È il caso grottesco di Bastia, in Corsica, conquistata ufficialmente dagli alleati il 16 settembre 1943 ma dagli stessi bombardata il 4 ottobre successivo, causando la morte di centinaia di civili che stavano festeggiando la fine della guerra. Una beffa atroce per una città già colpita quattro volte dai bombardamenti alleati, ma celebrata come la prima città corsa ‘liberata’. Il paradosso è stato reso possibile da alcune congiunture sfavorevoli: da un lato un guasto nelle comunicazioni del comando alleato, che ha impedito di interrompere la catena degli attacchi aerei alla città; dall’altro gli americani hanno bombardato in modo indiscriminato. Nessuna “bomba intelligente”, nessun attacco mirato a obbiettivi militari o strategici, ma una colata di ordigni che ha travolto Bastia di giorno. Vengono colpiti 724 immobili, e in mezzo a loro, come animali appena usciti dalla tana, trovano la morte i civili che manifestavano per le piazze e le strade la fine della guerra. Saranno oltre 500 i colpiti, oltre 300 i morti. Il vecchio porto di Bastia subisce danni ingenti e ritroverà il ritmo prebellico di scambi commerciali solo negli anni cinquanta.
Le vittime corse ingrossano così l’elenco funebre delle migliaia di civili falcidiati dai bombardamenti alleati. Operazioni militari contro obbiettivi civili, che si sarebbero chiamati ‘crimini di guerra’ se a commetterli non fossero stati i vincitori del conflitto. Una volta finita la guerra, infatti, le forze alleate hanno potuto stabilire il confine fra il bene e il male, portato un metro fuori da casa propria. I vinti, per la prima volta nel panorama giuridico, si sono ritrovati ipso facto ‘criminali’ e portati come bestie al circo dei tribunali di Norimberga e Tokyo. Allestito lo spettacolo della giustizia dei vincitori, l’attenzione è stata spostata sul capro espiatorio, consentendo ai prestigiatori alleati di riuscire nel proprio gioco. I cadaveri dei civili falcidiati sono praticamente scomparsi, trasformati in ‘martiri’ caduti per la libertà, in qualche modo addossati, anch’essi, al computo delle condanne inflitte ai combattenti dell’Asse, ormai incellofanati nei costumi totalizzanti del “male assoluto”.
Ettore Maltempo
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