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Cruel Britannia, il gangster movie sotto la Corona

by Roberto Johnny Bresso
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Roma, 4 feb – Si potrebbe parlare di “cruel britannia”, in effetti. Da sempre la storia del cinema ci ha affascinato con decine di film su gangster e malavita, in particolar modo provenienti dagli Stati Uniti (basti solo citare i capolavori di Martin Scorsese, tanto per limitarci ad un solo nome), ma anche in Europa abbiamo avuto opere notevoli, soprattutto provenienti dall’Inghilterra. Ed oggi ci occuperemo proprio di due pellicole che si sono rivelate spartiacque del genere.

I due film che ci fanno esclamare: “Cruel britannia”

Era il 1980 ed il Regno Unito era da poco entrato nell’epoca di Margaret Thatcher e da qualche anno era entrato a far parte della CEE, con conseguenti nuove opportunità di affari con l’Europa continentale. Ed è proprio in questo contesto che uscì al cinema quello che si sarebbe rivelato il capostipite del gangster movie britannico, vale a dire The Long Good Friday (bizzarramente uscito in Italia con ben tre titoli differenti: Quel lungo venerdì santo, Venerdì maledetto e Quel venerdì maledetto), diretto da John MacKenzie.

Come protagonista abbiamo Harold Shane, potente gangster londinese interpretato da quel magnifico attore che risponde al nome di Bob Hoskins (ce lo ricordiamo anche in Chi ha incastrato Roger Rabbit), che, approfittando delle nuove politiche di libero mercato, pensa di espandere i suoi affari di costruttore anche in ambito legale, cogliendo l’occasione della candidatura di Londra ai Giochi Olimpici. Per farsi aiutare in questo spera di coinvolgere come soci i membri di una potente famiglia mafiosa americana che invita a Londra per il weekend pasquale che dà il titolo alla pellicola. Peccato che Harold non abbia fatto i conti con un traditore nella sua organizzazione che porterà al coinvolgimento diretto dell’Esercito Repubblicano Irlandese, che inizierà a mietere vittime tra le persone a lui più vicine. Del resto la storia inizialmente aveva il titolo The Paddy Factor, vale a dire Il Fattore Irlandese che non era previsto nell’equazione e sconvolge tutti i piani. Tra i tanti pregi della pellicola senza dubito merita risalto l’introduzione in una storia di genere elementi politici e storici non banali, come appunto da un lato l’apertura all’Europa e dall’altro il dover fare i conti con lo storico nemico interno irlandese. Nonostante tutte queste premesse il film ebbe difficoltà di distribuzione in quanto abbastanza assurdamente accusato di glorificare l’IRA, rischiando quindi di dover subire tagli pesanti che ne avrebbero stravolto il senso. Per fortuna poi intervenne l’ex Beatles George Harrison che ne acquistò i diritti e ha consentito alla pellicola di avere la meritata fama, tanto da essere considerato uno dei migliori film britannici della storia. Da segnalare poi una sempre ispirata Helen Mirren nella parte della moglie del boss ed un Pierce Brosnan ad inizio carriera, spietato e silente sicario irlandese.

Passano vent’anni e si giunge al nuovo millennio: il Regno Unito torna a chiudersi in se stesso (ed infatti arriverà poi la Brexit…) e le politiche liberali della Thatcher alla lunga non hanno prodotto gli esiti sperati. E così anche per i criminali la vita è cambiata: chi è sopravvissuto ed è ancora nel giro ora pensa al mercato globale ed al nuovo commercio generato da internet, oppure è emigrato all’estero a godersi in pace ricchezza e famiglia. È proprio questo il caso di Gary ‘Gal’ Dove, un criminale in pensione che ora si gode abbronzatura e mare nel sud della Spagna insieme alla moglie DeeDee, una ex pornostar: stiamo parlando di Sexy Beast di Jonathan Glazer. Il film inizia sulle note di Peaches degli Stranglers e di un enorme masso che, staccandosi dalla cima di una collina, rischia di travolgere Gal (interpretato da Ray Winstone), che si sta godendo il sole in piscina. Il masso non è altro che la metafora della vera disgrazia che si sta per abbattere sulla sua esistenza: l’arrivo da Londra del suo vecchio amico e partner in crime Don Logan (un superlativo Ben Kingsley, che per questo ruolo si meritò una candidatura all’Oscar).

Don è un violento pazzo psicopatico, un dinosauro della vecchia scuola che non si è arreso al passare del tempo. Deve compiere un ultimo colpo per conto del suo boss londinese e deve assolutamente coinvolgere il suo vecchio amico. A differenza di The Long Good Friday, dove il protagonista bramava sempre più azione finendo per farsene travolgere, qui accade l’esatto opposto: Gal non ne vuole più sapere nulla della sua vecchia vita e cerca di sottrarsi in ogni modo all’inevitabile e ad un passato che ti viene sempre a cercare per quanto tu ne fugga distante. Gal e Don sono due personaggi così diversi eppure così complementari e chiunque veda questa storia non la dimentica facilmente, tanto che viene naturale chiedersi come si fosse sviluppato il loro assurdo rapporto. Ed ecco che finalmente in questi giorni ci viene in soccorso la serie tv dal titolo omonimo: vediamo quindi i due da ragazzi negli anni ’90 all’inizio del loro pericoloso sodalizio per le vie londinesi.

Insomma, se cercate un’alternativa alle storie di malavita americana o nostrana, ecco due titoli che vi possono senza dubbio regalare serate sì di adrenalina, ma anche ricche di dialoghi di alto livello. Magari da gustarvi con una bella pinta in mano.

Roberto Johnny Bresso

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