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Golf: la magia della Ryder Cup

by Roberto Johnny Bresso
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Ryder Cup golf

Roma, 7 ott – Settimana scorsa si è svolta a Roma (per la precisione al Marco Simone Golf and Country Club di Guidonia) la 44ª edizione della Ryder Cup, il torneo di golf più famoso al mondo. Un evento che trascende il concetto stesso di golf, tanto che, dopo Mondiali di calcio ed Olimpiadi estive, è il terzo evento sportivo più seguito al mondo. La Ryder Cup assomiglia più ad una finale di Champions League che all’idea che un profano ha del golf: il tifo è indiavolato e spesso, soprattutto quando si gioca in casa degli statunitensi, si trascende anche quel senso di rispetto che si dovrebbe sempre mantenere. Dimentichiamoci quindi l’idea di uno sport per ricchi annoiati, soprattutto nel mondo anglosassone il golf è una cosa del popolo, come quando nacque tra i pastori delle highlands scozzesi.

Il fascino della Ryder Cup

Ma come si è arrivati a creare un evento di simile portata? Storicamente le più grandi competizioni sportive non sono state ideate da grandi atleti: Pierre de Coubertin era un pedagogista ed uno storico ed inventò le Olimpiadi, mentre Jules Rimet, che creò i Mondiali di calcio, era un dirigente calcistico. Non fa eccezione Samuel Ryder, che è stato un mercante di spezie britannico che si appassionò al golf dopo i 50 anni. Negli anni ’20 del Novecento ebbe l’idea di creare una competizione a squadre per il golf (tradizionalmente sport individuale) per stabilire chi fosse più forte tra USA e Regno Unito. Fu così che nel 1927, a Worcester in Massachusetts, si disputò la prima edizione della Ryder Cup, vinta nettamente dagli Stati Uniti. Fino al 1971 il dominio degli statunitensi fu netto, con i britannici in grado di imporsi solo in tre occasioni (il torneo si disputa ogni due anni e venne cancellato a causa della guerra dal 1939 al 1945). Dal 1973 la formazione europea venne allargata anche all’Irlanda, ma senza che nelle successive tre edizioni la supremazia americana venisse scalfita in alcun modo. Furono gli stessi americani (in particolare il grande Jack Nicklaus) a spingere affinchè fosse creata una formazione estesa a tutta l’Europa, in grado così di dar vita ad una competizione più combattuta, quando notò che l’interesse stava scemando tra gli appassionati. Fu la fortuna della Ryder: dopo altre tre esperienze sfortunate, finalmente nel 1985 il successo arrise agli europei, facendo così crescere di anno in anno l’interesse del pubblico e dei media, tanto che i biglietti per assistere alla competizione in prima persona vengono sempre polverizzati in un batter d’occhio e non di rado si assiste a clima da stadio abbastanza inusuale per i campi da golf. Nel 2001 la competizione venne posticipata di un anno a causa dell’attentato dell’11 settembre, quindi dal 2002 la Ryder si disputò negli anni pari, prima che il Covid nel 2020 fece slittare la gara di un anno, per tornare quindi ai tradizionali anni dispari.

Regole

Le squadre sono composte da dodici giocatori per parte, guidati da due Capitani non giocatori e da cinque Vice Capitani. I golfisti si alternano in gare in doppio (il venerdì ed il sabato) ed in singolo (la domenica) ed ogni partita regala un punto a chi la vince e mezzo punto a chi la pareggia. In caso di pareggio finale la Coppa rimane ai detentori in carica. L’edizione romana è stata tra le meglio riuscite, portando oltre 50 mila spettatori al giorno, provenienti da ogni parte del mondo. A trionfare in campo è stata la compagine europea, guidata dal Capitano inglese Luke Donald, affiancato anche da due italiani, i fratelli Francesco ed Edoardo Molinari.

È cosa ardua e spesso inutile cercare di fare ragionamenti politici parlando di un evento sportivo, ma mai come nella Ryder Cup forse ha senso trarre qualche considerazione che esuli da ciò che si vede in campo. L’Europa, innanzi tutto, rappresenta tutto il continente e non è certo come l’Unione Europea di Bruxelles, pure se qualche nostro politicante, ignorante di golf (e non solo…) ha provato a farne un paragone per tirare l’acqua al proprio mulino. Infatti da sempre gli europei hanno uno spogliatoio molto più unito e combattono da vera squadra, pur provenendo da nazioni differenti, mentre paradossalmente gli statunitensi, che in teoria arriverebbero da una nazione unica, si comportano in maniera molto più individualista ed a Roma la cosa si è vista ancora con maggior forza, con uno spogliatoio letteralmente spaccato in due, con parte della della squadra che si è rifiutata di indossare il cappello ufficiale perchè chiedeva di essere pagata per disputare il trofeo. Sì, perchè alla Ryder Cup non si viene pagati: è un principio che regge da sempre, perchè si gioca solo per lo Spirit of the Game. E poi francamente non è che i golfisti siano esattamente una categoria sottopagata, anche perchè la presenza all’evento garantisce essa stessa visibilità e possibilità di nuove sponsorizzazioni.

Altra piacevole sorpresa è il fatto che finalmente in Italia un evento sportivo sia stato organizzato alla perfezione, a dimostrazione che siamo benissimo in grado di essere ancora una nazione di successo, quando lo vogliamo. Certo, fino a giovedì di questa settimana, perchè forse tutto era andato fin troppo bene, così la tribuna principale è andata distrutta da un misterioso incendio, per fortuna senza feriti. Adesso l’appuntamento per la rivincita è fissato negli Stati Uniti nel 2025.

Roberto Johnny Bresso

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