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Dalla “molecola della socialità” una speranza per l’autismo

by La Redazione
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anandamide-neurotransmitter-molecule-dr-mark-j-winterRoma, 26 nov – Una potenziale cura contro l’autismo arriva da uno studio focalizzato su una molecola nota come “molecola del piacere”, data la sua peculiarità di essere prodotta durante le relazioni sociali.

Anandamide, questo il nome dell’acido grasso endogeno che deriva dall’acido arachidonico e che è in grado di legarsi ai recettori dei cannabinoidi producendo effetti cerebrali sia centrali che periferici. Tra questi effetti prodotti, la modificazione dei livelli di umore e coscienza.
La scoperta derivata dallo studio portato avanti dall’Università della California e Irvine a guida di un professore italiano, Daniele Piomelli, e pubblicato sul Pnas (Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America), si basa su un assunto di partenza: ovvero che l’anandamide, il cui nome viene da una parola sanscrita che sta a significare ‘stato di grazia’ o ‘beatitudine’, ha la facoltà di dar vita a sensazioni piacevoli nel corso delle relazioni sociali. E questo grazie alla mediazione dell’ossitocina, nota anche come ormone dell’amore.
Quando si instaura una qualche relazione sociale l’anandamide viene prodotta in quantità maggiore aumentando il piacere di stare insieme. Ecco quindi che gli esperimenti portati avanti in laboratorio sui roditori dall’equipe dell’Università della California hanno dimostrato che alcuni farmaci sperimentali sono in grado di impedire la degradazione dell’anandamide nel cervello; risultato di questo, i roditori trattati con questi farmaci sperimentali palesano un maggiore piacere dalle interazioni e dallo stare insieme.
I campi di applicazione di questa scoperta, qualora dovesse essere verificata e confermata, sarebbero enormi e riguarderebbero soprattutto disturbi specifici, quali la fobia sociale e difetti di socialità in genere, oltre che l’autismo, patologia di cui si conosce ancora poco difficile da diagnosticare e per il quale non esiste ancora una cura.
Nel concreto si potrebbero approcciare con nuovi metodi terapeutici diverse patologie per le quali ad oggi la medicina non è in grado di fornire rimedi. Proprio come l’autismo, su cui si basa questa ricerca e al centro da tempo di diversi studi scientifici sperimentali.
Tra le potenziali sostanze che sono in fase di valutazione per tentare di contrastarlo c’è anche la cannabis. Le sue potenzialità curative sono state sempre più riconosciute negli ultimi anni, sopratutto in riferimento ad alcuni suoi principi attivi quali il cannabidiolo (CBD); per queste ragioni è in aumento l’ utilizzo di cannabis derivante dalla crescita di semi di CBD per contrastare tante altre malattie e per alleviare le sofferenze di chi è affetto da patologie gravi.
Ora anche l’anandamide va annoverata tra le potenziali sostanze da studiare per scoprirne gli effetti curativi; la molecola del piacere, questo il suo nome affascinante, in grado di innescare gli stessi recettori attivati proprio dalla marijuana. Da oggi rappresenta una speranza in più per le tante persone affette da autismo.

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1 commento

Riccardo Dri 3 Dicembre 2015 - 9:17

Ci risiamo! Scienziati che vogliono fare scienza grazie alla nostra ignoranza (ed è su questo che si basa il successo della scienza! Leggo (e commento punto per punto) questo articolo:

“Roma, 26 nov – Una potenziale cura contro l’autismo”
Cominciamo bene. Non c’è alcuna cura, e non perché sia incurabile, ma perché NON È UNA MALATTIA. L’autismo è una identità, che va conosciuta e rispettata. Nessuno ha il dovere di assomigliarci, e noi non abbiamo il diritto di volere che altri ci somiglino. L’aiuto non può venire dalla scienza, perché se il problema sono le relazioni sociali, proprio queste si basano sulla condivisione, e ciò che si condivide sono valori, non formule chimiche. L’uomo non si risolve nella chimica, come piacerebbe ai cultori delle scienze, che sono scienze solo perché foraggiate dall’industria (farmaceutica in tal caso) che della nostra salute non può importagliene di meno.
“arriva da uno studio focalizzato su una molecola nota come “molecola del piacere”, data la sua peculiarità di essere prodotta durante le relazioni sociali.”
Le relazioni sociali, come si vede, ridotte a relazioni chimiche, un disordine dello spirito che diventa disordine molecolare. Ma per carità …
“Anandamide, questo il nome dell’acido grasso endogeno che deriva dall’acido arachidonico e che è in grado di legarsi ai recettori dei cannabinoidi producendo effetti cerebrali sia centrali che periferici. Tra questi effetti prodotti, la modificazione dei livelli di umore e coscienza.”

Cocchi belli: la coscienza non è il cervello (e viceversa). Ve lo dice uno scienziato vostro collega che dovreste conoscere bene (Griesinger): -A che servirebbe se conoscessimo tutto ciò che accade nel cervello durante la sua attività, se potessimo penetrare tutti i processi chimici, elettrici e così via, fino all’ultimo dettaglio? Qualsiasi oscillazione e vibrazione, qualsiasi evento chimico e meccanico, non è mai uno stato d’animo, un’idea. Comunque vadano le cose, quest’enigma resterà insoluto fino alla fine dei tempi, e io credo che se oggi venisse un angelo dal cielo e ci spiegasse tutto, il nostro intelletto non sarebbe nemmeno capace di comprenderlo. (GRIESINGER W., Die Pathologie und Therapie der psychischen Krankheiten (1861) , Braunschweig, Stuttgart, 1876, p. 9.)-

Cannabinoidi. La nostra intolleranza alla realtà diventa tanto grande da suggerire agli stregoni (che vogliono cambiarci, in meglio che ben s’intende) di drogarci e, peggio, di drogare i bambini asserendo esplicitamente di voler modificare livelli di umore e di coscienza. Allora: vogliamo uomini o macchine? Gli uomini hanno anche dolori, difetti, tristezze, sbalzi di umore, manchevolezze. Se modifichiamo la capacità di soffrire, non modificheremo anche la capacità di gioire? La molecola che ci rende catatonici sarebbe un rimedio? Perché non accettiamo il fatto di essere uomini e che, perciò, andiamo incontro anche alla sofferenza nel nostro esistere? Perché stiamo ancora sognando paradisi che non esistono?
Il misconoscimento del dolore quale dato di natura da parte del cristianesimo ha causato da un lato l’incapacità degli uomini alla sua sopportazione, dall’altro l’ossessione per la guarigione. Ne risulta un uomo più debole, che cede facilmente sia fisicamente sia psichicamente. Ciò significa esposizione accentuata ai pericoli di una diminuita capacità di resistenza al dolore (proprio perché interpretato come evitabile) e, infine, significa inquietanti epiloghi di esistenze disabituate alla resistenza, e che proprio per questo cedono alla prima avversità (come dimostrano le cronache di ogni giorno, leggi: femminicidio).

“l’anandamide, il cui nome viene da una parola sanscrita che sta a significare ‘stato di grazia’ o ‘beatitudine’, ha la facoltà di dar vita a sensazioni piacevoli nel corso delle relazioni sociali. E questo grazie alla mediazione dell’ossitocina, nota anche come ormone dell’amore.”

Intanto l’ossitocina è l’ormone che provoca le contrazioni uterine per dare inizio al parto, e con l’eros ha poco a che vedere (se non per speculum et in aenigmate). E lo “stato di grazia” da voi invocato mi ricorda molto Bacone (altro vostro collega):
“Il seguito al peccato originale, l’uomo decadde dal suo stato di innocenza, e al suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze” (Instauration Magna, in Opere, B. Boringhieri, p. 795.) Ecco il passamano tra fede e scienza, che è la stessa cosa, a vostra insaputa.

“Quando si instaura una qualche relazione sociale l’anandamide viene prodotta in quantità maggiore aumentando il piacere di stare insieme. Ecco quindi che gli esperimenti portati avanti in laboratorio sui roditori dall’equipe dell’Università della California hanno dimostrato che alcuni farmaci sperimentali sono in grado di impedire la degradazione dell’anandamidenel cervello; risultato di questo, i roditori trattati con questi farmaci sperimentali palesano un maggiore piacere dalle interazioni e dallo stare insieme.”

Aha ha ha ha … lo stare assieme dei roditori è uguale allo stare assieme degli uomini? Ma questo è quanto dovrebbe essere dimostrato (petizione di principio), semmai, non il risultato di una ricerca. Aveva ragione Nietzsche che scriveva: “Se uno nasconde qualcosa dietro un cespuglio e poi lo ricerca e lo ritrova proprio lì, non c’è granché da lodare in questo ricercare e ritrovare; ma così stanno le cose con la ricerca e il ritrovamento della «verità» nell’ambito della ragione.”

“I campi di applicazione di questa scoperta, qualora dovesse essere verificata e confermata, sarebbero enormi e riguarderebbero soprattutto disturbi specifici, quali la fobia sociale e difetti di socialità in genere, oltre che l’autismo, patologia di cui si conosce ancora poco difficile da diagnosticare e per il quale non esiste ancora una cura.”

Certo, cari scienziati, che sapete poco (e meno male che, almeno questo, lo riconoscete). E la cura non la troverete mai, se cercate solo sotto i cespugli, perché essa NON ESISTE.

“Nel concreto si potrebbero approcciare con nuovi metodi terapeutici diverse patologie per le quali ad oggi la medicina non è in grado di fornire rimedi. Proprio come l’autismo, su cui si basa questa ricerca e al centro da tempo di diversi studi scientifici sperimentali.”

Bene: questi studi vi sono pagati dall’industria, di cui siete nel libro paga (uno stipendio qualcuno ve lo dovrà pur dare, o no?). Ma perché volete cambiarci a tutti i costi, senza che vi sia richiesto, addirittura drogandoci?

“Tra le potenziali sostanze che sono in fase di valutazione per tentare di contrastarlo c’è anche la cannabis.”

Ecco, appunto. La droga al posto dell’educazione. Certo: è molto più facile scrivere una ricetta che mettersi a parlare con un paziente!

“Ora anche l’anandamide va annoverata tra le potenziali sostanze da studiare per scoprirne gli effetti curativi; la molecola del piacere, questo il suo nome affascinante, in grado di innescare gli stessi recettori attivati proprio dalla marijuana.”

Appunto. Da curare non c’è nulla, e il fascino del piacere artificiale lo lasciamo a voi. Lasciateci in pace, e soprattutto lasciate in pace i bambini, che non sono topi da laboratorio da usare per i vostri orgasmi epistemologici.

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