Home » Israele e Palestina, una miccia che non poteva che portare a queste conseguenze

Israele e Palestina, una miccia che non poteva che portare a queste conseguenze

by Giovanni Feola
0 commento
Gaza

Roma, 9 ott – Israele sommersa dagli attacchi, questa volta palestinesi: fugo ogni dubbio per chi volesse leggere questa mia analisi non esaustiva delle ostilità in corso in Palestina: la causa del popolo palestinese è sacrosanta a prescindere da pieghe, derive e equilibri geopolitici compresi i meccanismi clientelari e l’inaffidabilità della sua stessa classe politica e dirigente (ognuno ha la sua…).

Israele e Tel Aviv non si possono considerare vittime

La guerra come tutti sappiamo non inizia oggi e si è ipocriti pensare che Tel Aviv sia la vittima, quando è invece costantemente in guerra in maniera arbitraria e impunemente non solo contro i palestinesi ma contro altri stati arabi (e non solo) compiendo bombardamenti e attentati, direttamente o indirettamente, contro stati sovrani (ultimo episodio la strage di cadetti in Siria di pochi giorni fa dopo centinaia di attacchi negli ultimi dieci anni).

Sono sicuramente molteplici le congiunture politiche mondiali che hanno influito, non per forza direttamente, su questa grande operazione d’attacco, la più imponente ed efficiente di sempre, da parte delle forze palestinesi a Gaza. Allo stesso tempo pensare che Hamas, la principale di queste, sia una struttura monolitica è un errore grossolano. La leadership politica, a sua volta in link con vari stati players (Arabia Saudita, Turchia, Qatar ecc) è stata più volte in rotta con l’ala militare, le Brigate Ezzedin al Qassam, più pragmatica e sicuramente più vicina anche ad altri stati, come l’Iran e la Siria. Non a caso è stato proprio durante la “guerra civile” siriana che si è mostrata fortemente questa spaccatura. La parte politica (con i suoi leaders in villeggiatura da nababbi nel Golfo) ha sostenuto supinamente Riyadh e Doha contro Damasco mentre l’ala militare ad un certo punto si è smarcata a favore di quest’ultima vincendo in qualche modo la sfida. L’attuale conflitto in corso in sintesi non è detto che non sia anche una resa di conti interna o qualcosa di simile.

Lo potrebbe dimostrare il fatto che pubblicamente, cosa alquanto singolare, è stato chiamato in causa l’Iran. Teheran è invece sponsor diretto, tra le fazioni palestinesi, dello Jihad Islamico Palestinese, più volte in conflitto armato contro la stessa Hamas, quindi è ancora più singolare che proprio quest’ ultima chiami in causa gli iraniani.
Le dinamiche del grave conflitto in svolgimento sono comunque innescate anche da scacchieri più lontani, e tra i vari, attenzione a non trascurare l’ultima evoluzione in Artsakh/Nagorno Karabakh, dove l’Azerbaijan ha portato a casa una grandissima e storica vittoria. Baku però non è solo legata a livello di sangue con la Turchia ma ha un altro grande alleato in zona: Israele.

La situazione in Iran

Un grande vicino, l’Iran, non dorme più sonni tranquilli poiché rischia una forte instabilità, non l’unica, ai suoi confini e al suo interno, ospitando oltre 15 milioni di azeri. Allo stesso tempo, come ha dichiarato ieri lo stesso governo israeliano (confermato quindi da Hamas stessa), l’escalation a Gaza sarebbe stata ordita da Teheran per spezzare (anche se temporaneamente) i forti legami diplomatici tra Tel Aviv, Ankara e Ryadh che inevitabilmente dovranno schierarsi (anche se più di facciata) con il popolo palestinese, poiché ambiscono entrambe alla leadership sul Vicino Oriente e sul mondo arabo/islamico (i turchi con reminiscenze imperiali).

Tutto questo andrebbe a spezzare anche il sottile lavoro di Pechino, sempre più presente e credibile nel Vicino Oriente anche a discapito della Russia, che ultimamente era riuscita a riavvicinare Teheran e Ryadh.
Fino ad ora indubbiamente l’attacco palestinese ha avuto il supporto di più mani esterne, un supporto molto importante. Un attacco del genere si pianifica in notevole tempo e qualcuno deve aver ben distratto l’intelligence israeliana…parlare di false flag è assurdo, al netto che la stessa Tel Aviv vive una conflittualità interna molto importante ma che ha sempre trovato le convenienze da questo tipo di escalation, cosa ben nota.

Un’ultima considerazione: proprio come nella “guerra d’Ottobre” (Yom Kippur) del 1973, di cui non a caso decorre il cinquantenario, l’incubo di Israele, logistico e strategico, rimane la guerra su due fronti, nord e sud. Cambiano in parte gli attori ma le dinamiche restano le stesse. Solo quando le forze di resistenza palestinese e libanese, coordineranno gli attacchi, che per adesso dal lato libanese è solo dimostrativo, si assisterà, al netto delle vittime e della tragedia in sé, ad una nuova guerra arabo-israeliana capace di cambiare sostanzialmente lo scenario.

Giovanni Feola

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati