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Grexit: lo spirito della classicità e l'Europa moderna

by La Redazione
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1067027-omeroRoma, 13 lug – La possibile uscita della Grecia dall’Euro e dall’Ue è al centro del dibattito politico di questi giorni. Tutte le personalità europee hanno detto la loro. Molti hanno tirato in ballo la categoria del “classico” per difendere la permanenza della Grecia nella moneta unica.
Ad esempio, Matteo Renzi ha dichiarato: “Non posso immaginare un’Europa senza Grecia perché sarebbe un’Europa senza importanti valori e senza un certo stile di vita”, dichiarazione che sarebbe commentabile, se solo avesse un contenuto. Qualche giorno prima del referendum, Berlusconi scriveva sulla sua pagina Facebook: “Come facciamo a rinunciare alla Grecia? Per noi è tutto, è Omero, Platone, Aristotele, la filosofia, il diritto e la letteratura. È la radice della nostra civiltà, assurdo pensare di rinunciarci”.
Insomma, da destra e da sinistra la linea è questa: in Grecia sono le radici della democrazia e della cultura europea ergo non possiamo farla uscire dalla Ue, chi dice il contrario è un antieuropeista. E qui sta il tranello: obbligare a pensare che chi dice che questa Unione Europea è un manicomio sia un anti-europeo.
Ma quali sono queste tanto citate radici greche dell’Europa? E, soprattutto, i politici che le adorano come feticci, pensano di declinarle in questa epoca? Queste domande vanno poste non con il piglio saccente di chi vuole mettere in mostra la sua erudizione, questo è compito di Saverio Tommasi.
Ad esempio, in greco la parola per “legge” (νομος) e quella per “moneta” (νομισμα) hanno la stessa radice. Ed è la moneta che deriva dalla legge filologicamente e ontologicamente.
Nelle Virtù di Sparta, Plutarco ci regala questo aneddoto: “Licurgo tolse valore alla moneta d’oro e d’argento, e lasciò in circolazione solo quella di ferro; poi fissò il limite massimo dei patrimoni privati definendolo in base a questa moneta. Così facendo liberò Sparta da ogni ingiustizia. Infatti nessuno più aveva interesse a rubare o a farsi corrompere o a truffare o a rapinare, dato che non era possibile nascondere il maltolto, era rischioso farne uso, era pericoloso importarlo o esportarlo, e possederlo non era un simbolo sociale. Inoltre bandì tutto ciò che non fosse indispensabile, e così nessun mercante, nessun sofista, o indovino o vagabondo, nessun fabbricante di articoli di lusso mise più piede a Sparta. Licurgo infatti non permetteva di usare altra moneta se non quella di ferro da lui introdotta”.
Ancora: “Quando gli chiesero perché non aveva introdotto leggi scritte, rispose: Perché quelli cresciuti ed educati secondo una giusta disciplina capiscono benissimo quel che si deve fare in ogni circostanza”.
Davvero gli zelanti gestori della pagina Facebook di Sel sanno che la polis nasce nel momento in cui la comunità cittadina tira su un muro? Chi sta dentro è cittadino, chi sta fuori non lo è. Ad Atene erano considerati cittadini solo i figli di entrambi i genitori ateniesi, da Erodoto in poi la democrazia venne sempre messa in discussione, sia come principio che come forma di governo. Senofonte, uno per tutti, venne esiliato da Atene perché filospartano.
Non si può incastrare la filologia, e la filologia ci dice che in tutte le lingue indoeuropee le parole che designano il potere politico contengono nella loro radici un significato sacrale e religioso. La storia ci dice che la divinità era presente in ogni aspetto della vita di un greco. Come spiegarlo a che vede nelle leggi del mercato l’unico dogma da seguire?
Omero, diceva Berlusconi… Davvero pensiamo di trovare in Omero, che scandisce così bene il ruolo dell’uomo e della donna, una legittimazione per la teoria del gender? Possiamo pensare di trovare le radici del pietismo dei cosiddetti diritti umani nell’episodio di Tersite che viene sonoramente menato perché parla quando dovrebbe stare zitto? E, ancora, si può dire a questo Occidente così materialista, che dietro il velame dei versi dell’Odissea e delle Argonautiche si cela un viaggio di iniziazione?
Forse è bene calibrare le parole allora. Non si deve correre l’errore di mitizzare i classici, che conobbero corruzioni e scandali non dissimili dai nostri. E nemmeno si può coltivare il classico come un feticcio da adorare, come si faceva nel salotto dei Saturnalia di Macrobio. Bisogna solo capire che queste sono cose nostre, come la casa del padre lasciata in eredità al figlio e che non hanno niente a che fare con gli imbonitori di Strasburgo.
Roberto Guiscardo

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