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Italiani meticci o estinti: anche l’Espresso per la Grande Sostituzione

by La Redazione
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Corteo "Accoglienza e solidarietà con tutti gli immigrati contro il razzismo"Roma, 28 set – Il titolo dell’articolo comparso oggi sulle colonne dell’Espresso è inequivocabile: Gli italiani fra 50 anni? O meticci o scomparsi. A vergarlo ci ha pensato tale Federica Bianchi, la quale si definisce non a caso “italiana per sbaglio”. In effetti, mai definizione fu più calzante. Perché solo un odio profondo e radicato per il popolo italiano, peraltro condiviso da tutta la banda di De Benedetti, può partorire e alimentare il sogno allucinato della Grande Sostituzione.
Anche perché, si badi, proprio di “sogno” si tratta, malgrado i paladini dell’immigrazionismo e del meticciato si sforzino di presentarlo in ogni modo come un destino ineluttabile per i popoli europei, attraverso il ricorso a dati e ricerchine rabberciate che ricordano, in sedicesimo, la “teoria scientifica” e le “leggi della storia” di marxiana memoria. Di qui la necessità di un grande progetto pedagogico, con il fine di “educare un popolo conservatore come il nostro all’inevitabilità del suo futuro: quello di nazione multietnica all’interno di un continente multietnico”.
La tesi, per il resto, è sempre la stessa: gli italiani invecchiano e fanno pochi figli. Per combattere il passivo demografico dobbiamo affidarci agli immigrati. Peraltro l’immigrato, pardon: il migrante, assume oramai i contorni dell’individuo di una razza superiore, senza il quale l’economia italiana sarebbe già al collasso. Naturalmente tutto ciò non è neanche lontanamente vero. I numeri dipingono, infatti, una realtà ben diversa da quella che i fautori del mondialismo cosmopolita vorrebbero contrabbandare.
Nell’articolo della Bianchi non mancano nemmeno mistificazioni belle e buone, tra cui quella marchiana sulla Germania: secondo la reporter, nel 1999 il governo tedesco “varò le leggi che garantivano il diritto di cittadinanza a tutti i nati sul suo territorio (ius soli) e oggi può accogliere 800 mila profughi siriani senza scatenare rivolte interne”. Ebbene, la legge del 1999 non introduceva niente del genere, bensì istituiva la doppia cittadinanza con dovere d’opzione per gli immigrati extracomunitari, che però decade al compimento del 23esimo anno di età, in cui il nato su suolo germanico deve decidersi tra il passaporto tedesco e quello della nazione di provenienza. Tra l’altro è stato calcolato che, nei 10 anni successivi al varo della legge del 1999, solo un magro 10% degli interessati si è deciso per la cittadinanza tedesca a scapito di quella d’origine. E questo, lo si ammetterà, la dice lunga sulle “magnifiche sorti e progressive” dell’integrazione. Sulle “rivolte interne”, invece, sarebbe bastato informarsi un attimo sulla resistenza quasi armata di parte della popolazione tedesca per evitare di scrivere sciocchezze.
Ma, a prescindere da tutto, è un altro il passaggio dell’articolessa della Bianchi a svelare la natura progettuale (e tutt’altro che “inevitabile”) della società meticcia. Esso riguarda il “problema della qualità scolastica e professionale degli immigrati che scelgono l’Italia come destinazione”, che è scarsa e insufficiente, “elemento che alla lunga potrebbe avere riflessi sulla nostra competitività”. Tutto questo avvitamento dialettico, che in linea di principio contraddice l’immagine del “migrante risorsa”, implica necessariamente che lo Stato italiano dovrà farsi carico della formazione scolastica e professionale dei nuovi arrivati, che secondo la Bianchi ammonterebbero a 300-400 mila persone l’anno almeno fino al 2040. Si tratterebbe quindi di un esborso pubblico mastodontico, a cui si devono aggiungere gli ulteriori costi che l’integrazione comporta.
E qui, allora, casca l’asino: e se, invece di impiegare queste centinaia di miliardi di euro per la formazione degli immigrati, destinassimo tutto questo denaro a una riforma strutturale di sostegno alle famiglie italiane? Perché il punto è proprio questo: i soldi ci sono, o comunque si troverebbero. La differenza sta solo nella volontà politica ed etica di indirizzare i fondi a una Grande Sostituzione degli italiani oppure a una grande riforma demografica a vantaggio di uno dei più antichi e gloriosi popoli del pianeta. Estinzione contro rigenerazione, dunque. Perché, forse è il caso di dirlo, ci sono molti connazionali che non si sentono affatto “italiani per sbaglio”…
Valerio Benedetti

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