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Immigrazione, ecco perché l’intervento in Libia non è un tabù

by La Redazione
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Roma, 3 feb – Ancora una volta il generale Vincenzo Santo sulle pagine di “Report-Difesa” esorta il mondo politico, o quel che ne resta, tanto a livello nazionale che europeo, nostra, ahimè, casa comune, ad agire sul fronte immigrazione. Le considerazioni del generale, riprese anche dal quotidiano “Libero” del 27/01/2019, devono far riflettere molto attentamente sulla questione che ormai ci affligge da tempo e che, se ancora sottovalutata, rischia di travolgere la nostra bella Italia, in primis, ma anche l’Europa.

Ogni giorno i mass-media ci propinano sempre gli stessi argomenti, accompagnati da foto, riflessioni, chiacchiere in libertà di questa o quell’altra forza politica, di questo o quell’altro opinionista, ma anche di autorità civili e religiose che oramai pensano di lavarsi la coscienza con l’accoglienza tout-court.
La verità è che nessuno, ma proprio nessuno, pensa a quanto tutto questo ci faccia del male, e come tutte le grandi questioni nazionali, dal lavoro alla disoccupazione giovanile, dai livelli di assistenza sanitaria alla messa in sicurezza di edifici e strade, dai trasporti all’istruzione e ai tempi della giustizia, vengano quasi dimenticate per dare spazio ad un fenomeno che potrebbe in pochi mesi essere risolto attraverso una metodologia già abbondantemente sperimentata dal governo Prodi, alcuni anni fa, in contrasto all’immigrazione albanese verso l’Italia.

Vale la pena porsi una domanda.
Ma qualcuno si è chiesto cosa pensano i cittadini italiani rispetto alla problematica in esame? E se si pensa di fare un referendum TAV sì o TAV no, perché non si adopera lo stesso sistema per immigrazione fuori controllo?

Giova ricordare che nel primo caso si tratta pur sempre di una via di comunicazione, ma nel secondo caso si tratta, invece, di cambiare i connotati a un popolo, ad una civiltà che non vuole e non deve essere cambiata, per rispetto a noi stessi, della nostra sopravvivenza e del nostro futuro, ma anche per rispetto ai nostri padri. La pietà, il dolore che pure ci pervadono nel vedere le cose che ogni giorno vediamo non possono condizionare il nostro destino che deve essere preservato da un’azione politica seria e responsabile e adottando ogni scelta necessaria a questa finalità.

La bontà sgangherata, esibita, sbraitata non ci serve e non serve neanche a chi si vorrebbe aiutare, prove ne è il fatto che abbiamo sul territorio nazionale circa 800mila persone che non trovano e mai troveranno quelle condizioni di vita migliori che li hanno spinti a partire. I cittadini hanno votato due forze politiche che riflettono, alla fine, la volontà degli Italiani e cioè migliori condizioni di vita sociale e rifiuto di accogliere ulteriori migranti perché quelli che abbiamo sono già tanti.

Ciò che stupisce è l’incapacità dei contraenti il patto di governo, ancora sostenuti da una percentuale che supera il 50%, a camminare spediti, costi quel che costi, verso la concretizzazione degli impegni presi.
La politica, si sa, è l’arte di rendere possibili le cose impossibili, ma qui pare che sia vero l’inverso e cioè che le cose possibili diventino impossibili ogni giorno di più.
E, allora, poiché l’Italia, fatto innegabile, ha fatto di tutto perché l’Unione Europea si assumesse le sue responsabilità nel ricercare politiche comuni, rispetto alla questione migrazioni, è giunto il momento di dare una risposta politica concreta.
Questa risposta non può che essere un’azione militare anti-sbarchi così come ben spiegato dal generale Santo, anche perché col miglioramento delle condizioni del tempo, in primavera, si profila di certo una nuova e insopprimibile ondata migratoria.

Non serve affrontare le singole emergenze, né la strategia dei porti chiusi (per modo di dire), ma un’azione ad ampio raggio per fermare il traffico là dove si origina, cioè in Libia. Nessun governo, ma proprio nessuno, può esimersi dalla difesa dei suoi cittadini e dei confini nazionali.
Il blocco navale è certamente un atto di guerra, ma lo sono anche i flussi migratori incontrollati che minacciano la nostra sicurezza e, se è pur vero che non scarichiamo 1000 migranti al giorno, come accadeva in un recente passato, è altrettanto vero che sbarcano sulle nostre coste molti migranti, in piccole imbarcazioni, che si dileguano come neve al sole e di cui si perde ogni traccia.
La nostra posizione e configurazione geografica non può e non deve essere un alibi per nessuno, come a dire questo è il vostro destino! La nostra gente, pur tra mille difficoltà, ha dato civiltà al mondo e non è pensabile che per gli altrui interessi ed egoismi debba anche vivere in modo precario, insufficiente o rinunciare ai diritti faticosamente conquistati nel passato.
Le forze politiche si sveglino e senza tattiche o strategie facciano ciò che i cittadini hanno chiesto. Dopo di che si apra con urgenza un ragionamento politico sull’Africa, con tutti gli stati Europei, per fare in modo che lo sviluppo di questo continente ponga fine all’esodo verso l’Europa.

Maria Teresa Baione

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