Roma, 10 mar – I libri di letteratura inglese riportano nella loro poesia del 1900 i cosiddetti “war poets”. Giovani poeti e scrittori che trovarono la morte nelle trincee in Europa lasciarono i loro immortali versi ai posteri tra condanne alla guerra o, al contrario, la sua esaltazione. Vittorio Locchi era uno di loro, ma italiano.
L’amante della letteratura
Vittorio Locchi nacque l’8 marzo 1889 a Figline Valdarno, vicino a Firenze. Il padre morì tre mesi prima in una rissa e Locchi crebbe con la madre Maria e il fratello. Al tempo, le scuole erano molto diverse da quelle di oggi, i professori avevano una spiccata sinergia nell’insegnare la propria materia.
Il professore di italiano e letteratura di Locchi la vide lunga sulla carriera del futuro eroe. Carducciano di impronta, il docente gli consigliò di frequentare il liceo classico ma la madre lo obbligò a intraprendere gli studi tecnici. Da studente di ragioneria, Vittorio Locchi entrerà in contatto con gli ideali nazionalisti dell’epoca e lavorerà come giornalista presso la redazione de “L’Idea studentesca”.
Drammaturgo interventista
Nel 1910, Vittorio Locchi vinse un concorso come impiegato postale e si trasferì a Venezia. Ivi dimostrò le sue innate doti di sedulo lavoratore e venne promosso prima a capo d’ufficio poi ad ispettore. A Venezia frequentò la Ca’ Foscari per seguire i corsi di lingua e letteratura straniera e fu uno dei fondatori de La Tavolissima, un cenacolo di amanti di arti figurative e letteratura.
A Venezia, poi, compose moltissime opere drammatiche come la commedia “La notte di Natale” o il dramma medievale “L’uragano”. Sempre in ambiente lagunare, Locchi scrisse la sua prima raccolta in versi intitolata “Le canzoni del Giacchio” che ottennero un’ottima critica.
A fianco, tuttavia, della produzione letteraria, divenne famoso per i suoi caldi discorsi di tema interventista. La sua era una retorica semplice ma mirata, in grado di infiammare gli spiriti dei giovani veneziani. Del resto, Vittorio Locchi era un grande estimatore di Gabriele D’Annunzio che seguì assiduamente e lo consacrò come suo maestro di vita e di retorica.
Scrittore in trincea
Il 25 maggio non attese ulteriori chiamate, Vittorio Locchi si arruolò con la 12° divisione fanteria come addetto al servizio postale. Fu sempre presente in prima linea anche se non armato per infondere spirito patriottico nei suoi compagni.
Durante questo periodo, scrisse molte composizioni tra cui “La sagra di Santa Gorizia” scritta dopo la conquista della città o “La sveglia” di intonazione carducciana e anti – austriaca.
Vittorio Locchi morirà il 15 febbraio 1917, nell’affondamento del piroscafo Minas silurato a Capo Matapan.
Breve tratto da “La sveglia”:
Principe, è l’ora! déstati nel letto
di fango: alza la testa sulla fossa;
senti, le trombe suonan su l’Isonzo.
Giunge l’Italia: il popolo reietto
viene, senza chitarre, a suon di bronzo;
principe, in piedi: è giunta la riscossa.
Tommaso Lunardi
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