Roma, 24 feb – Le elezioni tedesche hanno mandato un segnale forte e inequivocabile: in Germania il popolo ha rigettato le politiche fallimentari della “coalizione semaforo” e chiede un cambiamento. Ma quale? Il voto segnala la crescente insofferenza verso l’immigrazione di massa e il declino economico, dall’altro la geografia politica emersa dalle urne dimostra che il sistema è ancora strutturato per impedire un vero riallineamento in chiave sovranista ed europea di Berlino.
La Germania e il paradosso AfD
Inutile negarlo: è successo di nuovo. Il partito che tutti le principali forze di sinistra hanno contribuito a combattere mediaticamente ha avuto un successo senza precedenti. L’accusa di “nazismo” non basta più, a dimostrazione ancora una volta di quanto certi tabù devono e possono essere rotti. L’AfD ha saputo capitalizzare la rabbia popolare contro l’immigrazione incontrollata e l’insicurezza sociale, riuscendo a imporsi come forza dirompente nel panorama politico tedesco. In più, il recente voto congiunto con la CDU per il restringimento delle politiche migratorie ha dimostrato che può esistere una base concreta su cui costruire l’alternativa al blocco globalista che domina Bruxelles e Berlino. Tuttavia, la vera natura dell’AfD resta ambigua: il partito pur presentandosi come difensore della sovranità nazionale, mostra preoccupanti legami con il Cremlino, con Tel Aviv e con l’agenda destabilizzatrice russo-americana, che mira per convergenza d’interessi a impedire la rinascita di un’Europa indipendente e potente. La sua posizione di opposizione permanente, simile a quella dei Cinque Stelle in Italia, rischia di trasformarlo in un utile strumento per chi vuole tenere la Germania – e con essa l’Europa – in uno stato di instabilità e debolezza strutturale. Alternative für Deutschland è un partito che mescola un liberalismo economico radicale con politiche di welfare selettivo, che ricordano più la logica assistenzialista dei movimenti populisti “mediterranei” (gli odiati “PIGS”) che un autentico progetto conservatore e identitario per la Germania. La sua adesione fanatica all’agenda woke in ambito sociale – dalla propaganda LGBT+ militante al sostegno incondizionato a Israele e a Netanyahu – lo rende più simile a una variante radicalizzata della FDP che a una forza realmente alternativa all’establishment.
Un governo CDU-AfD: uno strappo necessario?
L’unico scenario che potrebbe davvero segnare un cambio di paradigma è quello di un’alleanza tra CDU e AfD, in cui quest’ultima serva più come detonatore del sistema che come forza realmente dirigente. Una tale coalizione sconvolgerebbe gli equilibri politici tedeschi ed europei, poiché coinvolgerebbe due delle tre grandi famiglie politiche di Bruxelles (popolari e liberali), isolando i socialisti e spostando il baricentro dell’UE verso un’ottica più pragmatica e sovranista. In questo schema, l’AfD non otterrebbe ministeri chiave, evitando così il rischio che le sue posizioni più dannose possano influenzare il governo. Tuttavia, il suo coinvolgimento obbligherebbe la CDU a un riposizionamento netto sul tema dell’immigrazione, della sovranità energetica e della sicurezza interna, temi oggi soffocati dall’ideologia progressista dominante. Inoltre, ciò limiterebbe l’AfD nella sua funzione di “partito della protesta” al servizio di interessi esterni, rendendola meno utile ai suoi “sponsor”. Mettiamo le mani avanti: è molto difficile che questo scenario si realizzi. La CDU è ancora troppo ancorata ai vecchi schemi della Merkel e l’AfD mantenuta all’opposizione continuerà a essere usata come spauracchio per consolidare l’attuale assetto di potere. Ma se la Germania vuole davvero rialzarsi, questa è la direzione da seguire: un’alleanza che spezzi l’attuale equilibrio e imponga una revisione dell’architettura politica europea.
Un segnale per l’Europa
Il segnale per l’Europa balza agli occhi: c’è bisogno di un cambio di rotta e la Germania ne è il perno centrale. Le forze conservatrici devono abbandonare la paura e costruire un blocco politico che metta al primo posto la sovranità europea, la difesa delle economie nazionali e la sicurezza dei cittadini. Per farlo, serve una visione strategica chiara: né sottomissione all’atlantismo, né cedimento alla strategia destabilizzatrice di Mosca. Il voto tedesco ha dimostrato che la volontà di cambiamento esiste, almeno sulle irricevibili agende green e progressiste. Compito delle forze politiche capire se vogliono guidare questo cambiamento o subirlo. L’AfD, se correttamente incanalata, potrebbe essere il pretesto per una nuova era politica. Se invece sarà lasciata all’opposizione a fare danni allora sarà chiaro che l’asse russo-americano ha vinto ancora una volta la partita contro l’Europa.
Sergio Filacchioni