Roma, 26 giu – Dopo la presentazione ufficiale avvenuta lo scorso 21 aprile alla presenza del Presidente della Repubblica e del Consiglio Supremo Difesa, il ministro Pinotti ha finalmente autorizzato la pubblicazione del nuovo “Libro Bianco”, atteso sin dall’anno scorso.
Questo documento fissa le direttive politiche e strategiche dell’organismo Difesa per almeno i prossimi 10 anni a venire il cui obiettivo è quello di “eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di funzioni, di razionalizzare gli organici e le competenze” delle Forze Armate affinché il modello operativo possa essere “profondamente e rapidamente innovato” per adeguarlo agli standard europei e per fronteggiare efficacemente le nuove minacce, rispettando, nel contempo, i vincoli di bilancio.
Bilancio che rappresenta il vero scoglio contro il quale rischia di infrangersi il piano programmatico, stante il fatto che, per quest’anno, alle Forze Armate sono stati devoluti 13,2 miliardi contro i 14,3 del 2010, ma già dall’anno prossimo scenderanno a 12,7. Di questi fondi il 73,3 per cento se ne va in stipendi, voce che nel 2010 copriva il 65,4% del bilancio ma che nel 2017 raggiungerà il 75,7%: nodo cruciale, quest’ultimo, che lo stesso “Libro Bianco” cercherà di dipanare.
Vengono affrontati diversi temi che ricoprono tutto l’ambito delle Difesa: dalle direttive geopolitiche al rinnovamento dell’organismo della Riserva passando per la formazione e la definizione dei nuovi sistemi d’arma necessari per perseguire e mantenere gli obiettivi prefissati dal “Libro Bianco”.
In particolare quello che risalta da questo piano programmatico, che possiamo considerare rivoluzionario, è la maggiore attenzione rivolta allo scacchiere euro-mediterraneo alla luce dei mutati scenari internazionali che vedono il riaffacciarsi di vecchie potenze “convenzionali” (la Russia) e l’emergere di nuove sia su scala globale che regionale (Cina e India), non dimenticando gli scenari di tipo asimmetrico che caratterizzano le aree di nostro interesse politico/commerciale: pensiamo al nord Africa, al medio oriente o a quanto succede nel Corno d’Africa attraversati in questi anni da profondi sconvolgimenti economici, politici e sociali che hanno generato nuovi fenomeni criminali e guerre civili. Tutte minacce che rendono la stabilità della macro regione mediterranea (intendendo con questo termine il Mediterraneo allargato) un passaggio vitale per l’interesse della nostra Nazione.
Oltre a questo viene ribadito il forte interesse dell’Italia verso l’area euro-atlantica che coincide con la sfera di sicurezza e la comunità rappresentata dagli Stati europei e nordamericani: questi difatti rappresentano uno spazio economico di notevole importanza con il 68% dell’import ed il 75% dell’export. Viene quindi ribadito una volta di più come questo rappresenti il fulcro degli interessi nazionali da preservare attraverso gli strumenti della NATO ma anche attraverso lo sviluppo di una progressiva integrazione delle difese dei Paesi europei.
Il “Libro Bianco” esorta quindi l’Italia ad assumere responsabilità maggiori e un ruolo di partecipante attivo allo sforzo della comunità internazionale per risolvere le varie situazioni di crisi che di volta in volta si sono andate sviluppando, e si svilupperanno, nelle varie aree geografiche di nostro interesse, definendo, finalmente, che non è possibile disgiungere la sicurezza della regione euro-atlantica da quella euro-mediterranea, considerate complementari ed essenziali.
Inoltre sono emerse nuove problematiche che dovranno essere affrontate, frutto dell’evoluzione delle metodologie dei conflitti: l’accesso da parte di formazioni terroristiche a tecnologie di tipo moderno, a comunicazioni di tipo strategico e a notevoli risorse finanziarie che permettono loro di ampliare i metodi e le possibilità di azione ed il nuovo scenario di “guerra cibernetica” e spaziale. Soprattutto viene sottolineata l’evidenza di un nuovo modello di minaccia che si pone a metà tra quella convenzionale ed asimmetrica in cui elementi di uno convivono nello stesso scenario e nello stesso tempo operativo con elementi dell’altro: in sostanza alterna attentatori suicidi a sistemi antiaerei sofisticati, attacchi “mordi e fuggi” e via discorrendo.
Ci interessa inoltre sottolineare come, tra le missioni che le Forze Armate dovranno sostenere in futuro, continui ad essere prevista la difesa di un attacco diretto al territorio nazionale o ai suoi beni, individuato come l’obiettivo primario dell’organismo Difesa. Sicuramente ha influito su questo punto il rinnovato scenario da “guerra fredda” che si è andato delineando ben prima della crisi ucraina, ovvero con il dispiegamento in Europa orientale dello scudo antimissile americano, ed il progressivo disimpegno degli US da alcuni scacchieri del globo, in particolar modo a cominciare dal Mediterraneo.
In quest’ottica viene ribadito che solo l’Alleanza Atlantica può assicurare una sufficiente capacità di deterrenza e difesa del territorio da un’eventuale minaccia di tipo convenzionale ed alla luce dei continui tagli al bilancio difesa, usato appunto, come detto nello stesso “Libro Bianco” come discriminante per ogni futuro spazio d’azione dell’organismo Difesa.
Ma un passo in avanti, almeno per quanto riguarda gli indirizzi strategici, è sicuramente stato fatto con l’indicazione che l’Italia deve essere pronta ad assumersi dirette responsabilità in risposta ad eventuali crisi nello scacchiere euro-mediterraneo arrivando anche ad avere l’onere di guidare, come nazione leader, eventuali operazioni militari ad alta intensità in quest’area. Forzatamente il nostro pensiero va alla Libia, così importante per i nostri interessi energetici e commerciali.
Da ultimo, nell’enorme mole di indicazioni fornite dal documento, ci interessa rimarcare la volontà di equiparare la ripartizione della spesa per le funzioni difesa agli standard europei, così come voluto dal “decreto Di Paola”, e l’introduzione di una nuova legge pluriennale sugli investimenti.
L’allocazione delle risorse, come citato prima, è difatti troppo sbilanciata verso il mantenimento del personale ed il “Libro Bianco” si prefigge di portare a compimento la riforma voluta dall’ammiraglio Di Paola che prevede la riduzione degli effettivi a 150 mila entro il 2024 ed una ripartizione dei fondi più in linea con quella degli altri Paesi: il modello 50-25-25, ovvero 50% per il personale, 25% per l’innovazione e 25% per il mantenimento. La nuova legge pluriennale sugli investimenti prevede una vera rivoluzione in ambito parlamentare in quanto garantirà il finanziamento dei maggiori programmi di acquisizione e ammodernamento delle Forze Armate restando fuori dal bilancio ordinario della Difesa avendo una durata complessiva di 6 anni da aggiornare ogni 3 anziché una durata di 5 anni come previsto sino ad ora.
Sostanzialmente questo documento, così a lungo atteso, ha il pregio di avere finalmente razionalizzato i “doppioni” nelle competenze dello strumento Difesa e, soprattutto, di avere individuato come nodo cruciale per gli interessi italiani l’area euro-mediterranea, così troppo a lungo dimenticata tanto da aver lasciato campo libero ad altre Nazioni (vedi Francia nella crisi libica). Il nostro unico motivo di preoccupazione resta il limite imposto dal bilancio per ogni futura azione relativa al comparto difesa, bilancio che continua costantemente ad essere tagliato e molto al di sotto rispetto a quello di altri paesi europei come la Francia (31,4 miliardi di euro) o la Germania che intende aumentare le spese per la difesa sino al 2% del Pil.
Paolo Mauri