Roma, 8 ott – In questa prima edizione italiana, annotata e ampliata, del best seller “Kommando – Le Forze Speciali tedesche nella seconda guerra mondiale” dello storico militare inglese James Lucas pubblicata dall’editore storico militare ITALIA Storica di Genova sono ricostruite grazie a documenti d’archivio e testimonianze di veterani le operazioni delle Forze Speciali tedesche nella seconda guerra mondiale: dalle azioni commando in uniforme nemica della “Brandenburg” in Belgio, in Russia e in Nord Africa e le operazioni dei Fallschirmjäger a Eben Emael, in Tunisia e nelle Ardenne, all’attacco dei Fallschirmjäger SS al Quartier Generale del Maresciallo Tito a Drvar e le missioni dei Kommando di Otto Skorzeny. Quindi sono prese in esame le operazioni dei nuotatori d’assalto, barchini esplosivi, siluri pilotati e sommergibili tascabili delle Kleinkampfverbände della Kriegsmarine, per poi passare ai reparti aerei speciali della Luftwaffe, con le missioni segrete su ogni fronte e gli attacchi con i velivoli compositi Mistel dei piloti del Kampfgeschwader KG 200, la difesa dei cieli della Germania dei Messerschmitt Me 262 della Jagdverband JV 44 e dei caccia Rammjäger e del Sonderkommando Elbe, per terminare con le ultime, disperate azioni di guerriglia dei Werwolf e Freikorps.
Kommando, un testo dal ritmo incalzante
La coinvolgente narrazione del testo è accompagnata in questa edizione da centinaia di rare e inedite fotografie in azione dei reparti trattati, da immagini a colori di Soldbuch e Wehrpass di appartenenti alla “Brandenburg”, ai Fallschirmjäger SS e al KG 200 e altri rari documenti personali provenienti da collezioni private e da mappe, ordini di battaglia e cronologie delle operazioni. Su gentile concessione dell’editore, pubblichiamo di seguito un estratto del testo.
La “Decima Mas” della Marina di guerra tedesca
Nei primi anni di guerra la Kriegsmarine aveva fatto dei tentativi di imitare i raid dei Commandos britannici. Una spedizione anfibia tedesca per attaccare le stazioni meteorologiche Alleate nell’Artico era fallita, principalmente perché la forza frettolosamente organizzata a tal scopo mancava di battelli adatti allo scopo e uomini addestrati adeguatamente. Il fallimento di questi primi raid rafforzò le argomentazioni contro la creazione di unità navali speciali. Nel 1943, la formazione di queste unità venne riesaminata alla luce della situazione navale complessiva e questa volta fu accettata. Venne deciso di procedere imitando i britannici, creando delle unità di sommergibilisti su piccoli mezzi d’assalto navale in grado di attaccare le navi nemiche nei porti, formando distaccamenti d’assalto anfibi su modello dei Commandos britannici.
Sia la Marina italiana che quella britannica avevano unità equipaggiate di siluri pilotati, con cui i rispettivi uomini rana potevano arrivare sotto le navi nemiche per fissare delle cariche esplosive sullo scafo. Gli italiani avevano usato contro le navi di superficie nemiche anche dei motoscafi veloci e barchini esplosivi. Il Comando Supremo della Kriegsmarine iniziò quindi a considerare l’uso di motoscafi simili per cercare di mantenere la sua presenza navale conducendo delle azioni aggressive contro i vascelli anglo-americani.
Dönitz affidò l’incarico al Konteradmiral Helmut Heye, con l’idea di formare piccole unità (Kleinkampfverbände der Kriegsmarine) e di usare le idee, le tattiche e le tecniche più adatte per contrastare i nemici della Germania. In questa fase della guerra nel 1943 era difficile procurarsi il materiale destinato alla produzione delle nuove armi, ma l’Ammiraglio Heye ebbe l’autorità assoluta di ottenere tutto quello di cui aveva bisogno.
Anche gli ingegneri navali, a cui si era rivolto, erano incuriositi dai problemi che poneva e che richiedevano tutta la loro notevole competenza per essere risolti. Inoltre, sarebbe stato un bene che fossero inventivi e abili, perché erano richiesti dei risultati rapidi. Le unità “K” (K-Verband) erano necessarie immediatamente, e questa impellenza non consentiva di eseguire il solito processo di progettazione, test, correzione e sviluppo dei nuovi mezzi navali.
Il primo dei diversi tipi di vascelli speciali usati dalle unità “K”, il siluro pilotato Neger (Negro), navigava appena sotto la superficie dell’acqua, così che la testa e le spalle del “Capitano” fossero visibili. Gli svantaggi di un vascello del genere sono evidenti: un’ondata più alta nella media e l’acqua sarebbe penetrata nel vascello. La cabina aperta del Neger si sarebbe sempre allagata tranne che con il mare calmo. Le prime prove dimostrarono che, a meno che l’acqua non fosse liscia come l’olio, c’era il grave pericolo che s’inondasse. Questo problema fu risolto chiudendo la cabina in una cupola di plexiglass, ma questo produsse un’altra difficoltà, ovvero quella di fornire aria fresca al “Capitano”. Ogni aumento di peso, come quello prodotto dall’installazione di bombole di ossigeno, avrebbe non solo alterato l’assetto del vascello, ma anche ridotto il suo raggio d’azione. La risposta era fornire il “Capitano” di cartucce di potassio, del tipo impiegato per purificare l’aria viziata dei sommergibili. Il marinaio aveva la responsabilità di aprire le cartucce e quindi di mantenersi vivo. […] La Flottiglia “K” lanciò attacchi a Nettuno e in Normandia impiegando sia i siluri umani che i Linse (Lenticchia), i barchini esplosivi. I Linse erano dei piccoli battelli di legno radioguidati lunghi 5 metri e larghi circa un metro e con un pescaggio di soli 40 centimetri. Il motore era un normale Ford V8, mentre la carica esplosiva da 450 chili era posizionata a poppa, immediatamente dietro il ricevitore UKW (banda di 7 metri) attraverso cui il Linse veniva guidato verso il suo bersaglio.
L’uso di motoscafi per portare una carica di esplosivi direttamente contro una nave nemica non era una novità, gli italiani avevano già mostrato la loro efficacia durante la prima guerra mondiale e nella seconda. […] Con la creazione degli uomini rana (Kampfschwimmer) la Kriegsmarine trovò l’unita navale perfetta per impieghi multiuso.
Anche se gli uomini rana potevano essere impiegati facilmente contro le navi all’ancora, era chiaro che la guerra in mare non sarebbe stata influenzata da attacchi di questo genere. Gli Alleati occupavano l’intera costa dell’Europa Nord Occidentale, con l’eccezione di alcune piccole aree dell’Olanda settentrionale, quindi il MEA fu costretto a svolgere le sue operazioni sulla terraferma e gli uomini rana rispondevano alle pressanti richieste di azioni contro i ponti. Le loro unità non avevano bisogno del mare calmo, come gli equipaggi dei Neger, né di un controllo remoto da un battello con pilota come i Linse. Gli uomini rana portavano con loro le cariche da demolizione necessarie e le piazzavano nei punti dove potevano infliggere il maggior danno possibile.
Il lettore avrà già notato che le unità navali speciali si erano evolute, in parallelo con gli altri servizi, nel cercare di avvicinarsi maggiormente al nemico per distruggerlo. Gli uomini del MEA non lanciavano più siluri a medio raggio o guidavano battelli a corto raggio, ma cercavano fisicamente di portare una carica di esplosivo sull’obiettivo. La richiesta dell’OKM di creare una simile unità di specialisti fu fatta nel gennaio 1944 e all’epoca del D-Day, esistevano già trenta uomini addestrati.
L’esperienza fu ottenuta tramite i contatti con gli uomini rana italiani della Decima MAS del principe Borghese, e fu proprio in Italia, nella zona di Venezia, che gli equipaggi tedeschi furono addestrati. I primi due gruppi di uomini rana entrarono in azione solo due settimane dopo gli sbarchi Alleati in Normandia, con il compito di attaccare i ponti sull’Orne attraverso cui passavano i rifornimenti dell’Esercito britannico, per appoggiare un’offensiva che mirava alla distruzione della testa di sbarco. Entrambi i gruppi di uomini rana furono equipaggiati con delle testate esplosive di siluri e dotate di un detonatore a tempo, che avrebbero dovuto detonare appena dopo il sorgere del sole. Occorsero 14 ore per avvicinarsi all’Orne, ma gli uomini rana raggiunsero e distrussero i loro obiettivi.
Questo successo fu ottenuto con la perdita di un solo uomo e quest’operazione dettò la forma di tutte quelle successive. Il numero di raid di questo genere che potevano essere lanciati era molto limitato, a causa della scarsità di uomini che rispondessero ai requisiti di forza fisica, prontezza mentale e risolutezza. Dovevano essere abili nuotatori ed essere in grado di sopportare il freddo estremo. Una missione poteva durare per più di otto ore, che gli uomini rana avrebbero dovuto trascorrere in acqua per la maggior parte del tempo.
Gli uomini “K” indossavano una tuta di gomma elasticizzata su polsi e caviglie. Le pinne ai piedi aumentavano la loro capacità di nuotare, il respiratore montato sul petto consentiva loro di lavorare sott’acqua una volta raggiunta l’area bersaglio. Sotto la tuta a due pezzi gli uomini rana indossavano dell’intimo di lana e sopra di questo dei vestiti caldi. Questi strati di vestiti davano un certo grado di conforto e, se il rapporto tra aria e peso era corretto, consentivano di stare in acqua con la parte superiore del torso esposta. Quando era vestito completamente, un uomo rana si muoveva sulla terra con difficoltà sudando nei suoi vestiti. Una volta in acqua era nel suo elemento naturale e si muoveva con facilità e grazia. Gli era stato insegnato di conservare le energie facendo uso delle correnti per spingersi verso il bersaglio e di nuotare su un fianco usando solo le pinne per muoversi o cambiare direzione. Spostarsi con le cariche d’esplosivo richiedeva l’uso di entrambe le mani.
Gli uomini rana usavano colori in crema o reti mimetiche per nascondere le mani e il viso, perché nuotando sulla schiena potevano luccicare come neve contro le acque scure. Questi supporti rendevano i nuotatori invisibili nella notte buia anche a breve distanza.
Commando di uomini rana attaccarono le chiuse del porto di Anversa mettendole fuori uso per settimane. Un altro assalto fu fatto ai ponti di Arnhem per bloccare i rifornimenti britannici in vista della loro offensiva nella Germania settentrionale. Il raid fu un successo e, seppur al prezzo della perdita di dieci dei dodici uomini impegnati, il ponte ferroviario fu distrutto e quello stradale danneggiato. Il principio di impiegare piccoli gruppi di uomini determinati contro obiettivi vulnerabili si era dimostrato valido, e gli uomini rana furono usati contro i ponti sull’Oder e altri obiettivi sui fronti Orientale e Occidentale.
Andrea Lombardi