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Ipocrisia politica e finanziamenti di Soros: il bluff del femminismo liberal

by La Redazione
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Roma, 6 feb – “Al lupo al lupo” gridava il giovane pastore di Esopo. Così allo stesso modo, la rediviva distorsione del movimento femminista starnazza su presunte molestie impossibili da verificare – perché spesso commesse nel secolo scorso – additando il “maschio bianco” nella quasi totalità dei casi. Le conseguenze di questa ondata di denunce mediatiche avrà il solo effetto di banalizzare una questione assai delicata e complessa: la vera violenza sulle donne, che ogni giorno, spesso nel completo anonimato, subiscono abusi di ogni genere perpetrati da codardi senza attributi di ogni etnia (razza non è politicamente corretto) e colore. E poi chissenefrega che in molti paesi islamici, dove la sharia è il fondamento su cui si basa la giurisprudenza nazionale, le donne non godano di nessun diritto umano e civile, e siano alle mercé dell’uomo padre e padrone.
Una famosa femminista – la paladina della vocale A come fonte di emancipazione femminile – dal suo scranno istituzionale sentenziò: I migranti sono l’avanguardia, portano uno stile di vita che presto sarà uno stile di vita molto diffuso per tutti noi. Speriamo che non intendesse con la sua dichiarazione lo stile di vita islamista, proprio di molti uomini sbarcati sulle coste italiane. Da qualche mese, le streghe femministe sono tornate con i loro calderoni dove cucinare uomini che poco prima idolatravano: Harvey Weinstein è il loro primo famoso sacrificio alla dea coerenza.

Harvey Weinstein, potentissimo produttore cinematografico e fondatore della Miramax, nonché acclamato eroe della Hollywood patinata tutta paillettes e glitter, per anni è stato sostenitore finanziario dei democratici, della campagna elettorale di Hillary Clinton e dei salotti buoni liberali americani. Non sembra infatti una coincidenza che le denunce sulle presunte molestie sessuali siano arrivate proprio a pochi mesi di distanza dalla caduta della Clinton e la conseguente fine delle protezioni connesse. Il produttore è stato scaricato da tutte le sue importanti sostenitrici che fino al giorno prima posavano con lui sorridenti, da Oprah Winfrey a Meryl Streep, passando per le attrici da cui sono piovute le denunce. Il tribunale delle femministe aveva sentenziato senza possibilità di appello: Weinstein era un molestatore seriale e andava mandato al confino.
Dalla vicenda, sono nate diverse campagne e diversi movimenti, coscienze femminili improvvisamente svegliatesi da un torpore che durava da almeno 50 anni. L’hashtag #MeToo è stato lanciato da un tweet di Alyssa Milano, famosa per il suo ruolo nella serie TV “Streghe”, nell’ottobre scorso.

Ma non si deve alla Milano la paternità dello slogan: nel 2006 l’attivista newyorkese Tarana Burke, in seguito alle confidenze di una ragazza di 13 anni che aveva subito abusi sessuali, ha lanciato il Me Too Movement[1] per supportare le donne che denunciavano le violenze[2]. Ma chi è Tarana Burke? Il Time Magazine nel 2017 la nomina “Person of the Year” per il suo ruolo nel gruppo di femministe “the silence breakers” oltre ad essere un’accanita oppositrice del Presidente Donald Trump; a Business Insider[3] ha dichiarato: “Un sacco di persone hanno iniziato il nuovo anno (il 2017) con un forte senso di disperazione, perché avevamo un Presidente eletto (Trump) che è stato un predatore sessuale.(…) Come donna, come cittadina americana, è scoraggiante sapere che la persona che è il leader del tuo paese pensa e opera così. E siamo passati dalla Marcia delle Donne (21 gennaio 2017), al movimento #MeToo, e altri eventi nel mezzo. In un certo senso, penso che questo abbia incoraggiato le donne e ci abbia dato il potere di intensificare e amplificare ancor più le nostre proteste”. La Burke coordina le campagne femministe grazie all’organizzazione di cui è direttrice, la Girls for Gender Equity, fondata da Joanne Ninive Smith grazie al supporto finanziario di Open Society Foundations di George Soros[4].

Quindi c’è il magnate ungherese dietro alle proteste femministe dell’ultimo anno, scaricando e seppellendo opportunamente il decaduto amico democratico Weinstein, dal #MeToo alla Marcia delle Donne contro l’elezione del Presidente Trump; infatti come riportato da Roberto Vivaldelli per Gli Occhi della Guerra[5]più di 50 associazioni che hanno organizzato e aderito alla Women’s March sono finanziate dall’Open Society Foundations di George Soros”, ad affermarlo è una fonte non certamente complottista, la giornalista Asra Q. Nomani sul New York Times, musulmana, femminista e nota attivista dei movimenti liberali nell’Islam.

Contestualmente al movimento #MeToo, 300 signore del cinema hollywoodiano e del bel mondo americano, durante la cerimonia dei Golden Globe, hanno lanciato a livello internazionale il movimento Time’s Upil tempo è scaduto, ora è tempo di cambiare e dobbiamo agire ora – per aiutare donne meno privilegiate di loro a proteggersi dalle molestie e dai contraccolpi di una denuncia. Lo scopo del movimento è quello di costituire un fondo che aiuti legalmente le vittime delle violenze e delle molestie sessuali; questo sarà amministrato dal National Women’s Law Center, un’organizzazione legale americana per i diritti delle donne. Il gruppi di lavoro di Time’s Up sono invece guidati da Anita Hill, professoressa di diritto e divenuta famosa quando accusò di molestie sessuali il giudice Clarence Thomas prima della sua nomina alla Corte Suprema, da Gloria Allred, avvocato che sta raccogliendo fondi per finanziare l’azione legale di una donna, Summer Zervos, che accusa il presidente Donald Trump di molestie, e da Christina Tchen, ex capo dello staff di Michelle Obama. Allo stesso tempo, il gruppo American Bridge 21st Century Foundation sta istituendo un fondo per far incriminare altri politici repubblicani[6].

Torniamo all’organizzazione che gestirà il fondo di Time’s Up: la National Women’s Law Center “sostiene politiche e leggi che aiutano le donne e le ragazze a raggiungere il loro potenziale in ogni fase della loro vita” ed è finanziata dalla Open Society Foundations di Soros[7] oltre a sviluppare progetti con la Girls for Gender Equity della Burke[8].

Le organizzazioni femministe americane, le loro campagne contro le molestie sessuali e le loro leader sembrano più una grossa lobby sorosiana contro il Presidente Trump che movimenti in difesa della donne. Questa teoria, che i benpensanti potrebbero tacciare di complottismo (loro preferiscono preoccuparsi solo di ingerenze russe mai provate), è comprovata anche dal docu-film “16 Women or Donald Trump[9] che riporta le testimonianze di 16 donne che accusano il Presidente americano di molestie sessuali (ovviamente senza alcune prova); il documentario è prodotto dalla Brave New Films[10], finanziata proprio dalla fondazione di George Soros.

Ovviamente anche i salotti buoni italiani non potevano esimersi dal scendere in campo contro le molestie sessuali: Dissenso Comune, collettivo formato da 124 attrici e lavoratrici dello spettacolo, che con una lettera manifesto pubblicata su La Repubblica[11] esprime la propria solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate e querelate, appoggiando e sostenendo quante in futuro sceglieranno di raccontare la loro esperienza. Le 124 sottoscrittrici della lettera si dicono “unite per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini”.
L’improvviso risveglio delle coscienze delle attrici italiane è arrivato quasi in risposta alla lettera firmata da cento donne in Francia, tra cui l’attrice Catherine Deneuve, pubblicata da Le Monde[12] il 9 gennaio scorso che contiene un appello per rigettare “un tipo di femminismo che esprime odio verso gli uomini” affermando che “lo stupro è un crimine, ma le avances insistenti o goffe non lo sono, né la galanteria è un’aggressione maschilista”. Le donne francesi dichiarano anche che “questa febbre d’inviare i ‘porci’ al mattatoio, non aiuta le donne ma serve in realtà gli interessi dei nemici della libertà sessuale, gli estremisti religiosi e i peggiori reazionari” e rischia di “incatenare le donne al loro status di eterne vittime”.
L’ispiratrice della lettera a Le Monde è il critico d’arte Catherine Millet, in seguito alla censura fatta da Facebook riguardo ad una foto postata da un professore parigino che ritraeva il celebre quadro del pube di donna di Gustave Courbet. Secondo la Millet, questa vicenda è un esempio dell’imperante “puritanesimo protestante” esondato dall’America nella vecchia Europa, movimento iniziato per fare un repulisti a Hollywood ma poi estesosi nel mondo dell’arte. “Le fotografie di Chuck Close bandite dalla National Gallery di Washington, i nudi diafani di Egon Schiele oscurati nella metro di Londra, il finale della Carmen rivisitato in chiave femminista, i direttori d’orchestra che hanno perso il lavoro e persino il nome (il caso Dutoit alla radio pubblica canadese), Belle de Jour di Buñuel bollato come violenza sulle donne, una mostra di Gauguin a Londra che sulla Bbc è stigmatizzata come apologia della pedofilia. Pare un delirio senza fine” afferma Catherine Millet, e sul movimento #MeToo dichiara che è un “femminismo castrante, questo puritanesimo è tanto più pericoloso perché proviene da circoli che si considerano ‘di sinistra’, cioè progressisti[13].
A proposito di cultura, ricordiamo anche la rimozione di Ila e le Ninfe di J.W. Waterhouse dalla Galleria dell’Arte di Manchester[14]. Clare Gannaway, la curatrice di arte contemporanea della galleria, ha affermato che l’obiettivo della rimozione è stato quello di stimolare una discussione sul #Metoo.

Questo tipo di censura artistica ricorda, anche se per idiozia ideologica differente, la scelta, sottolineiamo senza nessuna richiesta specifica e ufficiale, di coprire con ampi pannelli bianchi le statue di marmo raffiguranti corpi nudi ai Musei Capitolini durante la conferenza stampa, avvenuta nel gennaio del 2016, del presidente dell’Iran, Hassan Rouhani con l’allora premier italiano Matteo Renzi[15].

Il neo femminismo liberal, che negli ultimi anni sta proponendo un’idea di donna anni luce lontano dalla realtà quotidiana femminile, forse plebea e distante dalle esponenti del cinema e della politica, fonda le proprie battaglie su alcuni punti chiave: demonizzazione del “maschio bianco” ritenuto incapace di provare empatia, crocifissione pubblica di uomini noti senza nessuna prova a supporto nella maggioranza dei casi, censura delle opere d’arte e della cultura in genere portatrici di messaggi ritenuti maschilisti, sostegno del velo islamico come libera scelta e della maternità surrogata, e in Italia la riscrittura del vocabolario e le manifestazioni di piazza solo quando i colpevoli di turpi delitti contro le donne sono connazionali.
Quindi si può dire che il femminismo 2.0, più che richiedere pari diritti per le donne di tutto il mondo come il movimento originale, sembra che abbia come obiettivo la svalorizzazione dell’uomo e una sua netta intimidazione nei confronti delle donne, una vera “castrazione” morale per riprendere la Millet.
Ed è paradossale che proprio Claudia Torrisi, giornalista e collaboratrice di Open Society Foundations, su 50.50 gender sexuality and social justice (rubrica femminista dalla stessa curata) di Open Democracy si scagli contro Carlotta Chiaraluce e la presenza femminile all’interno di CasaPound; la morale della lunga dissertazione della Torrisi, supportata da un’antropologa e una docente universitaria, è che le donne sono solo uno strumento delicato e glamour per sdoganare mediaticamente il partito.
È chiaro e lampante il pensiero femminista di ispirazione sorosiana: le donne vanno sostenute e valorizzate solo quando sono favorevoli alla loro causa, altrimenti sono marionette senza cervello. Con buona pace della solidarietà femminile.
Francesca Totolo
NOTE
[1] Me Too Movement: https://metoomvmt.org/
[2] Alyssa Milano on the #MeToo movement: ‘We’re not going to stand for it any more’: https://www.theguardian.com/culture/2017/dec/01/alyssa-milano-mee-too-sexual-harassment-abuse
[3] The woman behind the #MeToo movement on why she would never meet with Trump: http://www.businessinsider.com/metoo-movement-founder-tarana-burke-donald-trump-time-person-of-year-2017-12?IR=T
[4] Girls for Gender Equity, Sponsors: http://www.ggenyc.org/about/sponsors/
[5] Chi c’è dietro la marcia delle donne?: http://www.occhidellaguerra.it/ce-soros-dietro-la-la-marcia-delle-donne-contro-trump/
[6] Dear Sisters, Time’s Up, è boom per movimento e fondo anti molestie: http://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2018/01/08/dear-sisters-times-up-e-boom-per-movimento-e-fondo-anti-molestie_26f9a062-8336-48a8-8457-19cbce71532c.html
[7] U.S.Programs: https://www.opensocietyfoundations.org/about/programs/us-programs/grantees/national-womens-law-center
[8] A Report by National Women’s Law Center & Girls for Gender Equity: https://nwlc.org/wp-content/uploads/2016/05/NWLC_GirlsforGenderEquity_Report_Final.pdf
[9] 16 Women or Donald Trump — Whom Would You Believe?: https://www.thenation.com/article/16-women-or-donald-trump-who-would-you-believe/
[10] Brave New Films, about: https://www.bravenewfilms.org/about
[11] Le donne del cinema italiano contro le molestie: “Contestiamo l’intero sistema”: http://www.repubblica.it/spettacoli/people/2018/02/01/news/dissenso_comune_le_donne_del_cinema_italiano_contro_le_molestie_contestiamo_l_intero_sistema_-187823453/
[12] Catherine Deneuve contro #MeToo: “Difendiamo la libertà di importunarci, indispensabile alla libertà sessuale”: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/09/catherine-deneuve-contro-metoo-difendiamo-la-liberta-di-importunarci-indispensabile-alla-liberta-sessuale/4083099/
[13] “L’utopia puritana ci sta castrando”. Intervista con Catherine Millet: https://www.ilfoglio.it/societa/2018/02/01/news/metoo-utopia-puritana-intervista-catherine-millet-176238/
[14] L’Inghilterra censura le ninfe vittoriane per compiacere #MeToo: https://www.ilfoglio.it/societa/2018/02/01/news/inghilterra-museo-censura-ninfe-waterhouse-manchester-metoo-176464/
[15] Rouhani: “Statue coperte? Grande ospitalità italiana”. Franceschini: “Scelta incomprensibile”: http://www.repubblica.it/esteri/2016/01/27/news/rouhani_statue_coperte_solo_grande_ospitalita_italiana_-132132947/
 
 

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1 commento

Raffo 6 Febbraio 2018 - 11:38

Queste inutili parassite che vivono con i presunti fondi sorosiani, il più delle volte con fondi europei o onu, per cui con i nostri soldi , si presentano per quelle che sono, ovvero incapaci, ignoranti e razziste contro il presunto maschio alfa oppure contro le vere femmine e donne che essendo capaci di pensare e ragionare autonomamente si permettono di esprimere opinioni sensate e fuori dal gregge radical -chic…….. queste indegne pseudo femministe, spesso pseudo giornaliste, mal sopportano chi esce dal loro ridicolo teatrino fatto di ipocrisia e genderismo vario e fra uno sproloquio saffico o sodomita e uno slancio pro invasione , miseramente trascorrono le loro giornate nell’invidiare chi nella vita cerca dignità e una famiglia da costruire fra lotte, sacrifici ed errori ma almeno combattendo per ideali sani e patriottici………. per questo, spesso , le femministe liberal infangano indegnamente altre donne e cercano di sminuire il ruolo materno e paterno, anzi il maschio bianco eterosessuale è assolutamente da eliminare……..chiamare queste sorosiane donne spesso risulta offensivo per chi donna lo è veramente.

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