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Vita avventurosa di Furio Drago, legionario fiumano e fascista “mazziniano”

by La Redazione
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Furio Drago legionario fiumano fascistaRoma, 12 lug – Vi racconto una storia, che da qualche giorno mi sta molto “prendendo”, e spero piaccia e interessi anche voi. Tutto nasce per caso. Leggendo un libro che parla di origini del fascismo a Genova, trovo questo brano di una corrispondenza da Fiume: “Nel salone eravamo quattro genovesi: c’era Mario Maria Martini, Giuseppe Conzini e un giovane legionario, Furio Drago”. L’ultimo è un nome che ha un che di misterioso e avventuroso insieme, tanto che penso ad uno pseudonimo. Faccio, perciò, una breve ricerca in rete: non c’è una biografia, ma notizie sparse qua e là, con sviluppi imprevisti, anche se assolutamente non “conclusivi”. Le fonti che ho trovato, fino a questo punto, sono: l’introduzione di Nico Naldini a “Il porto dell’amore” di Comisso, un ricordo della nonna (la moglie di Drago) ad opera della nipote, la pittrice e scultrice Antonella Iurilli Duhamel, una recensione di Giancarlo Calciolari del libro di Drago “Passi e voli del deserto” (di cui dirò) in occasione della ristampa ad opera di Transfinito, e uno stralcio di “L’Aeronautica italiana” di Paolo Ferrari.

Vediamo di fare il punto. Furio Drago a 19 ( o 17 ?) anni è a Fiume, dove si lega di amicizia, tra gli altri, a Guido Keller e ne condivide la passione per il volo; è di origine patrizia (probabilmente) e “ha inciso in sé il carattere di un feroce guerriero e anni dopo parteciperà ai massacri della guerra di Spagna” (Naldini). Questa storia della Spagna resta, in verità,  un po’ misteriosa: Calciolari scrive: “inviato in missione dopo la guerra, è abbattuto nei cieli di Spagna” (e, se è “dopo la guerra”, non si capisce come e perché); secondo Ferrari: “muore nella guerra di Spagna, dove era andato volontario con i fascisti” (e anche questo non sembra vero, per quello che dirò in seguito) la nipote invece, più genericamente: “…di lì a poco (dopo la morte di Balbo a Tobruk, ndr) anche mio nonno perse la vita pilotando il suo aereo”. C’è poi la storia della sua amicizia e collaborazione con Balbo, iniziata (forse) proprio nel periodo della vigilia fascista: Drago, repubblicano e mazziniano, oltre che cugino in secondo grado dello stesso Mazzini, entra a far parte del ristretto gruppo dei collaboratori-amici del ras ferrarese. Sposerà poi una sua segretaria (di modeste origini, due volte vedova, nonostante la giovane età, con due figlie piccole…e anche questo mi sembra una bella sfida alle convenzioni dell’epoca) e da lei avrà una figlia, Furia, nata mentre la madre è in viaggio verso l’Africa, a seguito di Balbo, durante una sosta forzata in un paesino calabrese, Belmonte Calabro.

Il nostro, inoltre, prima di seguire Balbo, è già stato in missione nel Nordafrica nel 1928, per sedare focolai di rivolta locali, rimanendo fortemente  affascinato dall’ambiente, dalla gente, dalla cultura. Ne scriverà nel suo libro “Passi e voli sul deserto” (troppo facile pensare a Saint Exupery): in Africa rimarrà, nell’entourage balbiano, mentre coltiva una bella amicizia con Sibilla Aleramo e traduce, insieme a Margherita Besozzi Keller, sorella di Guido, l’autobiografia dell’asso dell’aviazione tedesca, Il Barone Rosso. Qualcosa di misterioso c’è anche nella testimonianza della nipote, secondo la quale egli sarebbe stato coinvolto in manovre per cercare di evitare l’entrata in guerra dell’Italia, e, soprattutto, non convinto dell’accidentalità dell’abbattimento di Tobruk, avrebbe avuto anche contatti con ambienti dello spionaggio inglese. Storia tutta da verificare: di certo c’è invece che la moglie e le figlie, dopo la liberazione, vengono incarcerate al castello Sforzesco, rapate e picchiate come “fasciste”. Insomma, un personaggio certamente fuori dal comune, del quale sarebbe interessante  sapere di più: fascista sicuramente, dagli inizi e fino alla fine,  contraddice –come tanti altri- il logoro stereotipo del fascista manesco e ignorante, con tratti da avventuriero che lo collegano a certa tradizione europea tra le due guerre.

Leggiamo due righe del suo libro: “Sono rimasto a Cirene diversi giorni e poi sono partito verso la Marmarica con una grossa carovana. Il lungo viaggio carovaniero mi dava una tremenda sensazione di lentezza, mi sembrava che il tempo subisse un ritardo inquietante…..Solo, come deve essere l’uomo capace di grande fatica, sull’alto della montagna, ho scrutato avidamente ed intensamente la pietra del Gebel per saggiare se fosse ferrigna, come quando cercavo le piriti bionde nelle valli delle Ande, ma la roccia non nascondeva metallo, e neppure fosforite”. Il volume, nella edizione originale è disponibile solo in una libreria francese (a un prezzo nemmeno esagerato)…ma è stato ristampato in una recente edizione curata con affetto dalla nipote di cui ho detto. Chiudo (per ora) con una frase tratta proprio da lì: “Gli uomini diventano fatalmente simili alla vita che conducono”…e mi sembra indiscutibilmente vero, nel bene o nel male.

Giacinto Reale

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1 commento

Matteo 13 Luglio 2016 - 11:15

ce n’è tanta di gente così nella storia d’Italia! Affascinanti, coraggiosi, controversi e dimenticati. Il più delle volte basta una ricerca nel proprio albero genealogico per conoscere uomini che hanno vissuto mirabolanti avventure. Se fossi “Ministro della Gioventù” farei ponti d’oro a chi vuole ottenere “fogli matricolari” o informazioni sui propri antenati che hanno servito la Patria….

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