralasciando una pratica ovviamente lontana da qualsiasi concretezza.

Medio Oriente, l’Italia che manca

Al Medio Oriente manca una potenza “ponte” come l’Italia. Un Paese capace di intessere dialoghi tra le parti, di mettere in comunicazione l’Occidente con il mondo arabo. Mentre la tristissima Unione europea, quella entità “più grande in cui dobbiamo stare perché siamo troppo piccoli e da soli non andiamo da nessuna parte”, discute, discute e ancora discute sulla linea da tenere per quanto concerne il conflitto israelo-palestinese, in chi abbia un minimo di memoria storica non possono che palesarsi i rimpianti di un passato in cui abbiamo contato infinitamente di più di una presunta Europa del XXI secolo al massimo del suo splendore (inventandoci che sia mai esistito uno splendore, ovviamente). Rimpianti ovviamente su Enrico Mattei, che con il Nordafrica e il Medio Oriente stabilì relazioni proficue e amichevoli, sempre a vantaggio dell’interesse nazionale e addirittura generando una posizione “insolita” per l’Italia sconfitta in malo modo nel 1945 ma straordinariamente vivida nel Mediterraneo degli anni Cinquanta. Rimpianti su Bettino Craxi, che con il mondo palestinese e arabo dialogò sempre. Affermando sempre una linea decisa e sicura. Tanto è che perfino su quello si cerca di criminalizzarlo (si pensi all’articolo del Foglio che definisce “scivolata” l’affermazione di Craxi stesso sulla legittimità della lotta armata palestinese per la propria causa: un pezzo che ovviamente conta su un elemento contestuale per attaccare la frase del leader del Partito socialista, ma non è proprio il caso di cascarsi, diremmo noi).

Non si tiri fuori la “scusa” della guerra fredda

È vero, il contesto della guerra fredda favoriva notevolmente il peso geopolitico del nostro Paese che, pur uscito in macerie dalla seconda guerra mondiale, poteva giocare tra i due blocchi (pur facendo parte di quello Nato) forte della sua politica interna “contaminata” dal Pci ma soprattutto della posizione geografica, e anche di una classe dirigente ben superiore che seppe sfruttare almeno una parte delle occasioni che gli vennero proposte. Non ci sono più i due blocchi, ma il dominio statunitense è tutt’altro che indiscutibile, a differenza del primo decennio post-sovietico. Il Mediterraneo è un piatto che sta tornando ad essere goloso, per tutti: per gli Usa (ovviamente), ma anche per Russia e soprattutto per la Cina. Parlare con noi, trattare con noi, sarà sempre più essenziale, lo spazio per giocare ancora ci sarà. Quindi sì, è giusto sottolineare  condizioni storiche e politiche oggi inesistenti, ma è altrettanto giusto rimarcare le nuove situazioni che si possono presentare. La verità è che abbiamo tutti i mezzi per recitare un ruolo importante nel Mediterraneo. Ma per fare certe cose ci vogliono coraggio, visione,  oltre alle persone giuste. In questo momento ci mancano tutte. Basta che non si tiri fuori la “scusa” della guerra fredda che non c’è più. Per una guerra fredda morta ce ne sono almeno un paio che stanno nascendo. Tornare vivi significa anche approfittarne, infilarsi e sfruttare un ruolo che abbiamo sempre avuto. Con buona pace di chi piange inutilmente asserendo che non abbiamo mai contato niente. Lacrime utili soltanto a contare sempre di meno in futuro, non ad altro.

Stelio Fergola

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