Così racconta Plutarco: “…Il senato, arrivato al decimo anno di guerra, abrogò tutte le magistrature ed elesse dittatore Marco Furio Camillo. Scelto come maestro della cavalleria Cornelio Scipione, per prima cosa fece voto agli Dèi che, se la guerra avesse avuto un esito felice, avrebbe celebrato i grandi ludi e avrebbe dedicato un tempio alla Dea che i romani chiamano Mater Matuta. Dai riti che si celebrano in suo onore, questa dea si potrebbe identificare con maggiore probabilità sopra ogni altra con Leucotea, perché le donne fanno entrare una serva nel sacro recinto e poi la percuotono portando in braccio i figli dei fratelli invece dei propri…”. Interessante la lettura che ha dato il Dùmezil del rito svolto in onore di MATER MATUTA, intesa come Dea regolatrice del tempo e accostata all’AURORA: “durante la sua festa – scrive Dumézil – le dame romane mimano i gesti che essa compie nel mito. Gesti che gli uomini si augurano di vederle compiere ogni giorno dell’anno al momento del suo breve intervento: l’espulsione delle tenebre e l’atto di accogliere con affettuosa cura il SOLE. Una volta l’anno i riti pubblici imitano e sollecitano la funzione quotidiana della Dea (…) La vicinanza al solstizio d’estate non è casuale: proprio nel periodo in cui i giorni, quasi fossero stanchi, riducono al minimo la loro crescita e stanno per cominciare ad accorciarsi, la Dea AURORA diviene necessaria per gli uomini, così come lo è ANGERONA, che, al solstizio di inverno, interviene ad ampliare i giorni ormai angusti”.
In questi giorni la politica italiana si sta occupando del tema dello ius soli, ovvero di concedere la cittadinanza italiana a tutti i figli di stranieri nati sul nostro suolo. Sembrerebbe una sorta di versione demoniaca di Mater Matuta, in cui anziché celebrare l’aurora, la nuova alba che sconfigge la notte, si legittimino e si festeggino invece gli elementi oscuri che pongono in atto l’invasione delle nostre terre. Al contrario il moto di rinascita deve ripartire dalla riscoperta delle nostre radici: siano dunque per prime le nostre donne a riprendere un ruolo da protagoniste, a scacciare le tenebre e ad opporsi all’equiparazione degli elementi esogeni ai propri figli. Gli uomini perseguano, con la stessa inflessibile e tenace volontà di Vittoria dimostrata dai nostri avi romani, la rinascita di una nuova alba, intesa come liberazione dalle forze oscure che attualmente la ottenebrano.
Marzio Boni
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