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Un documentario Netflix racconta la vita di Szukalski, artista polacco visionario e nazionalista

by Ilaria Paoletti
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Roma, 6 gen – “Struggle: La vita e l’arte perduta di Szukalski è un documentario originale di Netflix che ci porta nella mente di uno dei grandi personaggi dell’ultimo secolo, Stanisław Szukalski. Nel 1968, il collezionista di cultura pop Glenn Bray si imbatte in un insolito libro con l’intero catalogo (sculture, progetti e disegni) di Szukalski. Bray non aveva mai sentito parlare del poliedrico artista polacco: mostra il libro alla sua cerchia di amici del mondo del fumetto artistico “underground”, tra cui Robert e Suzanne Williams e George DiCaprio (padre di Leonardo DiCaprio, tra i produttori del documentario). Immediatamente, essi trovano nell’arte del polacco “dimenticato” una visione molto in anticipo sui tempi, nonostante le sue opere risalissero agli anni venti e trenta del secolo scorso.

Qualche anno dopo Bray nota un insolito poster raffigurante Copernico sul muro di una piccola libreria di Tarzana, in California – qualcosa che riconosce immediatamente come opera di Szukalski – il libraio lo informa che l’artista stesso gli aveva dato il poster come regalo: in realtà, viveva nelle vicinanze. Bray non può crederci – questo genio dimenticato dal tempo era ancora vivo, e viveva a pochi passi da lui. Una volta andatolo a visitare, nascerà una grande amicizia, seppur improbabile, tra un grande artista degli anni trenta e la cerchia di hippie americani. Quello che questi ultimi non sanno, però, ma che scopriranno con sgomento, è che Szukalski nasconde un segreto “politicamente scorretto”: negli anni fa avanti e indietro tra Europa e l’America bohémienne, eccelle e viene riconosciuto come genio su entrambe le sponde.

Visionario, eclettico, l’artista torna in Polonia negli anni trenta e fonda un movimento nazionalista che crei e dia forma ad un arte nazionale polacca, riprendendo e rielaborando soggetti, leggende epiche ed eroi della tradizione slava, in contrapposizione alla cultura cattolica. Fonda insieme ad altri giovani artisti polacchi la “tribù dei cuori cornuti” con i quali scrive e distribuisce una rivista, “Krak”, frequentemente schierata contro il comunismo e la “minaccia ebrea”.

Quando la Germania invade la Polonia, l’intera opera della sua vita viene distrutta: è costretto a scappare di nuovo in America e a vivere in un regime di quasi totale povertà. Inaspettatamente, anni dopo, sarà un gruppo di sgangherati figli dei fiori ad accoglierlo e a far vivere una seconda giovinezza a questo incredibile artista (che adesso è diventato un simbolo del movimento nazionalista polacco) che si è definito, fino alla fine, “un patriota senza una patria”, avendo di nuovo perduto la sua nazione sotto il giogo dei sovietici. Una mente gigantesca che ha attraversato un secolo di storia senza privarsi di una sola singola avventura.

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RAZZA Claudio 6 Gennaio 2019 - 1:58

Tutto bello, ma una cosa dobbiamo metabolizzare, la grande madre Russa, non è più quella di una volta, neppure il suo grande présidente, Vladimir Putin lo e, faremmo bene ad essere più vicini ha loro, che ha questa europa di ladri e dittatori. Salvini e c., sono anche loro servi del’ue. ?

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