Roma 23 mag – Redditometro sì, poi anche no, perché il premier Giorgia Meloni tira il freno a mano. Sul tema dell’inflazionato “grande fratello fiscale” si spacca la maggioranza. Tra chi cerca disperatamente di recuperare posizioni elettorali appartenenti al passato e chi fa fatica a mantenere una linea…
Redditometro, il passo indietro della Meloni
Niente redditometro, dunque, e la Meloni fa un passo indietro: “Con questo governo non ci sarà nessun grande fratello fiscale”, dice il presidente del Consiglio, aggiungendo che “non vesseremo mai le persone comuni”, come viene riportato sull’Ansa. In video, dopo un confronto con il viceministro Maurizio Leo, il premier ribadisce che l’obiettivo sono i finti “nullatenenti che girano col Suv e vanno in vacanza con lo yacht”. Quindi, meglio sospenderlo. Ma l’indecisione della maggioranza sul tema è frutto di un problema molto più profondo, che dura da decenni.
Una maggioranza incerta
Sulla questione diventa difficile orientarsi. Anche perché sullo sfondo c’è il solito problema: spendere soldi senza averne. L’Italia di Maastricht ha sempre avuto questo limite e continuerà ad averlo fino a che lo stato di fatto sarà questo. Chiunque vada al governo dovrà farvi fronte, avendo davanti a sé due strade: ignorare la gabbia che impedisce di liberare risorse oppure continuare a cincischiare cercarndo di reperirle non si sa bene come, se non continuando a impoverire il tessuto socio-economico italiano. Una “stoffa” già compromessa da anni, in cui ogni avanzamento significa nuovi sacrifici, e per il solito debito che non si ripagherà mai. Sulla presa di posizione della Lega pesa semplicemente la necessità di tornare un minimo ad avere seguito presso un elettorato sfiduciato, che l’ha abbandonata ormai da anni. Non è un caso che Forza Italia – un partito che sul “no tasse” ha costruito una bandiera nel lungo periodo del suo fondatore – segua la stessa linea. Ma la triste verità è che non c’è alcun piano. Si continua a procedere per tentativi ondivaghi, dalle sparate sulla privatizzazione anche delle Poste a quelle di provare a “drenare” in modi che però avvicinano troppo al tipico “fiscalismo di sinistra”, salvo poi tornare indietro esattamente per quel motivo.