Roma, 29 feb – L’espansione della Nato ad Est è stata una delle avanzate geopolitiche e militari maggiori degli ultimi trent’anni, su scala mondiale. Dopo la guerra fredda, vinta a tutti gli effetti dagli Stati Uniti, almeno in teoria non dovevano essercene le ragioni. E invece ci furono: o meglio, si trovarono. Era un anno bisestile, il 2004, forse a rimarcare l’importanza della questione. Quel 29 febbraio, l’Alleanza mise a segno la più grossa adesione di Paesi dell’ex blocco sovietico mai osservata.
L’espansione della Nato ad Est, una breve storia
Nonostante le promesse americane alla Urss – non certificate da alcun accordo scritto, per molti la grande ingenuità dell’ultimo leader sovietico Michail Gorbaciov – l’Alleanza ad Est si sarebbe espansa eccome. Quasi da subito, o meglio, dopo pochi anni. Nel 1997 sono infatti Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia ad entrare nella cosiddetta “grande famiglia” a guida americana. Ma sono il preambolo a un processo che negli anni a venire sarà ancora più imponente.
Il più grande degli allargamenti
Il 29 febbraio del 2004 l’espansione della Nato raggiunge il suo picco massimo, in termini di numero di aderenti. In un solo colpo, vengono invitati ad aderire all’Alleanza ben sette Paesi, tra ex-blocco ed ex-Urss: si tratta di Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania, i quali poi ufficializzeranno il loro ingresso nel mese successivo. Critiche da Est, ovviamente da Mosca in primis, ma anche dubbi ad Ovest. Anche se c’è chi, come Limes, ha osservato anche come la Russia tragga una sorta di “giovamento nazionale” nel perdurare della pressione esterna, definendo non a caso la Nato come un “nemico utile” per Mosca. La situazione, in ogni caso, ha condotto a conseguenze che, sotto molti aspetti, erano difficilmente evitabili.
Alberto Celletti