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Calciatore trans lascia la squadra femminile: le compagne reagiscono all’ennesima discriminazione

by La Redazione
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calciatore trans

Roma, 26 nov – “Nel migliore interesse del mio club e dei miei compagni di squadra che mi sostengono, ho preso la decisione di allontanarmi dal calcio per il prossimo futuro”, così ha dichiarato Francesca Needham, calciatore trans di una squadra delle serie inferiori del South Yorkshire.

Il calciatore trans lamenta discriminazione

Il calciatore trans ha infatti accusato di essere discriminato dalle avversarie. Secondo la donna trans, le altre squadre si rifiutano di competere con la sua squadra a causa della sua presenza. Sui social del Rossington Main Ladies Fc, la formazione della settima divisione di calcio femminile inglese, dove la “giocatrice” milita, quest’ultima ha espresso la speranza che “la questione della discriminazione percepita contro di me possa essere risolta pacificamente” con l’assistenza della Football Association. “È scoraggiante riconoscere che questa situazione contraddice tutto ciò che riguarda le politiche di diversità e inclusione, dato che ho rispettato diligentemente ogni singolo requisito stabilito dalla Federazione per giocare”, ha aggiunto.

La Federazione sta con chi discrimina (facendo la vittima)

Per l’attuale politica transgender della Fa “l’identità di genere non dovrebbe essere un ostacolo alla partecipazione al calcio“. Ma l’ammissibilità è determinata caso per caso. I giocatori di età superiore ai 16 anni assegnati come maschi alla nascita che vogliono competere nel calcio femminile devono dimostrare che i loro livelli di testosterone nel sangue sono “entro il range femminile natale per un periodo di tempo adeguato in modo da ridurre al minimo qualsiasi potenziale vantaggio” e devono sottoporsi a controlli annuali. Ma è davvero così? È davvero l’atleta trans che compete con le donne ad essere discriminata? Facciamo dare la risposta a chi, indubbiamente, sa più di noi e, magari, della donna trans “discriminata”. Rail Gaines, nel febbraio scorso, si trovò a gareggiare ai campionati universitari contro Lia Thomas, l’atleta trans della University of Pennsylvania ammessa da poco alle gare femminili. Thomas aveva vinto i 500 stile libero e il giorno dopo Gaines se la trovò come avversaria nel 200, incredula. “Una roba da spezzare il cuore. Ti viene tolta una cosa [a cui tenevi] da una persona che fino all’anno prima non si sarebbe neanche qualificata per le finali, da uomo. Uno schiaffo”. Gaines e Thomas arrivarono quinte a pari merito, ma gli organizzatori decisero di dare a Thomas il relativo trofeo, assegnando a Gaines quello per il sesto posto, “così posate per la foto”. “Dissi subito che era sbagliato – le sue parole a Brown – Chiesi ai dirigenti NCAA “ma state davvero dando la coppa a un maschio?”. “Oggi voi fate un torto a una donna in una gara per donne. Thomas non disse una parola, non si offrì di fare cambio di trofei. Mi diede proprio l’impressione che non si rendesse conto di nulla, e di mancanza di rispetto verso le atlete”. “Qualcosa di sbagliato e ingiusto”, diceva Gaines. Infatti, anche se Thomas ha completato il ciclo farmacologico necessario per il riconoscimento ufficiale come atleta al femminile, perdendo peso e forza fisica di base, risentendone rispetto ai tempi che aveva da atleta al maschile, dove era al numero 554 della classifica statunitense, una posizione irrisoria, è pur sempre un uomo che compete con le donne, in quanto porta con sé tutti i vantaggi del corredo cardiovascolare di un uomo. “In genere, da atleta di alto livello, sai sempre chi sono le tue rivali. Quando è venuto fuori per la prima volta che Lia Thomas in realtà era Will Thomas, per tre anni nuotatore della squadra di Pennsylvania, ho tirato un sospiro di sollievo”. “Oh, ecco, è chiaro che non le verrà mai permesso di gareggiare con noi”. Poi, poco prima dei campionati, ci hanno fatto invece sapere che avrebbe partecipato. Eravamo tutte sconvolte. Alle mie colleghe e al nostro staff tecnico era chiaro che si trattasse di qualcosa di sbagliato e ingiusto”.

Imbarazzi e disagi completamente ignorati

Un problema che però non è solo nell’atto agonistico in sé: “Gli spogliatoi sono uno dei luoghi in cui ti senti a tuo agio a stare mezza svestita… è un posto in cui non dovresti sentirti vulnerabile. Ma nessuno ci aveva avvertito che Thomas ci sarebbe entrata. Per me è una follia assoluta. Sei lì tranquilla e all’improvviso cala il silenzio, perché entra questa persona nata maschio alta 1.90 che comincia a spogliarsi e tu ti senti completamente a disagio. Un’esperienza davvero bizzarra”. Dopo l’episodio dello spogliatoio Kim Jones, madre di una nuotatrice, protestò, ricevendo come risposta dalla Ivy League, la lega che comprende università come Penn, l’invito a farsi vedere da uno psicologo.  Battaglia che ha visto la Gaines anche perdere il proprio profilo Twitter. Altre atlete invece non se la sono sentita, e il motivo è lo si può riscontrare in queste parole: “Le università cercano di intimidire le ragazze”, ha spiegato Gaines, “dicono loro che [se protestano] non verranno mai ammesse ai corsi specialistici, che non troveranno mai un lavoro. Vengono ricattate psicologicamente, si sentono dire che se un’atleta trans si toglie la vita la colpa sarà la loro. Ma io tiro avanti… perché non c’è nulla di sbagliato in quello che sostengo, né sul piano scientifico né su quello del buon senso”.

Una battaglia in difesa delle donne, dello sport femminile, sostenuta anche da Caitlyn Jenner, anche lei transgender e campionessa del golf. In un’intervista per il Daily Mail, Jenner aveva dichiarato che le donne trans non dovrebbero gareggiare nella categoria femminile, definendole “ragazzi biologici”: “Dobbiamo proteggere le donne nello sport, questo è il punto principale” aveva specificato Jenner: “Non comprendo come puoi essere contento di battere altre donne in queste circostanze. Devi avere un senso di responsabilità. Puoi ancora amare lo sport senza gareggiare, no?” definendo Lia Thomas una scelta “infelice nello sport” oltre che “dannosa per la comunità trans”. “Ho vissuto un enorme cambiamento, e non ho problemi a considerarmi una donna trans e utilizzare i pronomi femminili – perché di base ci sono maschi e femmine, no?”. Maschi e femmine, già, la differenza per eccellenza che si sta cancellando in nome della difesa della diversità. Uno dei tanti cortocircuiti politicamente corretti.

Nemes Sicari

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