Roma, 11 gen – Dopo il travolgente successo del suo ultimo film, Paola Cortellesi ha inaugurato l’anno accademico della Luiss con un monologo sugli stereotipi contenuti nelle favole più conosciute: insomma, se nel film C’è ancora domani (recensito anche su queste pagine) ci era sembrato affrontasse la questione femminile in maniera sobria e non caciarona, adesso siamo tornati – appunto – alle favolette.
La Cortellesi e Biancaneve colf
La star dei botteghini ha spiegato come secondo lei che le favole siano piene di quei luoghi comuni che costruiscono l’immaginario collettivo delle donne. L’unica dote delle protagoniste sarebbe quella di essere belle (allora Cappuccetto rosso?); mentre il potere salvifico sarebbe affidato agli uomini (Raperonzolo che dona di nuovo la vista al principe?); mentre Biancaneve “faceva la colf ai sette nani” che non merita nemmeno la controparte per la banalità resa. Le donne, invece, sempre secondo l’attrice e regista spesso sono personaggi negativi. Poi, racconta oggi La Stampa, la provocazione delle provocazioni: “Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso?” e ancora “Perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?”. Deve essere stata un’infanzia veramente mesta per alcune persone, se si sono ritrovate a leggere le fiabe come una rivendicazione politica: il problema però è un altro, ovvero di santificare un genere a prescindere. Mi spiego: le favole ci rendono luci e ombre di personaggi rielaborati nella psiche europea da millenni. C’è il cavaliere e il cacciatore. La fata e la strega. La madre e la matrigna. Il sesso forse è l’ultimo elemento che promana dalle fiabe: si tratta più di archetipi e ruoli, di ciò che si è e ciò che si può diventare più che il semplicistico “maschi e femmine”. Insomma non c’è l’elemento femminile o maschile buono e perfettamente morale a prescindere: cosa che invece sembrano suggerire certi interventi. Abbiamo veramente bisogno dell’appiattimento di questi personaggi su una narrazione più “buona” per sapere chi siamo? Sicuramente non delle lezioni della Cortellesi.
Sergio Filacchioni