Roma, 13 dic – Gli Usa contro Israele? Calma e gesso, chiaramente. I due super alleati restano alleati, ma qualche scricchiolio c’è. Motivato da questioni di relazioni internazionali e forse perfino interne alla politica statunitense.
Usa, le critiche a Israele
Come riporta l’Ansa, Joe Biden è in una fase complicata delle relazioni con Benyamin Netanyahu, il quale non ha alcuna intenzione di fermarsi nella guerra senza freni sulla Striscia di Gaza. Il presidente americano, certamente, non ha risparmiato critiche, le solite, ad Hamas, la quale “non vuole la soluzione a due Stati”, ma ha picchiettato anche Tel Aviv che, a suo giudizio, “sta perdendo il sostegno del mondo”. Ci sarebbe da aggiungere che forse questo “sostegno” sia sempre stato limitato alla sfera occidentale a guida Washington, ma in questa sede ci interessa anche poco ribadirlo.
Mentre l’Assemblea generale dell’Onu – per quello che può valere, sia chiaro – vota una nuova risoluzione per un cessate il fuoco nella Striscia, Biden, nel contesto dell’evento elettorale a Washington dove ha parlato, bolla addirittura il governo di Tel Aviv come “il più conservatore nella storia di Israele”, con accezione tipicamente negativa in salsa democratica. “Parole, parole, parole”, cantava Patty Pravo, e probabilmente è così. Ma è proprio il contesto in cui l’inquilino della Casa Bianca ha espresso le critiche all’alleato di ferro che, forse, ci dice qualcosa di più.
Cosa c’è dietro?
Le affermazioni di Biden si inquadrano nella consapevolezza della estrema delicatezza che riveste la questione mediorientale, nei difficli rapporti con l’Iran, nei giorni scorsi piuttosto severo nei confronti della benevolenza statunitense, ma anche in una questione abbastanza semplice: il 2024 è l’anno delle elezioni presidenziali. E i dem sono consapevoli che una politica eccessivamente incendiaria potrebbe nuocere alle urne. L’ambiente elettorale è quello che è, intriso di contenuti spesso superficiali sul pacifismo e sulla tolleranza, e incendiare ulteriormente gli animi non è molto conveniente, a ormai meno di un anno dal voto. Difficile che nel contesto di un evento dedicato proprio a chi segna le schede si possano affermare cose diverse. Insomma, agli Usa democratici conviene mantenere le acque più tranquille del solito, anche alla luce del “doppio fronte” tra Medio Oriente e Ucraina in cui già fatica a barcamenarsi, nonostante l’approvazione di altri aiuti a Kiev per 200 milioni di dollari.
Alberto Celletti