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Il fatalismo climatico: Raimo e quel vizio del diluvio universale

by Sergio Filacchioni
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Raimo

Roma, 19 maggio – Dalla lotta di classe al diluvio universale: il viaggio di ritorno della sinistra ad un interpretazione “biblica” della realtà sta tutta nel “verbo” che Christian Raimo ha affidato ieri pomeriggio alla sua bacheca Facebook. Una narrazione che si estende anche ai media progressisti e che sembra volerci dire che in fondo non è che “ce lo meritiamo”, ma “ve lo meritate”.

Raimo il profeta

Lo scrittore, docente ed opinionista in aura di santità si è infatti lasciato andare ad un infelice riflessione che riportiamo integralmente: “Il governo dell’Emilia Romagna, ossia una cultura politica che continua a esaltare la motoristica in un mondo in cui dovremmo avere meno auto, che continua a esaltare la turistificazione selvaggia in un mondo in cui soffochiamo di overtourism, che esalta gli allevamenti intensivi in un mondo in cui dovremmo diminuire il consumo di carne, cosa mai potrà andare storto?”. Così parlò Christian Raimo… il profeta del nuovo Dio clima vendicatore. Mentre il conto delle vittime dell’alluvione sale a quattordici e la protezione civile e i volontari si danno da fare in tutta l’area colpita dall’alluvione, questa polemica sollevata con un pessimo tempismo ci offre alcuni spunti di riflessione per capire con quali lenti interpretative la nuova sinistra liberal, woke, progressista e gretina legge fatti ed avvenimenti: se prima la chiave di lettura era la “lotta di classe”, che assumeva il valore di un progressivo avvicinamento dell’uomo ad una pace perpetua e ad un nuovo eden fuori dalla storia, ora i connotati sono quelli più “tremendi” che guardano al “Clima” come un castigo divino che si abbatte sulle città dei peccatori. Un vero e proprio fanatismo a pensarci: i ragazzi di Ultima Generazione che occupano nudi le strade e che mortificano la propria carne e le statue, gli intellettuali che rifiutano ogni fatto reale per porlo sotto lo sguardo severo di un vendicatore che sta in cielo, fuori dalle possibilità umane e dalla sua sfera d’azione.

Il fatalismo climatico

Ecco che ogni possibilità di agire con opere ed infrastrutture che rimettano la natura nel suo solco sfumano per lasciare spazio al “fatalismo climatico” che si abbatte come una punizione sui peccatori che ancora si spostano con il motore a scoppio e che ancora hanno il vizio di mangiare carne. In pratica gli infedeli del nuovo credo global, su cui si deve abbattere l’ira del clima, quest’entità astratta e deificata che espierà le colpe dei consumatori affogando e distruggendo come accadde ai tempi di Noè. Per di più, se alcuni temi sollevati da Raimo, seppur sconnessi da un evento come un alluvione, meriterebbero di essere dibattuti in maniera più attenta – come la produzione intensiva, la “turistificazione” e l’impatto ambientale dei trasporti (in altre parole meno forbite, la globalizzazione) – non è sicuramente con questo approccio sinistro che potranno essere messi in discussione e addirittura sorpassati. Una “cultura politica” che rinuncia alla politica, quindi all’azione sul reale per una possibilità di miglioramento, è un fanatismo cieco che chiude le porte alle soluzioni ed in fondo in fondo, adora la distruzione come unica soluzione. “Ecco vedete” – sembrano dire tutti i giornali, i Saviano, gli opinionisti di turno – “il cambiamento climatico esiste davvero”, “non ce lo siamo inventato”, come se dovessero annunciare al mondo che Lazzaro è davvero resuscitato: un alluvione da evento naturale che può essere evitato con degli interventi (anche semplici) si trasforma in questa narrazione nell’ineluttabile annunciazione di un mondo che deve smettere di vivere ed affidarsi a loro per ottenere la salvazione. Furbizia da preti… Ecco allora che per questi soggetti la soluzione rimane sempre delegare la vita nella valle di lacrime a conto terzi: svendere, depotenziare, razionare (ma guarda un po’… mai nessuno che dica che per far fronte alla crisi energetica sarebbe il caso che l’Italia tornasse a produrre energia, ti dicono che non la devi produrre per non scomodare il Dio Clima, ma alla fine la devi acquistare da altri). Tutti strumenti politici della globalizzazione per togliere sovranità, imperio e decisione ai popoli e alle nazioni, così come ai singoli, che non potendo far fronte da soli ai propri problemi dovranno consegnarsi nelle mani di altri.

No, non ce lo meritiamo

Se il motore a scoppio ha sostituito la trazione animale non vuol dire che le nostre case meritino di essere sbriciolate come le mura di Gerico. Raimo e sodali dovrebbero smetterla di godersi lo show dell’apocalisse come se questa venisse solo per gli “adoratori della bistecca”: il mondo non si divide in buoni e cattivi, “non chiedere per chi suona la campana” dice una vecchia poesia medievale, perchè sta “suonando per te”. Ogni evento naturale straordinario – ed un’alluvione per quanto disastrosa rientra in un ordine con cui l’uomo convive da sempre – ci ricorda che in realtà non esistono cause esterne a cui affibbiare le colpe: “la forza interna è infinitamente superiore” – scrive Nietzsche nella Volontà di potenza – “molte cose che sembrano influenza esterna sono soltanto un adattamento dell’interno”. Ecco quindi che tanto siamo rassegnati, tanto ancora ci sarà da spalare fango dalle nostre case. Tanto torneremo a regolare il nostro ambiente, tanto questo si regolerà con noi. Le soluzioni sono qui, non nell’aldilà.

Sergio Filacchioni

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Si erano incollati alla statua del Laocoonte: gli eco-terroristi di Ultima Generazione condannati a 9 mesi di carcere - Rassegne Italia 13 Giugno 2023 - 8:08

[…] chi, investendo nel fossile, ci sta condannando a morte?”. E proseguono la propria visione tra l’apocalittico e il messianico, invocando lo stesso sacerdote troiano: “Ci sentiamo, oggi più che mai, figlie e figli di […]

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