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Gaza, Yemen, Pakistan: i “tre fronti” della guerra in Medio Oriente

by Stelio Fergola
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Medio Oriente tre fronti

Roma, 18 gen – L’ultimo aggiornamento non lascia ben sperare per una pace in Medio Oriente che si allontana sempre più: è la risposta del Pakistan agli attacchi dell’Iran, a seguito di un’azione, quella di Teheran, che dai molti poteva essere interpretata come almeno parzialmente “teatrale” e utile allo scopo di mettere pressione sia agli Stati Uniti che a Israele. Se così è stato, allora le conseguenze hanno almeno in parte tradito le attese.

Medio Oriente, la risposta del Pakistan a Teheran

Come riporta l’Ansa, gli attacchi pakistani di stamattina contro Saravan, in Iran, nella provincia sudorientale del Sistan e del Baluchistan, hanno prodotto la morte di quattro bambini e tre donne.Islamabad ha confermato l’azione militare con queste parole: “Abbiamo condotto attacchi contro gruppi militanti anti-pakistani all’interno dell’Iran”. Una risposta netta all’attacco di due giorni fa di Teheran in territorio pakistano contro quelli che aveva definito “obiettivi terroristici”. Secondo il ministero degli Affari esteri pakistano, come riportano i media locali, i raid di stamattina sono “attacchi militari di precisione altamente coordinati e specificamente mirati contro i nascondigli dei terroristi”. Inoltre, “l’azione di questa mattina è stata intrapresa alla luce di informazioni credibili riguardanti imminenti attività terroristiche su larga scala da parte dei cosiddetti Sarmachar”. E infine: “Un certo numero di terroristi sono stati uccisi durante l’operazione d’intelligence denominata in codice ‘Marg Bar Sarmachar'”.

Almeno altri due fronti in corso

Dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas a Israele, l’escalation in Medio Oriente si può considerare addirittura “veloce”: per coinvolgimento di attori in campo, per estensione geografica, e anche per intensità degli scontri militari. In questa speciale e non esattamente placida “classifica”, chiaramente a primeggiare resta il conflitto a Gaza, incomparabile sia con i raid angloamericani contro gli Houthi in Yemen che con i botta e risposta tra Teheran e Islamabad. Le altre due fonti di scontro, tuttavia, hanno intensifcato la loro portata e hanno portato la guerra obiettivamente su un livello superiore. Uno scenario in cui nessuno e tutti sono responsabili dell’allargamento, visto che la stessa Washington che ieri ammoniva sull’instabilità dell’area a causa dell’intervento iraniano a sua volta aveva provocato l’escalation in Yemen, così come Israele rischia – per il momento in modo localizzato – di far esplodere la situazione in Cisgiordania a livelli non così dissimili dai drammi che si stanno registrando quotidianamente a Gaza. Una polveriera da cui non sarà facile uscire per nessuno.  Da parte vaticana, aggiungendo la situazione ucraina, si parla da tempo di “guerra mondiale a pezzi”: una definizione forse esagerata, dal momento che le conseguenze degli scontri non sono minimamente paragonabili – per ora – a quelle di un vero conflitto mondiale come quelli che l’umanità ha conosciuto nel secolo scorso, ma comunque utile a comprendere le dinamiche in corso.

Stelio Fergola

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