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Cristoforo Colombo e il nuovo mondo: una scoperta “tutta” italiana?

by Marco Battistini
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Cristoforo Colombo

Roma, 21 ott – La mattina del 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo scoprì, di fatto, il continente americano. La vicenda è nota a chiunque abbia terminato la scuola dell’obbligo: l’esploratore genovese, su commissione dalla corona spagnola, nella ricerca di una nuova via per le Indie sbarcò a San Salvador. Con lui le famose tre caravelle – la Niña, la Pinta, la Santa Maria – e un centinaio di marinai. Ma come ben sappiamo la storia, essendo argomento di studio e dibattito, può essere sempre riscritta. Ecco che recenti teorie ci mettono – come si suol dire – la pulce nell’orecchio: e se quella delle Americhe fosse stata una scoperta “tutta” italiana?

Il ruolo di Innocenzo VIII

Il viaggio salpato da Palos de la Frontera il 3 agosto fu effettivamente il primo “ufficiale” compiuto da Colombo al di là dell’Atlantico. E venne effettivamente sostenuto dai reali iberici. Dobbiamo però evidenziare un particolare non da poco. Ossia – per dirla con lo studioso Ruggero Marino – che il navigatore “abbia indovinato tutto al primo colpo: parte nel tempo giusto con un oceano calmo, indovina le correnti, conosce i venti e la rotta che non è diretta ma richiede di fare un gran giro, la gran volta”. Questo perché, con buona probabilità, la spedizione fu preparata nel dettaglio proprio in virtù di precedenti tentativi.
Sempre secondo l’ex caporedattore de Il Tempo, ci sarebbero altri dettagli a conferma delle sue ipotesi. Il volume del 1507 Chronica delle vite de’ pontefici et imperatori romani, ad esempio, narra del viaggio nelle “Nuove Indie” in riferimento al pontificato di Innocenzo VIII, deceduto però il 25 luglio 1492, ossia qualche giorno prima della partenza navale più famosa della storia. Nato – proprio come Colombo – in quel di Genova, Papa Cybo riposa ancora oggi in Vaticano e sulla lapide è riportata un’ambigua frase commemorativa: Novi orbis suo aevo inventi gloria (Nel suo pontificato, la gloria della scoperta del nuovo mondo). Seguendo questa traccia non è così peregrina l’idea che vede nel duecentotredicesimo vicario di Cristo il promotore di antecedenti viaggi – finanziati da capitali liguri e toscani – che hanno successivamente segnato un preciso spartiacque nel corso degli avvenimenti.

Cristoforo Colombo: gli altri dettagli ignorati dalla storiografia ufficiale

Il mistero si infittisce quindi grazie al cronista cinquecentesco Gonzalo Fernández de Oviedo, il quale retrodata la scoperta delle Americhe di almeno un anno. Nelle condizioni dettate a Ferdinando e Isabella, inoltre, viene messo per iscritto (17 aprile 1492) anche il riconoscimento al genovese della carica di governatore delle terre scoperte – come se allora il fatto si fosse già verificato. Ultima, ma non per importanza, la “mappa di Piri Reis”. Documento cartografico del 1513 sul quale l’omonimo ammiraglio turco riporta una precisa annotazione. Appunto in lingua ottomana circa la scoperta del “litorale di Antilya” da parte di “un infedele di Genova di nome Colombo” nell’anno 896 dell’era araba. Una data comunque antecedente al 1492.

La scoperta del Nuovo Mondo…ci riporta in Italia

Se furono i vichinghi i primi europei ad attraccare in America – intorno all’anno 1000, nella penisola di Terranova (Canada) – il mondo è effettivamente cambiato solamente dopo le spedizioni del grande italiano. In tal senso anche l’eventuale retrodatazione sarebbe importante, in quanto alla morte Innocenzo VIII venne eletto Rodrigo Borgia (Alessandro VI), un papa – guarda caso – spagnolo. Il valenciano avrebbe avuto quindi più di un motivo per ispanizzare la rilevante scoperta. Affidando così – anche agli occhi della storia – colonizzazione ed evangelizzazione del Nuovo Mondo (termine che si deve al fiorentino Amerigo Vespucci) ai “cattolicissimi” sovrani delle sue terre. 

Il primo, discusso, viaggio di Cristoforo Colombo ci riporta quindi in Italia, ancora a Roma, più precisamente nel rione Esquilino. Secondo la tradizione il soffitto della Basilica di Santa Maria Maggiore è infatti impreziosito dal primo oro americano giunto nel Vecchio Continente. Il ricercato metallo custodito nell’Urbe e non – come l’intuito suggerirebbe – in Spagna. E’ la quadratura del cerchio? Non possiamo saperlo, la storia (forse) aspetta solo di essere riscritta.

Marco Battistini

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