Roma, 9 mar – “Non si può comprendere l’Italia senza vedere la Sicilia, la Sicilia è la chiave di tutto”. Diceva così J.W. Goethe in seguito al suo viaggio in Italia e ancora oggi tale aforisma resta valido per comprendere il fenomeno italiano, amplificato nell’isola per eccellenza. Occorre anzitutto una premessa, la Sicilia non è una semplice espressione geografica, è l’estrema rappresentazione del fondersi di culture diverse nel corso dei secoli e il fenomeno siciliano non è comprensibile se non vivendolo. La Sicilia, a dispetto della narrazione scanzonata del governatore Crocetta, vive oggi il periodo più difficile degli ultimi decenni, costantemente minacciata dallo scoppiare di bombe sociali, dallo storico problema lavorativo al recente caso assistenza disabili. La regione Siciliana è tornata alla ribalta delle cronache nazionali per la mancata assistenza ai disabili, caso che ha suscitato un clamore mediatico inversamente proporzionale alle risposte da parte del governo. L’assessore alle politiche sociali si è così reso protagonista di una lectio magistralis in diretta televisiva sulla politica siciliana: ha chiesto a due fratelli tetraplegici senza assistenza di aiutarlo ad essere rieletto, cercando di limitare il danno di immagine creato dalla vicenda. Se non fosse la terra definita da Pietrangelo Buttafuoco come “buttanissima” verrebbe da stupirsi, ma chi si è realmente stupito vedendo il vero volto della politica sicula?
Il più grave problema dell’isola è la continua diaspora dei suoi abitanti, che oggi più che mai fuggono dalla Sicilia in cerca di un futuro che non riescono ad intravedere nella terra natìa. La Sicilia diviene così per i siciliani ciò che la natura rappresentava per Leopardi, una madre maligna che mette al mondo i suoi figli e li costringe a fuggire per cercare fortuna altrove. Tuttavia lo spopolamento, sebbene oggi sia accentuato, non è un fenomeno recente a causa della cronica inerzia della politica siciliana che non si è mai sforzata di dare risposte ai suoi cittadini, ma solo risposte al suo portafogli. E’ sbagliato, oltre che riduttivo, dare la colpa di tutti i mali della Sicilia alla politica: è anzitutto il popolo siciliano la causa dei suoi mali, essendo la politica la pura espressione del popolo stesso. I siciliani col passare degli anni si sono assuefatti allo stato delle cose al punto da accettarlo come irreversibile, incapaci di comprendere la miseria dei suoi rappresentanti e di indignarsi per le cose serie. E’ così che la narrazione crocettiana lancia la sua battaglia contro i vitalizi all’Arena di Giletti, problema sì reale, ma assolutamente secondario e di facciata, utile solo a chi vuole nascondere il cadavere indicando un batuffolo di polvere. La narrazione crocettiana assume così toni fantastici quando lo stesso narra una Sicilia che non c’è, per poi cadere dalle nuvole quando Le Iene gli fanno presente che dal 2014 ad oggi non sia stato speso neanche un euro dei fondi europei disponibili, per la somma totale di 1,9 miliardi sprecati. Il Pirgopolinice Crocetta evidentemente era troppo impegnato a cambiare i suoi assessori come figurine per accorgersi di un bando europeo scaduto senza far rumore, ma è noto, nella buttanissima Sicilia tutto è possibile, anche non investire un euro in una regione dove per percorrere 200 km in treno occorrono otto ore.
La Sicilia, malgrado tutto, resta l’Isola che meglio… pardon, peggio esprime e amplifica il fenomeno italiano rendendosi protagonista anche di nuove idee quali le primarie del sedicente centrodestra. Ad Ottobre infatti si voterà per rinnovare il parlamento siciliano e tutti i partiti stanno studiando le mosse degli avversari, concentrandosi sul mantenimento del proprio orticello elettorale anziché riportare al centro dell’attenzione i tantissimi siciliani allergici alle consultazioni elettorali. Il centrodestra notoriamente diviso, cerca unità nelle primarie sebbene queste fissate per il 23 Aprile si siano prematuramente arenate per mano dei verdiniani e dei “moderati” di Sicilia, braccio armato di personaggi di ben altro peso, che rifiutano i pupi vistuti e cercano un candidato di sintesi in grado di non danneggiare nessuno. Tra gli sfidanti dell’uscente Crocetta c’è paradossalmente poco fermento, tra questi spicca il presidente della commissione antimafia Nello Musumeci che forte del suo movimento Diventerà Bellissima ha già lanciato la sfida al grido di “5 anni e poi tutti a casa” perché a suo dire, non si può cambiare la Sicilia pensando solo a mantenere il consenso ed è necessario colpire i gruppi di potere per poter fare riforme strutturali utili alle future generazioni. Musumeci è stato – casualmente – colpito dalla cosiddetta macchina del fango nelle scorse settimane e da quella che lui stesso ha definito la “mafia dell’antimafia”, intesa come il gruppo di potere che sfruttando l’etichetta dell’antimafia gestisce il potere con metodi di stampo mafioso.
E’ difficile, se non impossibile, prevedere cosa diverrà la Sicilia da qui ai prossimi anni, ma una cosa è certa, il popolo siciliano ha dimenticato l’importanza dell’uso delle “armi”, rappresentate da Paolo Borsellino nelle matite elettorali, “più pericolose di una lupara e più affilate di un coltello”. Come può un popolo bistrattato disertare le urne anziché riempirle per cacciare i suoi carnefici?
Claudio Perconte