Roma, 14 mag — Succede, quando si entra un po’ troppo nel personaggio di chi si crede «in missione per conto di Dio» — tanto per citare i Blues Brothers — che si perda qualunque forma di aderenza alla realtà: prendiamo per esempio, la Raggi e relativa giunta capitolina. Roma: una città disastrata, con strade crivellate da voragini e con l’asfalto friabile, i bus incendiati e le stazioni chiuse, i cinghiali allegramente a spasso, servizi pubblici in caduta libera, la Corte dei Conti che rampogna duramente il Comune per la sua (non) gestione delle partecipate.
Eppure, nel magico mondo fatato della «sindaca» tutto scompare sotto il metaforico tappetino di una comunicazione che vorrebbe presentarla come l’indomita paladina del tanto decantato — e tutt’ora invisibile — cambio di passo. Che dire, ad esempio, della pagina istituzionale della Raggi, costellata di post a base di aiuole potate, inaugurazione di un paio di lampioni ed altra roba che non sfigurerebbe in un paesino di settecento abitanti della Bassa padana — non certo nella Capitale d’Italia.
O dei sistematici sfondoni social di una giunta impegnata a rattoppare buche virtuali — per quelle nell’asfalto i romani hanno perso la speranza — con sfondoni ancora più imbarazzanti, conditi dalla tipica supponenza e arroganza grillina. O degli annunci surreali corredati di smentite, le capovolte, i capitomboli, le promesse roboanti finite nel vuoto e smentite dalla realtà dei fatti. Ecco dunque una carrellata di fiori all’occhiello della comunicazione social — quella che dovrebbe essere il punto di forza di un partito nato su internet — della pentastellata giunta Raggi. Buon divertimento.
CasaPound Italia e la manifestazione che non s’ha da fare
E’ successo ieri con l’ossessione preferita di Virgi: CasaPound Italia. «L’ho detto e lo ribadisco: i fascisti a Roma non sfilano. CasaPound ha annunciato una manifestazione per il prossimo 29 maggio. Noi diciamo no. La nostra città non può accettare cortei di chi inneggia al fascismo», ha tuonato ieri la sindaca. Che è stata zittita all’istante dalle tartarughe frecciate, perché la manifestazione è autorizzata e si svolgerà regolarmente. Che la Raggi frigni o meno. Ma la capiamo: senza tirare in mezzo CasaPound Italia come la inizia la campagna elettorale?
Quando scambiarono l’arena di Nimes per il Colosseo
Si può scambiare l’arena di Nimes con il simbolo di Roma conosciuto in tutto il mondo, cioè il Colosseo? La Raggi e relativa squadra social ci sono riusciti. I fatti risalgono allo scorso 12 aprile, quando la «sindaca» ha pubblicare un video in cui si sponsorizzava la Ryder Cup 2023 di Roma. Peccato che al posto del sopracitato Colosseo, le immagini del video mostravano in apertura un altro anfiteatro romano: quello della città francese di Nimes. La cosa non è sfuggita agli utenti social che a migliaia hanno fatto vivacemente notare lo scivolone, per un romano francamente imperdonabile. Ma pure per chi non abita a Roma.
Che cosa ha fatto Virgi per rimediare? Ha dato in pasto alle folle il team social, il quale a sua volta — mai scusarsi direttamente, è ormai il mantra dei grillini — ha puntato il dito contro la Federgolf: «Il video lo abbiamo ripreso dai canali della Federgolf ed era stato rilanciato in precedenza anche da numerosi media nazionali e internazionali». Embé? E nessuno di voi si era accorto dell’errore? Poi arrivano le scuse in stile Megaditta fantozziana: non ai romani e agli italiani, ma a Sua Maestà Raggi. «Ovviamente è stato un nostro errore non verificare bene prima di metterlo online. Non abbiamo posto la dovuta attenzione. Virginia, ci dispiace».
La funivia “Legoland”, Raggi: “La smontiamo e rimontiamo da un’altra parte”
La seconda ossessione di Virgi dopo CasaPound è quella creatura mitologica a nome di «progetto funivia Casalotti-Battisti». Probabile che nel corso degli anni abbia finito per capirlo pure lei: è un progetto folle, inutile, elefantiaco, dispendioso. Soprattutto, i romani hanno dimostrato a più riprese di non volerlo. Ma ormai che figura ci farebbe a rimangiarsi tutto? Quindi continua imperterrita a elencarne i pregi.
Come quella volta, su Facebook, per rispondere alla richiesta di chiarimenti da parte degli utenti che mettevano in dubbio la maggiore convenienza della funivia rispetto alla metropolitana, la Raggi disse: «Le due opere non sono incompatibili, anche perché la funivia qualora non dovesse più servire si smonta e si può rimontare da un’altra parte mentre il prolungamento della metro richiede finanziamenti molto maggiori». Che problema c’è? Smontare e rimontare una funivia è semplice come costruirla coi Lego. Che vuoi che sia smontare e riassemblare un progetto da 110 milioni di euro e spostarlo da Casalotti a, che ne so, Torre Angela. Ci vuole una grande visione d’insieme per arrivare a teorizzarlo, i limitati siamo noi, non la Raggi.
Prima la Raggi va nelle occupazioni rosse a fare campagna elettorale, poi le sgombera
E’ accaduto lo scorso novembre. La sindaca nemica delle occupazioni abusive — a targhe alterne — aveva fatto sgomberare l’occupazione rossa del Cinema Palazzo, a San Lorenzo. Peccato che quando Virgi era a caccia di voti per poter essere eletta, era andata proprio a fare incetta nel centro sociale in piazza dei Sanniti. Dopo lo sgombero, invece, la Raggi esultava così: «Ringrazio la Prefettura e le forze dell’ordine per le operazioni di sgombero di oggi. A Roma le occupazioni abusive non sono tollerate. Torna la legalità». Gli antagonisti di Nuovo Cinema Palazzo, dal loro punto di vista comprensibilmente alterati, si stracciano le vesti per la giravolta raggesca accusando il sindaco di essere un’«ipocrita». E facendo girare sui social la foto della Raggi a un loro evento, nel corso della campagna elettorale del 2016. Campagna in cui la Raggi face man bassa di voti dagli ambienti dei centri sociali romani. In buona sostanza, le occupazioni abusive sono tollerate solo se ti portano voti.
Paolo Ferrara e lo strano caso dei tombini ritoccati con il Photoshop
Gli ultimi giorni dello scorso marzo l’account Twitter @battaglia_persa aveva postato la foto di una caditoia con le fessure completamente intasate dai detriti dopo alcuni lavori stradali, in zona Boccea, con l’ironico hashtag: «#lavorifattibene. Se Roma si allaga è colpa dei cambiamenti climatici, cit. Virginia Raggi».
In sostanza, nella foto il tombino presentava la griglia completamente occlusa dal bitume. Una caditoia inadatta a svolgere il proprio compito di drenaggio dall’acqua piovana. La foto è finita sotto gli occhi del consigliere M5S, Paolo Ferrara, che lungi dallo scusarsi ha ripostato prontamente la foto dello stesso tombino, ma con le griglie miracolosamente liberate: «Dovete aspettare la fine dei lavori. Non stiamo mica ai tempi di Alemanno o Marino».
Peccato che a occhio nudo si notasse benissimo il lavoro di editing grafico — piuttosto grezzo e approssimativo, a dire la verità — fatto probabilmente con il Paint. Il popolo web non ha perso tempo a creare meme di ogni tipo e buttare sulla graticola Ferrara, perculandolo in qualsiasi modo. L’accolito della Raggi, invece di «starci», come dicono a Roma, ha risposto con la classica toppa peggiore del buco, a cui non ha creduto nessuno: «Stavo rispondendo ad una foto fake con un’altra foto fake che ho preso da internet. Era una risposta ironica e non credevo di dover dare spiegazioni».
Cristina Gauri
1 commento
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