La nuova classificazione in zone di pericolositĆ del territorio italiano ĆØ divisa in 4 livelli di massima con alcuni sottolivelli:
– Zona 1: quella più pericolosa dove possono verificarsi terremoti fortissimi
– Zona 2: in questa zona possono verificarsi terremoti forti
– Zona 3: in questa zona possono verificarsi terremoti forti ma raramente
– Zona 4: ĆØ la zona meno pericolosa, qui i terremoti sono rari
Di fatto con la nuova normativa sparisce il territorio ānon classificatoā, e viene introdotta la zona 4, nella quale ĆØ facoltĆ delle Regioni prescrivere lāobbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dellāazione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di frazioni di accelerazione (ag) massima su roccia con probabilitĆ di superamento del 10%Ā in 50 anni (zona 1 ag >0.25, zona 2 0.25<ag<0.15Ā zona 3 0.15<ag<0.05, zona 4 ag<0.05), valori che si ritrovano anche nella carta di pericolositĆ sismica redatta dallāIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).Ā
Cosa possiamo fare per tutelarci? Innanzitutto sono giĆ stati presi provvedimenti di adeguamento delle strutture scolastiche e pubbliche a livello locale, ad esempio la regione Lombardia ha stanziato questāanno 2,1 milioni di euro per prevenire il rischio sismico in 202 Comuni delle Province di Brescia (147), Bergamo (42) e Mantova (13) che potrĆ essere utilizzato: per edifici, strutture ed opere di proprietĆ delle amministrazioni comunali, con finalitĆ di protezione civile. A livello nazionale lo stanziamento di fondi pubblici ha visto negli anni passati la cifra di 20 milioni di euro lāanno ripartiti a seconda delle emergenze e necessitĆ regionali: cosƬ la Campania ha visto circa 6 milioni di euro, la Sicilia 5, il Lazio 4, lāEmilia Romagna 3, Calabria e Toscana, Veneto e Puglia tra i 2e i 3, Lombardia, Marche, Abruzzo, Friuli, Umbria tra 1 e 2 e via a scendere sino ai 200mila euro della Sardegna che ĆØ quasi del tutto asismica. Fondi che comunque sono troppo pochi e che, provenendo anche da richieste di enti locali, sono soggetti al famigerato āpatto di stabilitĆ ā. Secondariamente, come non ci stanchiamo mai di ripetere, occorre dare una cultura geologica sia tramite la formazione nelle scuole stesse, sia tramite lāinserimento nelle realtĆ comunali della figura del geologo, anche all’interno dell’Osservatorio per lāEdilizia Scolastica, dato che ĆØ lāunico soggetto professionale determinante nella pianificazione e nella gestione delle situazioni di rischio, sia di tipo sismico che idrogeologico (frane, alluvioni), nonchĆ© di tipo ambientale. Terzo occorre continuare nella sistematica campagna di rilevamento della microzonazione sismica per individuare a piccola scala quelli che possono essere gli effetti di attenuazione o amplificazione delle onde a livello locale, in modo da poter adeguare o costruire gli edifici secondo la risposta sismica che dĆ il terreno su cui si trovano. Ā Quarto bisogna che il āfascicolo di fabbricatoā, una sorta di carta dāidentitĆ di un edificio, diventi a tutti gli effetti obbligatorio a cominciare dagli edifici pubblici e successivamente per quelli privati, battaglia che abbiamo portato avanti da tempo dalle pagine del Primato Nazionale.
Ma la questione non riguarda solamente il rischio sismico: in Italia oltre alle quasi 28mila scuole in zone a rischio terremoti, ce ne sono altre 7mila che sono site in zone a rischio idrogeologico: come riporta un comunicato del Consiglio Nazionale dei Geologi (Cng) āIn base ai dati complessivi non aggiornati al 2016 di Fonte ISPRA, in Italia le frane sono ben 528.903. Nel solo 2015 abbiamo avuto oltre 200 eventi principali. Le aree a pericolositĆ da frana elevata in Italia ā ha dichiarato Domenico Guida, professore di geomorfologia presso UniversitĆ agli Studi di Salerno ā sono pari a 12.218 km2. Più di cinque milioni di persone risiedono in aree a rischio elevato, mentre le imprese che sono in aree a pericolositĆ da frana elevata e molto elevata sono più di 79.000 ed il 18% dei Beni Culturali italiani ĆØ a rischio frane, mentre sono 40.000 i Beni Culturali in aree a pericolositĆ idraulica e 9 milioni di persone risiedono in aree a pericolositĆ idraulica. Complessivamente, le imprese esposte a rischio alluvioni in Italia sono più di 576.000ā. Un Paese che quindi deve convivere e far fronte a rischi di natura geologica ben precisi (idrogeologico, sismico e vulcanico) e che necessita di linee guida oltre quelle giĆ attivate dai vari governi per la programmazione e progettazione di interventi atti a mitigare il rischio.
Paolo Mauri