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Ci troviamo di fronte a una “Tangentopoli della magistratura”?

by La Redazione
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Roma, 17 mar – Negli ultimi anni, la magistratura e le istituzioni sono state scosse da scandali gravissimi. Si pensi al caso Palamara o si pensi a quella storia da feuilleton che è stata l’inchiesta sulla Loggia Ungheria . Se c’è stata, negli anni ’90, un’inchiesta, quella di Mani Pulite, che ha scosso la classe dirigente economica e politica, oggi si potrebbe parlare di una Tangentopoli della magistratura, che infatti, dati alla mano, ha perso e continua a perdere credibilità di fronte ai cittadini.

Tangentopoli della magistratura: capitolo dossieraggi

Negli ultimi giorni è scoppiato un altro scandalo estremamente grave, quello dei dossieraggi operati, si pensa, da un tenente della Guardia di Finanza. Un sistema di dossieraggi o comunque di raccolta di informazioni con accessi illeciti , il cui fine sembra essere quello di alimentare un “mercato dei segreti” che i numeri indicano come ricco e prospero, poiché molti hanno dichiarato che le informazioni sinora raccolte non sono che la punta dell’iceberg. Così, si scopre che giornalisti e altri acquirenti potevano accedere a informazioni personali su politici, imprenditori, uomini dello spettacolo e personalità in vista pagando la giusta somma oppure avendo i giusti contatti . L’ala di centro e di destra della politica ha, giustamente, gridato allo scandalo, mentre M5s e Pd , entrambi giustizialisti e innamorati dei magistrati, hanno sì dichiarato che lo scandalo c’è , ma che questo non deve dare adito a una limitazioni di poteri della magistratura inquirente , né deve essere l’occasione per colpire la libertà di stampa. Ovviamente, i giornalisti interessati danno man forte a questa versione. Dal fronte opposto, il ministro della Giustizia Carlo Nordio chiede una commissione d’inchiesta con poteri inquirenti, il Ministro Crosetto si dice pronto ad essere ascoltato, e tutta la politica del centro-destra e della destra (che è passata , fra l’altro , dal calvario giudiziario di Silvio Berlusconi e che ne ha buona memoria) ha optato per decisioni forti. Quali altri scandali serviranno perché tutta la classe politica decida di operare in modo drastico contro un sistema, quello delle Procure , che chiaramente presenta una crisi e i cui membri hanno, in taluni casi, fortemente deviato rispetto alla funzione che hanno giurato di servire ? Stupisce anzi – ed è significativo – che già al tempo dello scandalo Palamara non si siano prese decisioni drastiche, non sia stato sciolto il CSM, e non si abbia trovato la forza per limitare l’arbitrarietà della magistratura inquirente (ma anche giudicante).

Come risolvere il problema?

Che debba esservi un sistema di controllo , inteso col senso di monitoraggio , dell’attività inquirente è evidente, e l’assenza dello stesso è un segno di debolezza anziché di forza : non è tollerabile che un magistrato inquirente possa aprire a sua discrezioni indagini che poi non portano a nessuna conclusione, considerando che tali indagini sono portate avanti grazie al denaro dei contribuenti (si pensi al caso di Berlusconi, che è stato inquisito trenta volte e condannato una sola volta). Il caso di Berlusconi e di innumerevoli sindaci rendono evidente la necessità di rendere più rigidi e severi i criteri coi quali è possibile aprire una inchiesta e di responsabilizzare altresì l’azione dei magistrati: chiunque sbaglia, nel proprio lavoro, ne paga le conseguenze. I fatti recenti mostrano che ci sono troppi ibridismi e zone grigie nel mondo dell’investigazione, e in particolare nell’ambiente delle Procure . Ciò, ovviamente, è antidemocratico ed è un pericolo significativo per la sicurezza nazionale: se qualsiasi giornalista può, con la complicità di un funzionario di basso-medio livello, raccogliere migliaia di informazioni su centinaia di persone, cosa può fare un sistema spionistico composto da decine di persone addestrate? Il presunto dossideraggio di cui si parla in questi giorni lascia capire che tutti , inclusi uomini e donne con funzioni nevralgiche, possono essere spiati molto facilmente . Che ne è, allora, della libertà e della sicurezza personale? Non tutela, la Costituzione, la segretezza della corrispondenza, salvo che nei casi di indagini ? Perché non dovrebbe tutelare anche la navigazione nel web e qualsiasi comunicazione elettronica , sia essa telefonica o di altro tipo ?

La questione è, naturalmente, molto complessa , e porta alla discussione di temi di carattere generale, primo fra tutti la separazione dei potere di illuministica memoria , un tema, questo, non esauribile in un articolo di giornale. Nondimeno, giova sottolineare che dividere i poteri non significa renderli indipendenti l’uno dall’altro, cioè non significa stabilire l’impossibilità, per un potere, di verificare e opporsi a quello che fa l’altro: senza tale possibilità, l’indipendenza si tramuta in sabotaggio e arbitrarietà . Così, come il potere giudiziario ebbe, giustamente, la possibilità di indagare e colpire duramente l’azione della classe politica durante Tangentopoli (fermi restando i legittimi dubbi rispetto ai metodi utilizzati dagli eroi del momento, i magistrati, e le sfumature politiche della loro azioni, tali per cui importanti studiosi hanno definito Tangentopoli un colpo di Stato silenzioso), così la classe politica deve avere la possibilità di fermare l’azione della magistratura quando questa si rileva chiaramente viziata da interessi di parte e da ingerenze esterne, e, cosa ancor più importante, quando questa contrasta con la ragion di Stato, che deve essere il principio-guida di chiunque si occupi della cosa pubblica . Quanto danno hanno fatto le inchieste, finite nel vuoto, della magistratura sulla vita privata di Silvio Berlusconi alla politica italiana e alle relazioni estere della classe politica italiana durante i governi Berlusconi? Berlusconi, uno statista di livello, è stato conosciuto all’estero soprattutto per dettagli della sua vita personale che sono stati messi in piazza da stampa interessata, la quale attingeva felicemente alle inchieste in corso . Questo punto non è sufficientemente considerato: l’azione del singolo, sia esso magistrato, cittadino comune, politico o chi altro, si ferma dove comincia il bene dello Stato .

Enrico Cipriani

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