Roma, 11 lug – Il cosmopolitismo capitalistico aspira a dissolvere gli Stati nazionali come baluardi della sovranitร economica, ma poi anche come fortilizi delle identitร collettive, dei legami comunitari e del vincolo di cittadinanza. In luogo degli Stati nazionali, promette, in astratto, la realtร piรน grande e piรน allettante dellโunica patria estesa quanto il mondo: e, in concreto, trasforma ogni individuo monadico in patria a sรฉ stante, in universo solipsistico irrelato. More solito, in nome dellโideale nobilitante, la globocrazia del polo dominante distrugge quanto realmente esista di non omogeneo allโordine cosmopolitizzato in senso liberista (la cittadinanza nazionale reale in nome della cittadinanza globale irreale, la democrazia nazionale reale in nome della democrazia globale irreale, ecc.). Spezza ogni legame sociale e lascia che a sopravvivere sia solo la separazione individuale, centrata sulla figura dellโโincontro occasionaleโ – e senza conseguenze – di atomi concorrenziali, determinato a sua volta dal vincolo โinsocievolmente socievoleโ (Kant) dello scambio mercantile.
L’intuizione di Leopardi
In ciรฒ risiede il nesso inestricabile tra cosmopolitismo e individualismo, giร intuito da Leopardi, che cosรฌ scriveva il 3 luglio del 1820: โEd ecco unโaltra bella curiositร della filosofia moderna. Questa signora ha trattato lโamor patrio dโillusione. Ha voluto che il mondo fosse tutto una patria, e lโamore fosse universale di tutti gli uomini. [โฆ] Lโeffetto รจ stato che in fatto lโamor di patria non cโรจ piรน, ma in vece che tutti gli individui del mondo riconoscessero una patria, tutte le patrie si sono divise in tante patrie quanti sono gli individui, e la riunione universale promossa dalla egregia filosofia sโรจ convertita in una separazione individualeโ. Insomma, con lโapogeo della cosmopolitizzazione, lโuomo non diventa il fantomatico โcittadino del mondoโ, secondo la chimera delle anime belle del globalismo. Al contrario, si muta, in quanto โindividuo monadicoโ (Hegel), in una repubblica a sรฉ stante, in conflitto concorrenziale con tutte le altre.
Sparisce “l’amore di patria” in luogo della separazione individuale
Si eclissa โlโamor di patriaโ e le patrie, anzichรฉ risolversi in una piรน grande nazione estesa quanto il pianeta, โsi sono divise in tante patrie quanti sono gli individuiโ: la riunione universale del genere umano, promessa dal discorso del cosmopolita, si rovescia dialetticamente nella separazione individuale, coessenziale allโatomismo della societร del libero mercato, la monadologia liberal-libertaria. Ancora, lโostilitร tra le patrie sparisce, sรฌ, ma non nel senso di una sua neutralizzazione: semplicemente si trasla sul piano individuale, secondo la figura dellโhegeliano โsistema dellโatomisticaโ e dellโhobbesiano bellum omnium contra omnes degli atomi che competono nel piano liscio dellโunico mercato senza frontiere. Cosรฌ inteso, lo spazio cosmopolitizzato non รจ una casa aperta a tutti, ma un mercato a cui รจ condannato ciascuno. Si annulla non giร il conflitto, che semplicemente slitta verso la dimensione individuale propria della competitivitร liberista, bensรฌ quella realtร sociale e politica โ la nazione, appunto โ che sola si รจ rivelata in grado, nellโavventura del moderno, di oltrepassare le identitร individuali (sia religiose, sia ideologiche, sia etniche) e di porre in essere la figura di unโidentitร collettiva e di una democrazia reale, per quanto perfettibile. Lโidentitร corale, fondandosi sullโappartenenza a una visione della societร , su un nutrito gruppo di diritti e di doveri, sulla partecipazione e su una comunanza di ideali e di narrazioni condivise, ha reso possibile tanto il trascendimento dellโindividualismo egoistico, quanto la realizzazione โ non vi si insisterร mai a sufficienza โ delle pur perfettibili forme di partecipazione democratica delle classi dominate.
Atro che cittadini del mondo, bensรฌ sradicati e precari
Secondo un nodo teorico giร chiaro allo storico francese Ernest Renan, autore di Quโest-ce qu’une nation? (1882), a partire dalla Rivoluzione francese, lโidea di nazione si รจ variamente associata alle figure dellโuguaglianza, della cittadinanza e della rappresentanza. Privi di patria, di radicamento nazionale e di appartenenza comunitaria, gli homines globali sono condannati al perpetuum mobile dellโerranza determinata dal capitalismo flessibile: in astratto, sono cittadini del mondo e, in concreto, sciolti dal vincolo nazionale, non hanno piรน alcuna cittadinanza e sono condannati, come tutte le merci, al moto perpetuo browniano del mercato deregolamentato che tutti ci vuole apolidi e migranti, sradicati e precari. Del resto, la sola promessa di libertร di cui il cosmopolitismo liberista sia capace riguarda lโindividuo e il suo affrancamento da ogni vincolo che possa limitarne gli spostamenti, lโegoismo acquisitivo e la volontร di potenza consumistica.
Diego Fusaro
1 commento
Io sono individualista e anti-globalista, non cosmopolita insomma. Comunque sia, trovo sempre interessante Fusaro (non abbiamo le stesse idee in economia).