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Christine Lagarde traccia un piano per l’Europa: i dettagli

by Carlo Maria Persano
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Christine Lagarde

Roma, 26 nov – Grande scalpore hanno destato negli ambienti politici ed economici le dichiarazioni del presidente della Bce Christine Lagarde, dagli alti toni e contenuti. Di quelli che vorrebbero lasciare traccia nella storia. Vediamo che ha detto di così nobile.

Christine Lagarde si traveste da agnello

Ecco i punti essenziali toccati dal discorso di Christine Lagarde: l’Europa ha necessità di grandi investimenti per le sfide che si stanno presentando e non le si possono affrontare senza unire le forze e senza volersi bene tra europei. Come successe nell’America di Abramo Lincoln quando si decise il grande investimento per unire i vari Stati e i vari distretti economici con una rete ferroviaria enorme. Le grandi sfide, secondo la Lagarde, sono rappresentate dalla transizione ecologica (620 miliardi/anno), dalla digitalizzazione (125 miliardi/anno) e dalle innovazioni proposte da 4.800 imprese europee (535 miliardi/anno). Il tutto da qui al 2030 e derivante dalle “tre D”: deglobalizzazione, demografia e decarbonizzazione. Dove la demografia comporterà “l’invecchiamento delle nostre popolazioni” e la necessità di “dispiegare nuove tecnologie, in modo da poter produrre una quantità maggiore di beni con una disponibilità minore di lavoratori”. E dove la deglobalizzazione comporterà la “frammentazione dell’economia globale in blocchi concorrenti”. Ad esempio, Stati uniti, EU, China-Russia-Africa-Brasile, etc. Le banche non potranno assumersi il rischio di finanziare tutte queste sfide e quindi ciò dovrà accadere centralmente con la UE. Attraverso l’emissione di titoli, o in comune tipo la proposta degli eurobond, o controllati e garantiti dalla Bce, se ci fosse un ostacolo per gli eurobond (e c’è questo ostacolo). Per allargare il mercato interno dei capitali sarà necessario un unico ente di controllo per tutte le borse europee, come la Sec negli Stati Uniti. E, prima di ciò, sarà necessario rendere uguali tutti i regolamenti e tutti gli indici di controllo, per rendere omogeneo e più appetibile il mercato delle azioni e delle obbligazioni. La scelta di operare tutta questa unione partendo dal basso è stata una scelta sbagliata perché invece andrà operata con scelte al contrario, dall’alto verso il basso. E, per giustificare questa che apparirebbe come un’imposizione, la Lagarde ha richiamato Kant quando affermò che si deve “fare la cosa giusta perché è giusta”.

Strana coincidenza

Stranamente, in coincidenza con le dichiarazioni nobili della Lagarde, abbiamo tutti saputo che alla Francia è stato bocciato il bilancio per eccesso di deficit, poco dopo che nei conti della Germania è stato trovato un “magheggi” da 770 miliardi, sempre nei conti del bilancio. Per spiegare meglio, della Francia si sa da tempo che il sistema pensionistico andrà in collasso a meno di non effettuare interventi drastici in stile Italia, ma i francesi non sembrano remissivi come gli italiani. Mentre in Germania sono molto chiacchierate le banche per l’eccesso di derivati accumulati. Tutto ciò dopo anni a sostenere che il problema in Europa era l’Italia…

Finalmente una buona notizia?

Non vogliamo sembrare diffidenti, ma fino ad oggi, gli inviti a volersi bene hanno prodotto solo solenni fregature per l’Italia. Vediamo le due più grosse: è stato progressivamente distrutto il mercato protetto, quello di quando l’Europa veniva definita Mec. Ovvero sono stati progressivamente aboliti dazi e contingentazioni per le merci extra europee. Il tutto a danno dell’Italia. Infatti, Francia, Germania e Gran Bretagna (fin quando c’è riuscita), si presentavano in Cina, India, etc. negoziando le potenzialità del mercato europeo con uno scambio di merci francesi e tedesche (e inglesi). Un esempio sono i 44 treni-blocco che ogni giorno arrivano in Germania dalla Cina con merce che si ferma in Germania solo in minima parte. Mentre, in cambio, parte il prodotto tedesco verso la Cina. Ovvero, l’Europa è unita quando deve importare e invece è individualista quando negozia sotto banco per esportare. Negli accordi di Lisbona sull’euro è stata proibita esplicitamente la possibilità di una seconda valuta interna e parallela per impedire i vantaggi competitivi nelle esportazioni dei prodotti italiani. Insomma non ci poteva essere una lira interna che circolasse in Italia a fianco dell’euro. Questi sono stati i due provvedimenti che hanno messo in forte difficoltà l’economia italiana a partire dal 1992, anno della grande stagnazione dell’economia tedesca.

Ci vanno bene i target della Lagarde?

Christine Lagarde indica tre obiettivi con una spesa già delineata: la transizione ecologica che costerebbe 620 miliardi fino al 2030, ovvero 4.340 miliardi; la digitalizzazione che costerebbe 875 miliardi, sempre fino al 2030; le innovazioni pensate da 4.800 imprese per un costo totale di 3.745 miliardi. Il tutto tramite titoli emessi dalla Bce o con un’emissione locale controllata e garantita dalla Bce (guai a parlare di Eurobond agli ipocriti tedeschi e olandesi). Tramite anche l’unificazione dei criteri di controllo borsistici tra le varie borse europee e i criteri di controllo della solidità delle banche (e qui gli ipocriti tedeschi e olandesi invece iniziano a sudare freddo). Non si può adesso esprimere un giudizio sulla citata e costosissima transizione ecologica perché non sappiamo cosa vogliono fare. L’auto elettrica pone molti interrogativi, non tanto sulla costruzione di centrali nucleari di ultima generazione per fornire l’elettricità necessaria, ma tanto sul materiale per la produzione delle batterie. Neanche sappiamo ancora quali sono le 4.800 imprese alla quale la Lagarde vorrebbe far arrivare 3.745 miliardi. Essendo l’Italia la seconda potenza industriale europea, vorremmo immaginare che una grossa fetta di quei soldi dovrebbe finire alle aziende italiane. L’ha pensata così la Lagarde? Ma, soprattutto, nei ragionamenti della Lagarde troviamo un buco, anzi una voragine, ovvero sappiamo tutti che il progresso tecnologico (robotizzazione, masse dati, genetica e moneta virtuale) produrrà l’eliminazione di lavori e ore lavorate per circa 180 milioni di lavoratori. Dove sono i soldi per gestire questa transizione? Dove sono i progetti? Ottimo pensare all’aria più pulita se si pensa di anche di evitare decine di milioni di poveri. Da ultimo prendiamo atto piacevolmente di un punto nelle dichiarazioni della Lagarde: finalmente qualcuno ha detto che diminuirà la necessità di posti di lavoro e, di conseguenza, è assurdo pensare di far arrivare milioni di africani dequalificati per lavori che non esistono. Ma la Lagarde non ha avuto il coraggio di dichiararlo esplicitamente, è solo implicito.

Chi decide alla fine

Christine Lagarde si è stufata di aspettare che si formino le decisioni dal basso e si fa aiutare da Kant per dire che quelle decisioni dovranno piovere dall’alto. Carino come espediente. Per l’Italia, sarà stato sufficiente appoggiare una figura losca come Zelensky e voltarsi dall’altra parte di fronte al massacro dei bambini palestinesi, per sedersi al tavolo delle decisioni? O possiamo chiedere l riconoscimento di una nostra dignità grazie ai nostri ingegneri, ai nostri medici, ai nostri infermieri e ai nostri artigiani?

Carlo Maria Persano

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