E’ quanto emerge da un’intervista concessa al quotidiano Il Tempo, nella quale Veri fornisce la sua ricostruzione dei fatti.
“Appena hanno fermato Massimiliano e Salvatore non ce n’è stato nemmeno bisogno (di offrire il mio contributo, ndr), perché conoscevano la mia situazione e mi hanno contattato, ma solo allora. Diedi i miei consigli e poi il silenzio assoluto”, spiega l’ammiraglio.
Gli anni passati a Bombay non sono un ricordo del passato, ma una rete di relazioni che Veri ha continuato a sviluppare nel tempo. Tanto da poter addirittura arrivare al primo ministro indiano: “Avevo delle persone che potevano arrivare a lui, degli amici indiani che conoscevano Modi e la parte politica a cui appartiene. Avrebbero potuto avere la loro influenza”, dice ancora l’ammiraglio, che sottolinea: “Pur non avendo la pretesa di dire che avrei risolto la situazione, ormai incancrenitasi, avrei potuto facilitare la negoziazione”.
Nulla di tutto questo si è però mai concretizzato. Alla domanda se i suoi suggerimenti siano stati almeno seguiti, pur senza interpellarlo direttamente, la risposta è disarmante: “Non sono in grado di dire sì o no con certezza, ma ritengo di no. So, però, di aver proposto il mio aiuto più di una volta nell’arco di questi tre anni e mezzo. L’ultima nel novembre scorso”. E ancora: “Diedi i miei consigli e poi il silenzio assoluto“. Con il risultato che, con il passare del tempo, “la possibilità di successo è calata perché mese dopo mese la situazione si è fatta più difficile”.
Sulla vicenda in sé l’ammiraglio ha, peraltro, le idee abbastanza chiare: “Sembra una risposta molto banale -spiega- ma credo sia nato tutto da leggere incomprensioni dovute a un difetto di comunicazione. Poi queste si sono accumulate, arrivando a creare una situazione paradossale di totale divergenza che ha portato a decisioni sbagliate e controverse”.
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