Berlino, 29 giu – Da falco a colomba, in meno di ventiquattr’ore? Il drastico uno-due di Tsipras -prima l’abbandono delle trattative di fronte alle condizioni-capestro poste dall’Europa, poi l’introduzione di controlli sui capitali in Grecia- non rimane senza effetti e sembrare porta a più miti consigli i protagonisti del muro contro muro.
Dopo le dichiarazioni del commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, che si augura che il negoziato riprenda, scende in campo addirittura Angela Merkel. E lo fa non nascondendo la propria grande preoccupazione per ciò che sta accadendo.
“Se fallisce l’euro fallisce l’Europa“, ha dichiarato la cancelliera. Non ci sono quindi camere di compensazione capaci di sopportare l’uscita dalla moneta unica di un paese pur piccolo come la Grecia. La preoccupazione per una possibile Grexit è tale che il primo ministro di Germania apre una nuova linea di credito nei confronti del paese ellenico: “Siamo disponibili a trattare se Tsipras lo vuole”, ha spiegato, auspicando che si trovi un compromesso.
Ultimo tentativo per ributtare la palla nel campo greco? Sì, ma anche timori per possibili effetti-contagio. La Germania ha puntato la crescita e la forza dell’intera sua economia sul cambio fisso rispetto agli altri paesi. Tirando fin troppo la corda. Un abbandono della moneta unica comporterebbe una sensibile rivalutazione del marco o comunque si chiami la valuta che a Berlino e Francoforte prenderà il suo posto. Secondo alcuni studi almeno il 15-20%, segnando la fine del galoppo delle esportazioni tedesche. Al contrario, per gli altri paesi (Italia soprattutto), la moneta di riferimento perderebbe una pari quota di valore, dando grande impulso alla produzione nazionale. Si chiamavano svalutazioni competitive, non erano un modo per affrontare squilibri strutturali ma avevano il pregio di garantire il riequilibrio temporaneo dei conti verso l’estero. Un’opportunità che abbiamo perso seguendo prima il serpentone monetario dello Sme, poi entrando ufficialmente nell’euro.
Così facendo, la svalutazione da monetaria è diventata economica: riduzione dei salari, più tasse, taglio dello stato sociale, deflazione. Ne abbiamo sì guadagnato in termini di stabilità dei tassi e di possibilità di finanziarci a basso costo. A conti fatti -ormai non abbiamo più memoria da quanto siamo in recessione- ne è davvero valsa la pensa?
Filippo Burla